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L'analisi dei dati

Cgil Messina: preoccupa lavoro sempre più precario e povero

lunedì 25 Marzo 2024
Pietro Patti e Stefania Radici

I dati su occupazione, welfare e tessuto produttivo sono allarmanti, serve un confronto e soprattutto un piano d’intervento. La Cgil Messina ha analizzato gli ultimi dati Istat, Inps e quelli riguardanti il tessuto economico produttivo (Movimprese) della città di Messina e della provincia dai quali emerge una situazione di tante emergenze. 

Abbiamo sollecitato il Sindaco di Messina e della Città metropolitana- spiega il segretario generale Cgil Messina Pietro Pattiad incontrarci per affrontare le questioni inerenti al welfare, alle politiche di sviluppo, all’utilizzo dei fondi strutturali e del Pnrr, che dovrebbero avere lo scopo di ridurre i divari economici e sociali e favorire la partecipazione attiva al mercato del lavoro, soprattutto delle donne e dei giovani ma molte tematiche sono rimaste inevase.

La Cgil Messina evidenzia, inoltre, l’esclusione del sindacato dai tavoli convocati per affrontare questioni che hanno incidenza e un impatto sugli aspetti occupazionali. Al tavolo sulla crisi del commercio ad esempio non sono state coinvolte le organizzazioni sindacali che rappresentano gli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici, in un settore che peraltro ha registrato un crollo con la perdita di tanti posti di lavoro.  Il sindacato, in quanto soggetto portatore di interessi collettivi, deve stare dentro gli spazi, le sedi in cui si discute di lavoro, benessere sociale ed altre tematiche e deve essere coinvolto. Pensiamo, infatti, sia opportuno istituire più momenti di confronto con le parti sociali”.

Guardando ai dati l’analisi della Cgil Messina mette in evidenza le criticità occupazionali e sociali.  “ E’ un quadro allarmante su cui occorre intervenire in tempi rapidi e con una visione strategica chiara e sistemica” spiega la segretaria confederale della Cgil Messina, Stefania Radici, con delega al mercato del lavoro, al welfare, alle politiche sociali e di sviluppo.

Aumenta l’occupazione ma il lavoro è precario e povero. I dati Istat relativi all’occupazione del 2023 segnalano un aumento di occupati, anche in virtù dell’aumento degli attivi. Si registrano176.000 occupati sul territorio di Messina (107.000 uomini e 69.000 donne), 7.000 unità in più rispetto al 2022.

Non c’è però da gioire – osserva la segretaria della Cgil Messina, Radici – perché come registra l’Osservatorio Inps sui nuovi rapporti di lavoro, solo il 13,9% viene assunto con un contratto a tempo indeterminato. Il 56,5% dei nuovi assunti nel 2023 ha firmato un contratto a termine, il 22,2% ha avuto un contratto stagionale, il
3,1% in apprendistato, il 2,4% un contratto intermittente ed l’1,8% in somministrazione”.

Il lavoro che si è venuto a creare è un lavoro precario, che non dà la stabilità per immaginare e costruire percorsi di vita autonomi. Inoltre, il lavoro a Messina è un lavoro povero, se consideriamo che il 36,5% dei contribuenti ha un reddito da 0 a 10.000 euro. Oltre la metà dei contribuenti (il 52,7%)  ha un reddito da 0 a 15.000 euro.

Una povertà economica che spesso inficia la possibilità di avere un’abitazione dignitosa, un ambiente riscaldato,l’accesso alle cure in un sistema sempre più privatizzato, la possibilità di garantire percorsi di studio e formazione ai propri figli. Dai dati emerge un commercio in profonda crisi, il settore manifatturiero ancora in declino, e la frenata dell’edilizia. C’è un aumento di occupati nel settore agricoltura, silvicoltura e pesca (da 10.000 a 11.000) ma le imprese nel settore sono in diminuzione. C’è una perdita di occupati nel settore edile, in linea con le cessazioni di impresa che si sono registrate a seguito della fine di incentivi e bonus; una crescita
del numero di occupati nell’industria in senso stretto (da 16.000 a 20.000 unità), che non è dovuta al settore manifatturiero, in declino da diversi anni. Calano le attività manifatturiere e sono in salita le imprese di fornitura di energia elettrica, gas, vapore, aria condizionata o manutenzione reti fognarie. Gli occupati nel settore terziario sono in aumento di 3.000 unità per un totale di 129.000. Ma, all’interno del settore, il commercio vive una crisi, con la perdita in un anno di circa 500 imprese, che ha determinato la perdita di un migliaio di dipendenti, per la maggior parte donne.

Preoccupa la condizione delle donne. Non solo si registra una perdita di occupate in tutte le fasce giovanili (15-24 anni; 18-29 anni; 15-29 anni; 15-34 anni), ma si registra anche un aumento dell’inattività: nella fascia 15-34 anni sono 58,8% le donne inattive ed i principali motivi di inattività, per chi non studia, sono legati alla famiglia e allo scoraggiamento.

Non ci si può rassegnare al fatto – commenta Stefania Radici – che le giovani donne stiano fuori dal mercato del lavoro, che debbano rinunciare a opportunità di lavoro ed è gravissimo quando questa rinuncia dipende dagli oneri di cura della famiglia in un contesto in cui sono totalmente assenti i servizi per l’infanzia e per le categorie vulnerabili”.

Altro dato allarmante riguarda una popolazione sempre più vecchia che perde giovani. Su circa 600.000 abitanti (tra l’altro in caduta libera, considerando che il numero si è ridotto di 60.000 abitanti in 20 anni), ci sono 176.000 occupati; 166.000 pensionati; 42.000 sono i disoccupati. L’indice di dipendenza è 57,7%, che significa che ogni 100 individui in età attiva ce ne sono quasi 58 in età non attiva (under 15 e over 65). L’indice di vecchiaia è pari a 208,1% ovvero ci sono 100 under 15 ogni 208 anziani.

Nel 2022 sono 13.328 coloro i quali si sono cancellati dall’anagrafe per migrare in altre realtà, la metà dei quali  giovani dai 18 ai 39 anni e 1.959 sono gli under 17 che con le loro famiglie hanno deciso di andare via alla ricerca di condizioni di vita migliori.

Per la Cgil Messina, occorre costruire una strategia che punti all’inclusione sociale e lavorativa di tutti coloro i quali stanno ai margini o fuori dal mercato del lavoro e guardare al welfare, sia come strumento attraverso cui dare risposta ai tanti bisogni della popolazione, ma anche come motore di occupazione. “Inoltre – affermano il segretario generale Patti e la segretaria confederale Radici – occorre identificare settori produttivi strategici, capaci di produrre ricchezza e agganciare la transizione digitale ed ecologica, e mettere in campo politiche per costruire attorno ad essi filiere produttive. Occorre ragionare in un’ottica integrata di sistema e non con interventi isolati che non riescono a tracciare traiettorie di sviluppo sostenibile per il territorio”.

 

 

 

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