L’uniforme del potere non sempre è comoda, né il tocco magico dell’eleganza né il sacro paramento del rito da celebrare nascono spontaneamente nella sartoria delle idee.
Mentre salgono i giri del motore della macchina che ci condurrà alle prossime Europee, le liste che stanno per nascere, come spesso accade, sono figlie del compromesso e del bisogno di accordi; ci sono vittime sacrificabili e altre da raccogliere poi sul campo.
Il Partito Democratico, il cui principale problema rimane quello di essere sempre tutto e il contrario di tutto, sta lanciando in questi giorni una autorevole e ben congegnata candidatura. Si tratta di Antonio Nicita, vicecapogruppo al Senato e nel cuore di tanti big anche nazionali, tra cui Peppe Provenzano.
Il resto della lista che sta per prendere corpo potrebbe ruotare intorno a questo nome di punta. I dem sono in corsa per uno o due seggi, Elly Schlein sarà capolista e dovrebbero essere della partita anche Pietro Bartolo, deputato uscente e Giuseppe Lupo, già vicepresidente dell’Ars e capogruppo a Sala d’Ercole.
Che vogliano far “la boccia” a Lupo , battendolo dentro l’urna e confinandolo nel dopo partita della politica in maniera definitiva?
Il dubbio è venuto a tanti osservatori. Sul nome di Nicita infatti potrebbero convergere, territorio per territorio, molti parlamentari regionali.
Non mancano altri nomi qualificati tra cui spicca quello della giornalista Lidia Tilotta, mentre ieri sera Barbagallo ha annunciato che ci saranno i supplementari pe l’altro volto femminile da piazzare in lista.
Quando la politica con le maiuscole scende in campo c’è sempre da stare tranquilli perché lo scarto tra il potenziale e l’eventuale presenta sempre un saldo attivo. Persino i conti della serva acquistano un altro spessore e un significato di rango più alto, anche se rimangono i conti della serva.
In questi anni in Sicilia il bisogno di classe dirigente è rimasto inevaso e spesso si è dovuto fare corso alle riserve anche di lusso per far fronte alle candidature più importanti. I giovani, quelli che ancora subiscono la “perversione” di tentare un approccio alla politica sono confinati in un limbo di rancore da chi non vuol perdere lo spazio guadagnato, mentre chi si gode la via di mezzo anagrafica ha il preciso dovere di conservare la propria posizione di vantaggio.
Per la Dc potrebbe scendere in campo tutto il gruppo parlamentare dei democristiani all’Ars, anche se per alcuni esponenti la scelta di correre per un seggio a Bruxelles potrebbe non dare i frutti sperati. Si tratta di un partito giovane e che ancora deve crescere a livello regionale e, soprattutto, nazionale. Per Ignazio Abbate è necessario partecipare alla tornata delle Europee con uno schieramento di moderati che vede all’interno l’adesione dei partiti sia di centrodestra che di centrosinistra strutturati a livello nazionale.
Per quanto riguarda Carlo Calenda, il leader nazionale di Azione non ha ancora sciolto il nodo sulla sua possibile candidatura a Bruxelles. Tuttavia, non manca una lista fatta da persone che in Europa ci sono state e che hanno esperienza giuridica e competenza.
Non accenna, infine, a concludersi lo stucchevole ostracismo a tempo nei confronti di Cuffaro, guardato con sufficienza nelle competizioni il cui voto è a carattere nazionale e poi elevato al rango di “superstar”, quando si tratta di racimolare il consenso nell’Isola, voto su voto e territorio per territorio.