Mantenere gli edifici pubblici in Sicilia non è semplice e obbliga le casse degli enti locali a sostenere ingenti costi. È frequente un rimpallo di responsabilità sulla manutenzione degli stessi rendendo necessario un intervento di chiarimento dell’Agenzia del Demanio. È quanto accaduto con l’accordo sottoscritto in questi giorni tra la Regione Siciliana, il Comune di Palermo e l’ente nazionale.
Attraverso il documento si è definita la sorte di sette immobili del capoluogo siciliano, ma c’è la possibilità che vengano inseriti ancora altri beni nei prossimi mesi.
L’obiettivo è quello di valorizzare e ripristinare l’ex Chimica Arenella, l’ex Ospedale di via Ingegneros, Villa Pajno, l’ex Palazzo delle Finanze, le Cisterne Nervi, il Palazzo Zecca-Niscemi in piazza Marina e l’ex palazzina Vespri.
Già nel 2021 una simile intesa era stata raggiunta tra la Regione e il demanio nazionale. In quell’occasione quasi cinquanta beni di proprietà dello Stato erano passati nelle mani dell’Isola. Sebbene questi non presentavano particolari criticità, il governo regionale ha dovuto provvedere negli anni alla loro manutenzione. Da un lato, viene così ampliato il patrimonio immobiliare della Regione a tre punte, ma dall’altro occorre poi far fronte a esose spese per il loro mantenimento ordinario.
Sul tema dell’impegno economico il segretario generale della Fp Cgil Sicilia, Gaetano Agliozzo ha dichiarato: “Alla necessità di pagare degli affitti molto onerosi vanno ad aggiungersi i costi degli adeguamenti legati alle disposizioni legislative. Molti uffici pubblici, infatti, non rispecchiano i criteri di sicurezza. Quindi servirebbero degli investimenti finalizzati al recupero di questi immobili per renderli adeguati ai livelli di salubrità dei luoghi di lavoro.
“Sarebbero necessarie – prosegue Agliozzo – delle ristrutturazioni per consentire a chi ivi lavora delle condizioni di perfetta sicurezza secondo i canoni della legge numero 626 del 1994 (oggi decreto legislativo numero 81 del 2008). Alcuni immobili sono vetusti e chiaramente non adeguati alle evoluzioni normative degli ultimi anni in tema di sicurezza”.
Alla base dei rapporti tra gli enti locali e nel rispetto dei principi costituzionali c’è sempre il principio di sussidiarietà. Per questo motivo se il Comune non riesce a gestire al meglio gli immobili affidatigli, spetta all’organo superiore rimediare a tale mancanza. La stessa logica viene seguita nelle relazioni tra Regioni e Stato. Ma ciò che più sorprende è la presenza di un cospicuo numero di beni che non vengono utilizzati ormai da anni. Allo spreco del mancato sfruttamento di queste opere si aggiungono i costi derivanti dallo stato di abbandono in cui versano alcuni di questi edifici.
Come sottolinea Gaetano Agliozzo: “Oggi ci sono dei patrimoni immobiliari che appartengono alla pubblica amministrazione per la cui gestione servirebbe un’azione sinergica con lo Stato per trovare le risorse da investire e tagliare parecchi costi nei prossimi anni, specie quelli legati all’affitto degli immobili“.
Le locazioni passive governative, nella sola città di Palermo, sono 49. Un vero e proprio paradosso se si pensa che alcune strutture sono da anni vuote e abbandonate a sé stesse. Il loro utilizzo da parte dell’amministrazione comunale garantirebbe un risparmio di spesa non indifferente. Più lungimirante è stato invece l’operato della Regione. Con l’accordo stipulato nei giorni scorsi, l’ex palazzo delle Finanze passerà nelle sue mani, con l’intenzione di insediarvi la sezione regionale della Corte dei conti.
C’è da chiedersi, tuttavia, se sia economicamente più vantaggioso un ripristino dello stato dei luoghi per rendere i locali idonei a un loro riutilizzo pubblico, oppure provvedere alla dismissione degli stessi attraverso un affidamento ai privati.
Per compiere una valutazione di questo tipo, spiega Gaetano Agliozzo “servirebbe preventivamente un censimento sugli immobili pubblici regionali, che ne descriva la situazione complessiva. Ad esempio si potrebbe, attraverso le risorse del Pnrr, destinare dei fondi per mettere in campo azioni di ricognizione e di recupero degli edifici abbandonati“.
Infine, va ancora peggio sul fronte dei beni confiscati. Nella sola provincia di Palermo, secondo i dati raccolti nel 2021 dalla Commissione antimafia dell’Ars, questi sono 6023. Si tratta di una delle più alte concentrazioni in tutta Italia. Ma di questi una buona parte risultano occupati abusivamente. Questo fenomeno, infatti, risulta un ulteriore ostacolo che si frappongono tra la destinazione pubblica dei beni e il loro concreto utilizzo.