di Monsignor Michele Pennisi, Arcivescovo di Monreale
In un periodo di paura e di insicurezza per il futuro e di chiusura e sospetto nei confronti degli altri che ci blocca, nella festa dell’Epifania, siamo invitati a metterci assieme in cammino verso una meta comune che dia senso alla nostra vita.
In diversi poemi dall’Odissea alla Divina Commedia la figura letteraria del viaggio è stata usata per descrivere l’avventura umana come un viaggio alla ricerca di Qualcuno odi qualcosa che doni sicurezza e pace. I Magi d’Oriente, rappresentanti di tutte le nazioni, che inaugurano il cammino dei popoli verso Cristo sono figure emblematiche di coloro che cercano la risposta alle grandi domande sull’uomo, sull’universo e su Dio.
A questa aspirazione di tutte le genti risponde la paradossale manifestazione di un Dio fatto bambino. Il riconoscimento che il Figlio di Dio si è fatto uomo per amore di tutti gli uomini e per ciascuno di essi, ci offre un criterio di giudizio prezioso per il nostro tempo. L’Epifania è il compimento della promessa che ha sostenuto il viaggio dei Magi e sostiene il viaggio di ogni persona. L’Epifania è la festa della speranza.
Nel Natale del 1940, nel campo di concentramento di Treviri, il filoso J.P. Sartre fece dire al re Magio Baldassarre in risposta al disperato Bariona: «È vero che noi magi siamo molto vecchi e molto saggi e conosciamo tutto il male della terra. Tuttavia quando abbiamo visto quella stella in cielo, i nostri cuori hanno fatto un balzo di gioia come quello dei fanciulli e noi siamo stati simili a dei bambini e ci siamo messi in cammino, perché volevamo compiere il nostro dovere di uomini, che è quello di sperare».
Oggi di fronte all’abisso di male che sembra sommergerci, al susseguirsi del numero delle vittime della pandemia che ci lascia indifferenti, c’è bisogno di una speranza più grande, che permetta di preferire il bene comune di tutti al lusso di pochi e alla miseria e alla disperazione di molti.
Per questo c’è bisogno di uomini e donne che nutrano una grande speranza e possiedano perciò molto coraggio: il coraggio dei Magi, che intrapresero un lungo viaggio seguendo una stella, e che seppero inginocchiarsi davanti a un Bambino che donò loro una “grandissima gioia” e al quale offrirono i loro doni preziosi. Abbiamo tutti bisogno di questo coraggio, ancorato a una salda speranza che ci faccia passare dall’ isolamento alla comunione, dalla cultura del tornaconto egoistico alla cultura del dono, inteso come azione gratuita del dono di sé come risposta al dono della vita che riceviamo ogni giorno.
L’apertura universale dell’Epifania, di cui sono un simbolo i Magi, è un invito rivolto a noi tutti ad affrontare la situazione attuale della nostra società multietnica e multi religiosa a partire da quella che papa Francesco chiama “la mistica della fraternità”, perché ci dà la certezza e la gioia che Dio è con noi e noi siamo con Lui, tutti figli dello stesso Padre, fratelli e sorelle fra di noi, perché fratelli e sorelle di quel Bambino, Figlio di Dio e della Vergine Maria, che ci genera ad una novità di vita e ci apre alla speranza.