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Festa dell’8 marzo, Confapi: “Riconoscere il ruolo della donna nello sviluppo economico e sociale”

lunedì 8 Marzo 2021

“Cari siciliani/e, 

in occasione dell’8 marzo mi sento il dovere di affermare che non è tempo né di mimose né di festeggiamenti. Qui in Sicilia, come in Italia, la condizione femminile legata allo sviluppo e alla crescita è in declino da 50 anni!

Il calo demografico nella nostra regione, così come quello nazionale, si propaga senza soluzione di continuità di generazione in generazione, con un tasso di crescita attuale pari al 7,1%

 (tasso di natalità – tasso di mortalità +tasso migratorio) che ci pone al penultimo posto della classifica italiana.

 Per le donne della mia generazione (1977-1978), residenti a Sud, poi esiste un triste primato: siamo arrivati per la prima volta al superamento della quota di coloro che non hanno figli rispetto a quella delle donne con un solo figlio (22,7% vs 22,1%).

 Non certo ci consola sapere che in realtà, un primato più allarmante spetta all’intero Paese: siamo il paese europeo con le madri più “vecchie”: 31,3 anni, l’età media del primo concepimento di una donna.  

In paesi come Francia, Regno Unito e Svezia si diventa madri in media a 29 anni, meglio la Bulgaria e Romania, con una media al di sotto dei 27 anni.

Senza parità e welfare a favore di donne e famiglie siamo parte di in un paese fragile e vulnerabile.  

 Nel 2020 l’indice di vecchiaia per la Sicilia ci dice che ci sono circa 160 anziani ogni 100 giovani.

Siamo parte integrante e non isolata, del Paese che vanta un altro infelice riconoscimento: quello di paese più vecchio al mondo.

A livello nazionale negli ultimi 50 anni l’indice di vecchiaia (dato dal rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e quella con meno di 15 anni) è notevolmente aumentato, passando dal 33,5% del 1951 a quasi il 180% al primo gennaio 2020.

 E’ pacifico che meno giovani significa sia meno attuali sia future nascite, e quindi anche meno famiglie con figli, con ulteriore alterazione dello squilibrio intergenerazionale. Significa, soprattutto una minore popolazione in età attiva e un minore peso politico delle generazioni portatrici di rinnovamento.

 A voi che pensate, che noi italiane facciamo meno figli e rinunciamo alla generatività di un Paese per la carriera ed egoismo personale, rispondiamo: NIENTE DI PIU’ FALSO!

Infatti, il paradosso nazionale sta proprio nel fatto che ad una riduzione particolarmente intensa della fecondità si è associato un decremento di partecipazione femminile alla forza lavoro molto più elevato rispetto alla media dei Paesi Europei.

 Le statistiche confermano che la ripresa delle nascite è avvenuta con successo nei Paesi con alti tassi di occupazione femminile e che hanno adottato politiche che rendono possibile e conveniente la conciliazione tra famiglia. In particolare, i Paesi del Nord Europa riescono a mantenere tassi di fecondità superiori alla media europea (EU 28, pari a 1,58 figli per donna) con tassi di occupazione femminile che superano di almeno 20 punti percentuali il valore italiano dell’indicatore (popolazione femminile 20-64 anni).

Non riconoscere la parità tra donne e uomini determina, senza giri di parole, una minor presenza di quella generazione che più efficacemente contribuisce poi a costruire una visione di futuro da abitare, qui come nel resto del mondo. Le reali misure della ripresa dovranno essere pensate dai giovani per i giovani. Serve quella vitalità e freschezza, priva di condizionamenti: ora più che mai.

 Io sono disposta a barattare la mia mimosa e l’invito a cena per festeggiare con un autentico e fattivo riconoscimento del ruolo della donna nello sviluppo economico e sociale nella mia regione e nel mio paese, e voi?”

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