Quando la realtà non sorride, non resta che l’immaginazione. Parafrasando Shakespeare, siamo fatti della stessa materia dei sogni. E più è diffuso un sogno, più è facile che si realizzi. Magari fosse davvero così. E invece l’uomo deve affrontare la realtà, a volte figlia dell’idiozia di criminali, di chi ha rovinato il futuro e il godimento di spazi e risorse alle future generazioni. Di aree verdi inutilizzabili ne è piena la città di Palermo. Dal parco Libero Grassi, perla della Costa Sud mai inaugurata e chiusa in attesa di bonifica, all’ormai ex parco Cassarà, il secondo polmone verde della città che collega la IV Circoscrizione da lato a lato. L’area si estende infatti da corso Pisani a via Ernesto Basile. Uno spazio immenso in cui i palermitani potrebbero fare attività fisica, passeggiate, trascorrere momenti con le proprie famiglie. E per un breve periodo è stato anche così. Poi il pugno nello stomaco. Il giardino urbano, a causa della presenza di agenti inquinanti, fu chiuso dalla magistratura nel lontano 2014. E da allora non ha mai più riaperto i battenti.
Dieci anni di chiusura
Dopo i primi controlli, l’ex parco Cassarà fu suddiviso in tre aree a seconda del livello di inquinamento. Quella su cui si nutrono le maggiori speranze è la “zona verde“, un lembo di terra di circa dodici ettari che ricomprende la parte della struttura più vicina a corso Pisani. Un’area in cui sorgono attualmente alcuni uffici del Coime. Fatto ritenuto “un paradosso” dal consigliere comunale del M5S Concetta Amella. “Delle due l’una: o l’area verde è inquinata e rimane chiusa al pubblico, oppure non lo è ed è quindi accessibile non solo alle maestranze del Coime ma anche ai cittadini palermitani“.
Al di là del singolo spazio specifico, per riaprire la zona verde serve un preciso piano di caratterizzazione. Nel 2021 il Comune di Palermo commissionò un primo sistema di controlli per conto del tavolo tecnico creatosi nel frattempo fra i principali soggetti istituzionali. Ma i risultati non furono confortanti. Oggi l’Amministrazione Lagalla ci sta riprovando, con un’integrazione di dodici caratterizzazioni aggiuntive. Costo dell’operazione circa 195.000 euro, prelevati dal fondo di riserva del Comune. Fondi a cui si sono aggiunti ulteriori 150.000 euro inseriti fra le pieghe del maxi-emendamento dell’ultima manovra Finanziaria della Regione Siciliana, da destinare ad un piano di caratterizzazione relativo alla cosiddetta “zona rossa”.
Un ponte verde fra Cus ed Università, l’idea per l’ex parco Cassarà
Ad occuparsi della procedura è l’assessorato all’Ambiente guidato da Pietro Alongi. La gara, riferiscono dal Comune, è già stata bandita e gli esiti dovrebbero arrivare entro marzo. Solo allora, e in caso di esito positivo, si potrà parlare di riaprire almeno la zona verde dell’ex parco Cassarà. E per farlo serviranno tempo ma anche ingenti risorse economiche. Ci sono strutture abbandonate da oltre un decennio. Spazi da riqualificare. Insomma, non sarà facile. Fra gli scenari possibili, in caso di via libera, c’è quello di una sorta di “ponte verde” per collegare il Cus (Centro Sportivo Universitario) alla Cittadella Universitaria di via Ernesto Basile.
“E’ una opzione prevista già dal progetto iniziale risalente all’era Cammarata – sottolinea l’esponente del M5S Concetta Amella -. Chiediamo che, in caso di esito positivo, si recuperi tale idea. Permetterebbe di valorizzare buona parte delle risorse possedute dal parco Cassarà. Fra queste c’è soprattutto la fossa della Garofala. Uno degli ultimi lembi di terra incontaminati di quella che era una volta la Conca d’Oro di Palermo“. Un modo per provare a dare un nuovo futuro all’ex parco Cassarà. Ovvero a quella che, negli anni, è diventata l’ennesima occasione persa. L’ennesimo peccato mortale di questa città. Altrimenti, si proverà a sondare altre strade per una città che, nel 2025, rimane affamata di spazi verdi. E in quella che una volta era la casa della Conca d’Oro, questo è davvero un paradosso.