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Il quadro

La pesca siciliana si aggrappa alla speranza dei Piani di gestione locale: tra punti mai realizzati e la difficile riscrittura

venerdì 18 Aprile 2025
Dipartimento della Pesca Mediterraneo della Regione Siciliana

E’ un momento di stallo, subbuglio e preoccupazione quello che avvolge l’economia siciliana e nello specifico i suoi propri prodotti. Dalla terra al mare non c’è molta differenza. L’agricoltura è stata messa in ginocchio dalla grave emergenza siccità che ha ridotto e ridimensionato i raccolti. Nelle ultime settimane l’annuncio dei dazi statunitensi ha lanciato l’ennesimo campanellino d’allarme, soprattutto per alcune filiere come quella del vino e della pasta, giusto per citarne alcune. Ma l’assessorato regionale guidato da Salvatore Barbagallo ha anche ben altre grane da risolvere. Un esempio? La crisi senza fine del comparto ittico e dei suoi operatori. 

Le proteste dei pescatori delle Eolie e di Sciacca sono quelle che mediaticamente hanno più catturato l’attenzione, riuscendo nel difficile obiettivo di approdare tra le mura dell’Assemblea Regionale Siciliana, mettendo in luce tutte le problematiche, le difficoltà e le restrizioni che ingabbiano, ormai da anni, in una continua parabola discendente, una fetta storica dell’economia siciliana e ancora fondamenta di alcune realtà e borghi marinari. In Commissione Attività Produttive, presieduta da Gaspare Vitrano, le audizioni hanno coinvolto i rappresentati delle marinerie e anche i deputati Ue. Interlocuzioni che dimostrano come la crisi viaggi su più livelli: non solo regionale, ma anche nazionale ed europeo. Dopo alcune settimane, dalla seduta di mercoledì, è giunto un primo segnale di incoraggiamento: l’approvazione della risoluzione n. 5/III, che impegna il governo Schifani a intervenire con urgenza. Un primo tassello sul quale il Dipartimento regionale della Pesca Mediterranea è pronto a lavorare.

Non di certo un inizio semplice per il neo dirigente generale Giovanni Cucchiara, insediato giusto qualche mese fa, dopo le nomine avvenute lo scorso febbraio, e presente nel corso delle sedute prima citate. Mesi lunghi e tortuosi sono quelli attendono il Dipartimento. L’obiettivo sembra abbastanza chiaro, rivedere i Piani di gestione locali previsti dalla legge regionale 9 del 20 giugno 2019, ma portarlo a compimento è più complesso di quanto ci possa immaginare e richiede necessariamente del tempo, considerando che diversi punti previsti dalla norma, in realtà non sono mai stati attuati, come l’anagrafe degli enti di ricerca. Proprio da quest’ultimi, infatti, dovrebbe partire l’elaborazione dei Piani, con studi e monitoraggi delle singole zone. Insomma, ad oggi si tratta solo di un’occasione sprecata e gettata al vento per le comunità costiere, non solo per quanto concerne lo sviluppo e l’occupazione, ma anche per il perseguimento di principi come quella della sostenibilità.

Nelle condizioni attuali, inoltre, i Piani risultano vecchi, non considerando i mutamenti dell’ambiente marino, determinati dagli effetti del cambiamento climatico e l’aumento delle temperature, anche di due o tre gradi, che hanno inevitabilmente colpito le specie autoctone del Mediterraneo, come il pesce azzurro, e la loro sopravvivenza, mettendo a repentaglio la tutela della biodiversità. Dopo una prima fase di studio, il Dipartimento dovrà impegnarsi alla rielaborazione dei Piani di gestione locale, che coinvolgerà anche i Consorzio di gestione della pesca artigianale (Cogepa), circa una dozzina in tutta l’Isola.

La speranza di vedere nuove risorse sul tavolo, in aiuto alla pesca siciliana, è molto lontana. L’intero comparto, o comunque gran parte di esso, si regge sul progetto europeo Feampa. A redigerne il piano finanziario è il ministero. Si tratta di oltre cento milioni di euro, composti per il 50% da risorse comunitarie, per il 35% nazionali e solo il 15% regionali. All’interno dell’ingranaggio, il Dipartimento regionale della Pesca Mediterranea ricopre un ruolo da organismo intermediario, con il compito di destinare le risorse già stabilite dal ministero e indirizzate a diverse finalità: dall’acquacoltura, alla trasformazione, fino alla gestione dei Gal o i finanziamenti dei Cogepa.

Il raggio d’azione della Regione Siciliana resta così ridotto al “solo” Fondo di solidarietà, in sostegno dei pescatori il cui lavoro è stato compromesso da eventi straordinari, come calamità naturali. Basti pensare ai casi di Licata o Lampedusa. Da considerare è anche la limitata competenza regionale che non va oltre le dieci miglia. Giusto un po’ più in là, oltre le dodici miglia si pratica un altro tipo di pesca, anche questa in stato di grave crisi, principalmente a causa della concorrenza sleale dei Paesi extracomunitari: quella d’altura.

La riscrittura dei Piani di gestione locale sarebbe quindi la soluzione per sollevare le sorti della pesca artigianale, ma non quelle di gran parte del comparto. In tal senso, un ruolo fondamentale sarà ricoperto proprio dalle interlocuzioni con le sedi nazionali ed europee, attraverso il Comitato europeo delle Regioni, volto a rappresentare le esigenze del comparto pesca e sollecitare conseguenti soluzioni. Proprio su quest’ultimo punto si giocherà quindi la partita più importante.        

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