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"Mi dissocio dalle parole di La Russa"

Festa della Liberazione, Burtone: “Un giorno di riflessione, consapevoli che la nostra libertà nasce dal 25 aprile”

venerdì 25 Aprile 2025

Sono trascorsi 80 anni dal 25 aprile 1945, data che segnò la fine del nazifascismo e l’inizio di quella che è oggi la nostra Repubblica.

Seppur in Sicilia non c’è stata una presenza della lotta partigiana, considerata la fuga dei nazifascisti – i quali ritirandosi crearono situazioni di barbarie, a Linguaglossa, Mascalucia, Castiglione di Sicilia, Catania e in altre realtà –  subito dopo lo sbarco degli alleati, i siciliani che contribuirono significamento al nord del nostro Paese nella lotta alla liberazione furono tanti. Erano presenti gli antifascisti, che erano fuggiti dalla Sicilia, Pompeo Colaianni, il “Comandante Barbato”, che si impegnò nella liberazione di Torino; Girolamo Licausi, che in seguito partecipò alle lotte contadine; Luigi Ibricanti, “Fortunello” suo nome di battaglia, medaglia d’oro della resistenza di Lentini; Ettore Panascia di Catania; Giovanni Marcora, con il nome di battaglia “Bertino”.

Oltre ai citati era presente un altro giovane proveniente da Militello in val di Catania: Giuseppe Burtone, nome di battaglia “Capitano Morello”. Burtone prese parte in prima fila alla guerra di Liberazione come comandante di un distaccamento della Divisione “Valtoce”, che operò nell’area della bassa Ossola al comando di Alfredo Di Dio e del fratello Antonio, anche loro siciliani, che morirono per liberare quell’aria. In questa lotta contro gli occupanti nazisti e i militi della Rsi, loro stretti alleati, “Morello” si distinse soprattutto negli scontri che portarono alla nascita, nel settembre del 1944, della “Repubblica partigiana dell’Ossola”.

Giuseppe Burtone era il padre dell’attuale sindaco di Militello e deputato regionale dem Giovanni Burtone, che parla dei partigiani come “ribelli per amore“, e in occasione della ricorrenza dichiara: “La storia ci ha consegnato un dato incontrovertibile: chi era dalla parte dei nazifascisti era dalla parte sbagliata. Non ci sono “se”,”ma”,”però”. Il giudizio storico è questo. E non ci può essere pacificazione se non si riconosce questo giudizio. La destra italiana continua a fare fatica e a non volere fare i conti con tutto ciò e ogni volta che si avvicina il 25 aprile ascoltiamo e leggiamo argomentazioni che francamente lasciano sorpresi e che indignano”.

“Le parole di Ignazio La Russa – prosegue il deputato dem- non sono degne della responsabilità che ricopre. Definire la strage di via Rasella come ha fatto lui non è un semplice scivolone, ma è una strategia mirata a indebolire la memoria e far passare l’idea che parliamo di cose lontane. Non è così. Il 25 aprile è la data della nostra carta di identità democratica. È lì che viene concepita la nostra Repubblica e la nostra Costituzione. E la nostra Costituzione – sottolinea Burtone – è antifascista perché nasce dalla liberazione, dalla Resistenza, da chi con la vita ha pagato il tributo per la nostra libertà. Se La Russa può esprimersi in questi termini lo deve ai partigiani morti. Il consenso elettorale ricevuto non può derogare da quei principi. Se FDI ancora fa fatica ad archiviare la fiamma, c’è un problema. Da figlio del partigiano Capitano Morello confesso che ogni volta che sento certe imbarazzanti argomentazioni della destra provo sincera tristezza e penso a mio padre e alle sue parole. Abbiamo il dovere di rafforzare la memoria di questo evento, di non dimenticare, di non dare per scontato. Perché non è vero che il fascismo non c’è più. Tutte le volte che c’è tentativo di sopraffare, di prevaricare, di impedire l’affermazione di diritti di libertà, di negare a persone questi stessi diritti li c’è fascismo. Oggi non lo chiameremo più così ma la matrice è quella. Ecco perché il 25 aprile non deve essere solo una festa in rosso, un ponte per delle gite, una sospensione del tempo di lavoro, bensì un giorno di riflessione, di ricordo, di rinnovo della consapevolezza che la nostra libertà nasce da lì, dal sacrificio di quegli italiani che scelsero la parte giusta“.

Il Capitano Morello, padre dell’on. Giovanni Burtone

Mio padre – conclude – ripeteva spesso, anche prima di morire, che la lotta di liberazione fu una pagina importante per il Paese, una pagina in cui tanti sacrificarono la loro vita, e lo fecero non soltanto per liberare l’Italia dalla dittatura nazifascista, perché furono poi i nazisti ad occupare la nostra terra, lo fecero perché volevano una società soprattutto più giusta e più umana. È un monito che dalla resistenza arriva e deve arrivare a tutti“.

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