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Si o no?

Referendum 8-9 giugno: tutto quello che c’è da sapere prima di votare

sabato 17 Maggio 2025

L’8 e il 9 giugno gli italiani saranno chiamati a votare per cinque referendum abrogativi, ovvero uno dei pochi strumenti che i cittadini hanno per intervenire sulle leggi vigenti, abrogandole (cioè annullandole), come previsto dall’articolo 75 della Costituzione.

Sarà possibile votare dalle 7 alle 23 di domenica 8 giugno e dalle 7 alle 15 di lunedì 9 giugno. Per avere validità, inoltre, il referendum abrogativo dovrà essere votato dalla metà più uno degli aventi diritto, il cosiddetto quorum. Sarà possibile anche votare per i fuorisede che hanno fatto richiesta entro il 5 maggio e i residenti all’estero iscritti all’Aire (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero). I quesiti referendari proposti affrontano temi di diritto del lavoro, di sicurezza sul posto di lavoro, indennità e licenziamenti, ma anche sul conseguimento della cittadinanza. I questiti saranno presenti separatamente, su schede di colore differente: segnando una croce sul sì la legge, o parte di essa, menzionata sulla scheda verrà abrogata, diversamente invece manterrà la sua efficacia e validità.

Ma andiamo con ordine.

Quesito 1: licenziamenti illegittimi

Facciamo un passo indietro fino al 2015. In quell’anno venne introdotto dal governo Renzi il celebre Jobs Act che, tra le altre cose, introduceva una nuova disciplina sui contratti a tutele crescenti. In sostanza, per chi è stato assunto con contratto a tempo indeterminato dopo marzo 2015 in un’azienda con più di 15 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo non è prevista la reintegrazione, ma spetta un indennizzo economico che cresce in base all’anzianità aziendale. Le norme in merito sono cambiate nel corso degli anni, con termini meno rigidi per eventuali reintegrazioni, ma la disposizione comunque influenza circa tre milioni e mezzo di lavoratori a tempo indeterminato.

Abrogando la norma si ritornerebbe alla versione originale dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, che dà ai magistrati maggiori libertà decisionali sulle reintegrazioni nel caso in cui il licenziamento venga giudicato illegittimo.

Quesito 2: licenziamenti nelle piccole imprese

Partiamo dal presupposto che per piccola impresa, in genere, si intende un’azienda con meno di 16 dipendenti. In caso di licenziamento illegittimo di un dipendente, la legge vigente prevede un indennizzo massimo pari a sei mesi di mensilità, che può aumentare eccezionalmente in casi di particolare anzianità o per aziende con più dipendenti.

La norma trova la sua ratio nella tutela delle piccole o micro imprese in difficoltà che hanno l’estrema necessità di ridurre l’organico. In caso di abrogazione, verrebbe eliminato il tetto massimo, lasciando al giudice il compito di valutare caso per caso il licenziamento e di calcolare autonomamente l’indennizzo che l’azienda dovrebbe corrispondere al lavoratore.

Quesito 3: contratti a tempo determinato

Oggi un datore di lavoro può assumere a tempo determinato senza dover spiegare il perché, almeno per il primo anno. Una libertà che, di fatto, consente un ampio spazio di manovra nell’utilizzo di questi contratti, spesso a scapito della stabilità lavorativa. Nel 2018 il Decreto Dignità ha provato a mettere un freno, reintroducendo l’obbligo di indicare una causale per i contratti che superano i 12 mesi o che vengono rinnovati. Un tentativo di regolamentare la situazione, che però si è rivelato più un argine simbolico che una vera barriera.

Il referendum punta proprio a ridurre questa discrezionalità: vuole rendere più stringenti le regole per l’utilizzo dei contratti a termine, con l’obiettivo di limitare il precariato e favorire forme di lavoro più stabili. In sostanza, si tratta di spostare il baricentro: meno flessibilità per le aziende, più tutele per i lavoratori.

Quesito 4: infortuni sul lavoro

Poniamo il caso di un dipendente che si faccia male sul lavoro: ad esempio, un operaio di un’azienda edile che cade da un ponteggio. Attività come questa comportano inevitabilmente dei rischi e la possibilità di incidenti, tecnicamente definiti “infortuni derivanti da rischi specifici dell’attività delle imprese”. In situazioni del genere, se il lavoratore non è coperto assicurativamente, la responsabilità dell’infortunio ricade esclusivamente sulla ditta a cui è stata appaltata o subappaltata l’opera, escludendo del tutto il committente.

L’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, cambierebbe questo scenario, estendendo la responsabilità a tutti i soggetti coinvolti. Si tornerebbe così al principio di “responsabilità solidale”, rafforzando il ruolo del committente e incentivando un maggiore controllo sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

Quesito 5: cittadinanza italiana

L’ultimo quesito referendario è l’unico che non si occupa di diritto del lavoro. Punterebbe infatti a dimezzare i tempi per il conseguimento della cittadinanza italiana, portando da 10 a 5 anni di residenza legale continuativa il requisito fondamentale per diventare ufficialmente italiani. Inoltre, il referendum estenderebbe la cittadinanza anche ai minorenni adottati da chi cittadino italiano lo è già o lo diventerebbe grazie alla modifica della legge. Secondo il deputato e segretario di Più Europa, Riccardo Magi “Almeno 2,3 milioni di persone sarebbero nelle condizioni di poter chiedere la cittadinanza con le condizioni previste dal referendum”.

Altri requisiti, come conoscere la lingua italiana, essere incensurati, avere un reddito stabile ed essere in regola con il pagamento delle tasse, non verrebero modificati.

Le perplessità sull’affluenza

Secondo Ipsos, l’entusiasmo degli elettori appare piuttosto contenuto. Infatti, solo il 28% degli aventi diritto si dichiara sicuro di votare ai referendum, mentre un ulteriore 15% lo ritiene molto probabile, per un totale del 43%. Tuttavia, considerando anche l’interesse per i singoli quesiti, la reale affluenza stimata si abbasserebbe tra il 32% e il 38%.

La partecipazione appare più alta tra gli elettori di PD e Movimento 5 Stelle, mentre resta più bassa, seppur non in modo netto, tra chi vota per le forze di governo.

Sul fronte dei contenuti, però, il quadro è chiaro: il “Sì” è in vantaggio su tutti i quesiti. I temi legati al lavoro raccolgono il consenso più ampio, con percentuali che vanno dal 79% all’87% dei voti validi. Anche il quesito sulla cittadinanza vede prevalere il “Sì”, sebbene con un sostegno meno netto, attestandosi al 66%.

Elaborazione dati Ipsos

 

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