“Non sono un giustizialista. E non lo dico per convenienza o per moda. Non credo nella condanna come fine, ma nella giustizia come strumento educativo, civile e proporzionato. Proprio per questo, fatico a comprendere pienamente la recente assoluzione dei cinque attivisti di Ultima Generazione che, nel maggio del 2023, hanno imbrattato la Fontana di Trevi con un liquido nero, simulando petrolio, per protestare contro l’inazione climatica”. Lo dichiara Totò Cuffaro, segretario nazionale della DC.

“Che il messaggio climatico sia urgente è fuori discussione – continua -. Che si debba ascoltare la voce delle nuove generazioni, è altrettanto vero. Ma tutto questo non giustifica l’uso della provocazione a scapito del patrimonio culturale, simbolico e storico del nostro Paese. La Fontana di Trevi non è solo una cornice scenografica: è un bene comune, un’eredità che appartiene a tutti — e vandalizzarlo, anche senza danni permanenti, non è un atto di coraggio, ma un gesto che merita una sanzione.
Soprattutto considerando che quella protesta non ha colpito solo la Fontana di Trevi, ma anche un altro simbolo della nostra bellezza artistica: la fontana dei Quattro Fiumi in piazza Navona. Un doppio sfregio, a due luoghi che rappresentano non solo la storia di Roma, ma la nostra identità culturale nel mondo.
Sia chiaro: nessuno chiede pene detentive o processi esemplari. Ma l’assoluzione piena lascia un messaggio sbagliato. C’è una misura possibile tra la repressione e l’impunità, ed è quella dei lavori socialmente utili. Avrei preferito che la pena da scontare fosse stata concreta, educativa, utile: andare a pulire i parchi, le ville, le fontane, le strade delle nostre città. Restituire bellezza dove si è scelto — simbolicamente e fisicamente — di sporcarla. Questo avrebbe dato senso alla protesta, senza annullarne il valore simbolico, ma dando il giusto peso alle conseguenze.
In un tempo in cui il confine tra disobbedienza civile e gesto fine a sé stesso si fa sempre più labile, serve responsabilità da parte di tutti. Anche — e soprattutto — di chi protesta in nome di un futuro migliore. Perché il rispetto per l’ambiente passa anche dal rispetto per la nostra storia, la nostra arte, il nostro patrimonio condiviso”, conclude.