Carissimi
Trovate il coraggio di fare un appunto al “Palermo-sauro” sul suo dress-code estivo? Lui sente caldo!
Lui è inguardabile nelle sue scelte, il suo pantaloncino corto ricordo di una epoca coloniale che in città mai ci fu, il suo sandaletto, le sue mitiche canottiere e la “panza a mulune” tipica di chi della tavola ha goduto e dello sport lontanamente ha frequentato, in occasione delle partite di calcio sullo sterrato in epoca adolescenziale.
C’ha diri cosa?
Lui è così, ma se potesse si metterebbe la giacca anche abbondante e la cravatta e magari pure un rolex cinese al polso, un occhiale da sole, ma sempre volgare e bardascio apparirebbe perché “rustica progenie, semper villana fuit”.
Ah, se non ci fossero questi latini come faremmo a capire che l’individuo è stato così da millenni?
Che ci vuole a ripulirsi? Quando ti invitano ai matrimoni, anche ad agosto, la giacca e la cravatta te la devi mettere se no si offendono e quindi non può essere più il dress-code a fare la differenza, forse un po’ la postura, ma credetemi, anche quella oggi è sdoganata.
Prima “lui” ambiva ad imitare chi se la passava meglio, oggi il mare si è ritirato lasciando emerse spiagge che erano da sempre fango, anche il fango si sente a suo oggi e come sempre accade è la mediocrità a trionfare, poiché non si guarda ai modelli per migliorarsi, ma si costruiscono i modelli su sé stessi per esser sicuri di essere quanto di meglio ci sia e quanto di meglio si possa raggiungere.
Il “suo” errore più grosso è stato quello di importare in grosso ritardo mode di ciò che nasceva altrove, localizzandole e lasciandole alla mercè di chi ne guardasse solo i risultati senza comprenderne i funzionamenti e le motivazioni intrinseche.
Se al tavolo di gioco si abbassa la posta tutti possono partecipare, ma alla fine, non aspettatevi grandi vincite, perché la posta per partecipare è bassa.
Il voler scavare nelle origini, il volersi legare a miti del passato altro non sono che disperati tentavi di riempire di contenuti la propria offerta in mancanza di idee e anche quando si è certi di averne trovata una buona di idea, questa non si può perpetrare ad oltranza senza finire per avere la sindrome di “anima mia, dei Cugini di Campagna”, che sentita e risentita finisce per essere un successo nelle piccole feste patronali con bassissimo reddito e per quattro vecchi amici e pensionati, visto che i circoli dei combattenti e dei reduci di guerra per ovvie ragioni anagrafiche si sono svuotati.
Raccolgo il grido di “disaggio” di chi non identifica la nostra immagine con gli “spritz” per strada o le popolazioni di “Mau Mau” per dirla alla Burruano che si sono impossessati del “salotto buono” della città senza aver dovuto “combattere” alcuna guerra per conquistare e controllare posizioni che ormai all’occhio distratto sembrano naturali, tanto si sono miscelate le parti, restituendo un modello volgare inteso come da vocabolario, degli strati culturalmente e socialmente inferiori della popolazione, comuni, senza pregio o qualità alcuna.
Stiamo tornando indietro e legheremo il ricordo di questi tempi a modelli e rappresentazioni, riciclate, per nulla moderne e meritevoli di essere tramandate.
Comprendiamo (pur non condividendolo) la necessità di utilizzare gli ammortizzatori sociali contrabbandandoli come “espressioni culturali”, la gente deve campare e si crea un mestiere che con il suffisso “culturale”, si vende meglio, ma sulla sostenibilità di tali iniziative?
Intanto personalmente mi godo la conoscenza o riscoperta e valorizzazione delle espressioni del Liberty cittadino, (grazie a qualche amico competente, appassionato e di buona volontà), quelle si caratterizzanti un periodo storico ben preciso da tramandare ai posteri, di una Palermo che in passato è stata capitale di tutto ma mai della “gente”.
Dobbiamo tutti continuare a campare, ma non necessariamente facendoci lobotomizzare, ma non possiamo accettare di volgarizzarci per restare al passo con i tempi.
Un abbraccio, Epruno.