E’ ripreso questa mattina a Caltanissetta il processo a carico di Walter Giustini, ex carabiniere, e Maria Romeo, per depistaggio nell’ambito delle indagini sulla strage di Capaci.
Giustini è accusato di aver creato un depistaggio nelle indagini sulla “pista nera” relativa alla strage in cui morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta.
Maria Romeo era la compagna dell’allora collaboratore di giustizia Alberto Lo Cicero (deceduto).
Stralciata in fase preliminare la posizione di Domenico Romeo, fratello di Maria e collaboratore dell’avvocato Stefano Menicacci, anche lui morto, difensore storico dell’eversore nero Stefano Delle Chiaie.
Il processo è entrato nel vivo con le testimonianze di alcuni ufficiali dei carabinieri, da anni in pensione, che hanno raccontato al tribunale di Caltanissetta la collaborazione di Alberto Lo Cicero, iniziata il 24 luglio del 1992, cioè qualche giorno dopo la strage di via d’Amelio.
Questa mattina sul banco dei testimoni anche il vicecomandante generale dell’Arma dei carabinieri, Marco Minicucci che ha ricordato il suo lavoro “dal ’91 al ’94 al comando del nucleo operativo di Palermo“.
Botta e risposta tra Minicucci e avvocati
“Non posso che essere perplessa nell’apprendere che le informazioni di un latitante non fossero state ritenute attendibili, tanto da non sviluppare un’attività minima di indagine“. Lo dice l’avvocato Sonia Battagliese, legale di Walter Giustini, a margine dell’udienza del processo a carico di quest’ultimo e di Maria Romeo, difesa dall’avvocato Emilio Buttigè, per depistaggio nelle indagini sulla strage di Capaci. Il riferimento è alla testimonianza del vicecomandante generale dei carabinieri Marco Minicucci il quale, durante l’udienza di oggi del processo che si svolge a Caltanissetta ha dichiarato che all’epoca non si diede particolare credito alle dichiarazioni di Alberto Lo Cicero su Totò Riina e in particolare al fatto che quest’ultimo, latitante da 23 anni, andasse a trovare Mariano Tullio Troia. “Mi colpiscono anche i tanti non ricordo di chi all’epoca era a capo di un nucleo che indagava sulla criminalità organizzata” aggiunge il legale.
“Non ricordo se Alberto Lo Cicero avesse fornito informazioni importanti sulla strage di Capaci, prima e dopo della stessa“. Lo ha detto il vicecomandante Marco Minicucci che ha anche aggiunto di non ricordare se Lo Cicero avesse fornito informazioni su Stefano Delle Chiaie e che qualora le avesse fatte “sono contenute negli atti“. Il generale Minicucci oggi è stato sentito come teste nell’ambito del processo sul depistaggio, nato dalla falsa pista nera, quella che ipotizzava la regia del terrorista neofascista Stefano Delle Chiaie, nella progettazione ed esecuzione della strage di Capaci, pista finita con l’archiviazione. Gli imputati sono un ex maresciallo dei carabinieri, Walter Giustini, e Maria Romeo, ex compagna del collaboratore di giustizia Alberto Lo Cicero, poi deceduto. Le accuse a vario titolo vanno dal depistaggio alla calunnia fino alla falsa testimonianza ai pm, quest’ultima accusa contestata a Maria Romeo. “In questo momento mi si sta chiedendo di ricordare cose che risalgono a 30 anni fa e se non ricordo è perché non lo ricordo” ha detto il generale Minicucci rispondendo alle domande a chiarimento dell’avvocato Sonia Battagliese che difende Giustini. “Lo Cicero vi aveva detto che Riina andava a trovare Mariano Tullo Troia e questo vi sembrò così strano da non fare indagini?” ha chiesto l’avvocato Battagliese. “Ci sembrò così strana una cosa del genere che non demmo molto peso” ha risposto il teste. E ancora l’avvocato ha chiesto: “Quindi alcune cose che Lo Cicero confidava sembravano così strane da non darvi peso?“. “Uno che non era considerato un personaggio di spicco che riceveva la visita da Riina, che era latitante, per noi era quasi impossibile“, ha risposto Minicucci. Battagliese ha contestato i tanti “non ricordo” del teste che ha replicato: “trovo questo molto offensivo, sono cose di 30 anni fa“.
La prossima udienza è fissata per il 15 settembre alle 10.30