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Palermo ricorda Boris Giuliano, il capo della squadra mobile ucciso dalla mafia nel 1979

lunedì 21 Luglio 2025

Palermo ricorda Boris Giuliano, il capo della squadra mobile, ucciso dalla mafia il 21 luglio 1979.

Sono passati 46 anni dall’omicidio da parte di Leoluca Bagarella del vice questore Giorgio Boris Giuliano, ucciso dalla mafia nel bar Lux in via Francesco Paolo Di Blasi. Sette colpi alle spalle mentre il capo della mobile stava bevendo un caffè. Le indagini sul traffico di eroina, sui tanti soldi che transitavano dallo scalo palermitano di Punta Raisi e sul covo ancora caldo di Bagarella scoperto avevano reso il capo della mobile un pericolo per l’organizzazione mafiosa. Era arrivata anche una telefonata in questura che aveva annunciato la volontà della mafia di uccidere il poliziotto.

La questura di Palermo lo ha ricordato nei pressi del bar dove stato ucciso. Il questore di Palermo Maurizio Calvino con il prefetto di Palermo Massimo Mariani e i parenti del capo della mobile ha deposto una corona di alloro. Dopo è stata celebrata una santa messa nella cappella nella caserma Lungaro. La celebrazione è stata officiata dal cappellano della polizia di Stato palermitana, don Massimiliano Purpura

Acuto investigatore, Giuliano intuì come la criminalità stava cambiando volto negli anni Settanta, riuscendo a cogliere i rapporti tra Cosa nostra e la politica. Giuliano venne assassinato al bar Lux, in via Francesco Paolo Di Blasi, da Leoluca Bagarella, cognato del boss Totò Riina, in un momento in cui stava provando a far luce su un’evasione fiscale simile a quel che poi sarebbe stata Tangentopoli. Giuliano aveva anche condotto inchieste sulle esattorie dei cugini Salvo e sul caso De Mauro. Il suo metodo investigativo, condiviso con una “squadra” di uomini a lui legatissimi, ha rivoluzionato il modo di fare indagini in Italia, come sottolineato anche da Giovanni Falcone.

La figlia Selima, sovrintendere ai Beni culturali della Regione Siciliana, ha affidato ai social una riflessione:Cosa saremmo noi se 46 anni fa una voce alla radio non avesse dato la notizia di una sparatoria in via di Blasi. Cosa saremmo noi se la nostra vita fosse rimasta uguale, normale, serena. Cosa saremmo noi se in tutti questi anni avessimo avuto confronti, consigli, contrasti e abbracci. – scrive la figlia – Come saremmo diventati? Saremmo stati migliori, forse, o forse saremmo stati solo più ‘pieni’ e i nostri occhi avrebbero avuto quella luce particolare che ha chi è abituato a vedere, in chi ama, l’amore e la dolcezza infinita. E invece siamo noi con le nostre storie uguali di figli, fratelli, coniugi e genitori di vittime della mafia. siamo noi che nonostante il tempo percepiamo ancora il vuoto, ci commuoviamo e ci emozioniamo. Siamo noi che continuiamo a sperare e a credere nella giustizia e nello Stato“.

Il ricordo delle istituzioni

Tra i primi a ricordare Boris Giuliano il sindaco di Palermo Roberto Lagalla:A 46 anni dalla sua uccisione per mano mafiosa, Palermo ricorda il vicequestore Boris Giuliano, pioniere della lotta alla criminalità organizzata, uomo dello Stato che ha dato la vita per la giustizia. Acuto investigatore, innovativo nell’introdurre nuovi metodi di indagine, Boris Giuliano può essere considerato uno dei primi poliziotti ad aver rivoluzionato il modo di combattere la criminalità organizzata. Ancora oggi la sua resta un’eredità da non disperdere e la sua memoria serve da sprone per un rinnovato impegno civile contro la mafia“.

Ricordiamo con commozione il vice questore Boris Giuliano, capo della Squadra mobile di Palermo ucciso dalla mafia la mattina del 21 luglio 1979 all’interno del bar Lux in via Francesco Paolo Di Blasi. E’ stato un investigatore lungimirante che ha condotto indagini importanti nella lotta alla criminalità organizzata, arrivando a scoprire i legami fra la mafia palermitana con quella americana nel traffico della droga. Rivolgo un pensiero alla famiglia, a cui sono molto legato, e ai colleghi che si ispirano al suo esempio: il suo coraggio, la dedizione, l’integrità morale non verranno dimenticati“. Ha commentato l’assessore comunale allo Sport e al Turismo Alessandro Anello.

“A 46 anni dalla sua uccisione per mano mafiosa, ricordiamo il capo della Squadra mobile Boris Giuliano. Fu un poliziotto e investigatore lungimirante. Grazie al suo intuito e all’innovativo metodo d’indagine, che si concentrava sui conti correnti bancari, negli anni ’70, condusse importanti indagini sulla mafia palermitana arrivando a scoprire legami nel traffico di droga con quella americana e può essere considerato uno dei primi poliziotti ad aver rivoluzionato il modo di combattere la criminalità organizzata. Non possiamo e non dobbiamo disperdere quanto ci ha insegnato un valoroso servitore dello Stato come Boris Giuliano, serve combattere ogni giorno ogni forma di criminalità, senza mai abbassare la testa”.
Lo dichiara il senatore di Fratelli d’Italia e componente della commissione antimafia Raoul Russo commemorando il capo della Squadra mobile, che fu ucciso il 21 luglio del 1979.

“Sono trascorsi 46 anni dal barbaro assassinio di Boris Giuliano in via Francesco Paolo Di Blasi. Anche questa mattina ho deposto, in rappresentanza dell’Ars, insieme alle altre autorità e ai familiari, una corona d’alloro sulla lapide commemorativa. La città e le istituzioni non dimenticano un fedele servitore dello Stato, colpito vilmente alle spalle. Il coraggio con cui intraprese una dura lotta alla mafia da capo della Mobile di Palermo è ancora oggi un esempio per tutti, per chi contrasta la criminalità organizzata sul campo e per chi è chiamato a compiere il proprio impegno quotidiano sia nelle istituzioni che nella società civile”.

È quanto dichiarato da Marco Intravaia, componente della Commissione Regionale Antimafia, delegato a rappresentare l’Assemblea Regionale Siciliana nella cerimonia commemorativa che si è svolta in via Francesco Paolo Di Blasi.

L’Università di Messina stamane ha ospitato un convegno in ricordo di Boris Giuliano: “Intuizioni e metodi investigativi”, alla presenza del direttore della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato (Dac), Alessandro Giuliano, figlio del capo della Squadra mobile di Palermo assassinato 46 anni fa a Palermo dalla mafia. I lavori sono stati inaugurati dai saluti della rettrice Giovanna Spatari, del questore di Messina Annino Gargano, del presidente dell’Anm di Messina Andrea La Spada e dell’arcivescovo Giovanni Accolla. 

“Quello di oggi – ha detto Spatari – è un incontro che vuole ricordare una figura fondamentale della storia antimafia del nostro Paese e, allo stesso tempo, ribadire la virtuosa sinergia istituzionale su temi e appuntamenti connessi alla legalità. Il confronto, oltre a essere interdisciplinare, con il coinvolgimento della magistratura, dell’università, del giornalismo e non solo, è anche intergenerazionale, con la partecipazione al dibattito di tre nostre studentesse“.

Anthony Barbagallo

“Ricordiamo oggi non solo un funzionario di polizia integerrimo ma anche e soprattutto un investigatore sopraffino che aveva intuito prima di tutti l’evoluzione di cosa nostra che in quegli anni, con l’avvento dei corleonesi, cominciò a investire anche nel grande business del traffico di stupefacenti. E proprio cosa nostra volle la sua morte, eseguita da un killer eccellente, il boss corleonese Leoluca Bagarella”. Così il segretario regionale del Pd Sicilia, Anthony Barbagallo.

Nel ricordare il vice questore Boris Giuliano, assassinato il 21 luglio 1979 a Palermo, l’Associazione nazionale funzionari di polizia rende omaggio “ad un investigatore che non fu solo un simbolo, ma uno spartiacque operativo nella lotta alla criminalità organizzata”.

Boris Giuliano, sottolinea l’Anfp, “non fu ucciso per quello che rappresentava, ma per quello che stava facendo. La sua era una minaccia concreta, imminente e sistemica per Cosa nostra. Aveva intuito, prima di molti, che la mafia si sarebbe evoluta nella sua proiezione finanziaria e internazionale. Lavorava su piste che toccavano traffici internazionali di stupefacenti, intrecci bancari, rotte estere e riciclaggio. Aveva iniziato a costruire dossier, relazioni tra nomi e movimenti, persone e denaro. In altre parole: stava arrivando al cuore pulsante della mafia moderna”.

“Cosa nostra – prosegue – nella sua spietata lucidità, ha sempre scelto di colpire quando lo Stato mostrava di poterla colpire davvero. Non spara solo per intimidire, ma anche per difendersi quando si sente in pericolo, così fu per Boris Giuliano. La sua uccisione fu quindi un tragico riconoscimento di efficacia. Ma anche l’inizio di una nuova consapevolezza: l’investigazione moderna, fondata sull’analisi, la cooperazione internazionale e la lettura economica dei fenomeni mafiosi, era la strada giusta”.

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