E’ durata giusto il tempo di qualche annuncio la solidarietà verso i pescatori siciliani che nei mesi scorsi avevano alzato la voce contro le criticità che negli anni, accumulandosi, hanno messo in ginocchio l’intero comparto. Le proteste dei pescatori delle Eolie e di Sciacca era persino sbarcata all’Ars, ottenendo l’impegno, da parte del Dipartimento regionale della Pesca Mediterranea, di rimodernare e mettere in atto i Piani di gestione locali (CLICCA QUI). Uno scossone che aveva smosso anche i piani alti di Bruxelles. Ma quella lampadina che sembrava essersi accesa, adesso, piano piano, sta vedendo la sua luce perdere sempre più intensità, fino alla totale oscurità. Il settore ittico dell’Isola, così come potrebbe accadere nel resto d’Europa, rischia di perdere la sua fonte di sostentamento primario: i fondi europei.
Il bilancio Ue dimentica la pesca: cosa succederà al Feampa?
Progetti, bandi, finanziamenti e fondi ad hoc oggi sono riferibili tutti all’Europa e proprio in tal senso il Feampa si è rivelato negli anni una bocca d’ossigeno essenziale per la sopravvivenza della pesca e dei suoi operatori. Il Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura adesso, però, potrebbe essere racchiuso in un contenitore più ampio: il Fondo per la prosperità e la sicurezza economica, territoriale, sociale, rurale e marittima sostenibile. La nuova architettura disegnata e prevista dalla proposta di bilancio Ue 2023-2034, così come presentata, raggruppa i fondi di coesione, l’agricoltura e la pesca in un unico maxi-capitolo da 865 miliardi di euro. Di fatto, il comparto ittico viene assorbito perdendo la sua linea autonoma di finanziamento.
Il documento prevede una dotazione di duemila miliardi di euro. Una cifra veramente imponente, dove a beneficiarne saranno soprattutto la difesa, i cui fondi sono addirittura quintuplicati, il digitale e l’innovazione. Sul fronte opposto a perdere saranno ambiti attualmente in grandi fasi di rivoluzione come l’agricoltura e la pesca. Proprio per quanto concerne il Feampa la preoccupazione schizza alle stelle. La dotazione finanziaria stimata è di soli 2 miliardi di euro, a fronte dei 6,1 miliardi assegnati per il periodo 2021-2027. Un quadro che si complicherebbe con l’assenza di parametri obbligatori per il cofinanziamento degli investimenti nelle imbarcazioni superiori a 12 metri. La responsabilità dell’allocazione delle risorse viene così interamente rimandata agli Stati membri, con il rischio di un’applicazione disomogenea sul territorio europeo e la perdita del principio di equità all’interno del mercato unico.
Tagliato il 68% dei fondi alla pesca
Proprio quest’ultimo passaggio è fondamentale per comprendere il funzionamento di questo nuovo piano finanziario e fondo-calderone. Ogni Paese avrà più libertà su come usare i fondi europei destinati al settore. Questo grazie ai Piani di Partenariato Nazionali e Regionali. Per la Commissione si tratta di una fusione che garantirà maggiore coerenza, flessibilità e semplificazione delle procedure. Nei fatti questa novità potrebbe creare più problemi che benefici, con conseguenze sistemiche: la riduzione della produzione interna, la crescita della dipendenza dalle importazioni alimentari e l’aumento dei prezzi al consumo. Tra chi ha avuto nel passato maggiori difficoltà nelle ridistribuzione dei fondi c’è l’Itala, con il rischio concreto che Regioni come la Sicilia restino più indietro. Le piccole marinerie, i pescatori artigianali e le cooperative locali sono senza ombra di dubbio le realtà maggiormente esposte al pericolo e che nei prossimi due anni proveranno a farsi sentire con più forza che mai.
Secondo i dati di Confcooperative Fedagripesca il drastico taglio del 68% ai fondi destinati alla pesca professionale in Europa metterebbe a rischio 7 imprese ittiche su 10. In Europa la pesca professionale garantisce 350.000 occupati diretti, fornisce il 65% del pesce consumato nell’Ue con un fatturato annuo di 37 miliardi di euro e sostiene 3.000 comunità costiere preservando identità e tradizioni secolari. La drastica riduzione dei fondi, denuncia l’associazione, comprometterebbe tre pilastri fondamentali: la sicurezza alimentare, la transizione ecologica, poiché senza fondi saranno impossibili rinnovi flotte, tecnologie verdi e contrasto alla pesca illegale, e la coesione sociale, mettendo a rischio il futuro di intere aree costiere già fragili.
Il quadro in Sicilia
E proprio la Sicilia rischia di essere la grande penalizzata. Non è di certo un segreto che la pesca al largo delle coste dell’Isola dipenda esclusivamente dai fondi Ue. Lo confermò ai tempi dell’ultima Finanziaria l’assessore al ramo Salvatore Barbagallo (CLICCA QUI), all’interno della quale non compariva nessun provvedimento, e con rammarico, puntando il dito contro la Regione lo aveva sottolineato successivamente anche l’eurodeputato e componente della Commissione Pesca (Pech) Giuseppe Lupo (CLICCA QUI). E nulla sarà previsto anche all’interno della variazione di bilancio (qualora dovesse arrivare a Sala d’Ercole). Il PD ha annunciato di aver presentato un emendamento aggiuntivo che prevede ristori alle imprese di pesca della marineria di Sciacca sottoposte a misure restrittive nella pratica della pesca volante a coppia nelle acque di competenza del Co.Ge.Pa. di Mazara del Vallo. Considerando però le difficoltà vigenti e quanto effettivamente il testo sia blindato, le possibilità che la proposta vada in porto sono veramente scarse.
Poi ci sono anche i cambiamenti climatici e il caro gasolio. “Quando andiamo per mare – aggiunge – a fine giornata a bordo tiriamo reti quasi vuote, oppure rischiamo di catturare pesce appena nato, quindi non commercializzabile“. Avevano gridato a gran voce nei giorni scorsi i pescatori di Sciacca. A scarseggiare sono tutte quelle specie autoctone, simbolo del Mediterraneo: alici, sarde, tutto il pesce azzurro e i gamberi. “Il pesce nel Mediterraneo è sempre di meno, e i giorni di lavoro in una settimana si contano ormai sulle dita di una mano. Non percepiamo alcun reddito, a differenza di altre regioni costiere italiane che, invece, stanno aiutando i loro pescatori. Aumenta ogni giorno il numero di quelli che preferiscono lasciare il settore, dedicandosi all’agricoltura o all’edilizia oppure emigrando verso il Nord Italia, alla ricerca di un reddito più garantito“.