I Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo nel corso della notte hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere – emessa del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Palermo su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di due palermitani, di 34 e 35anni pregiudicati, ritenuti responsabili, di tentata estorsione in concorso aggravata dal metodo mafioso.
Il provvedimento restrittivo scaturisce dalle indagini condotte dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Palermo, su delega della locale D.D.A., i cui esiti hanno consentito di acquisire un grave quadro indiziario, in ordine alla sussistenza di un articolato e violento progetto estorsivo posto in essere nei confronti di un imprenditore titolare di un’attività economica e di altre società.
Gli indagati, in concorso tra loro e con altri complici non ancora identificati, prospettando di operare nell’interesse dell’associazione mafiosa “cosa nostra” (nello specifico della famiglia “mafiosa” di Brancaccio/ Corso dei Mille), avrebbero minacciato sia implicitamente che esplicitamente la vittima arrivando perfino ad aggredirla fisicamente.
Dagli elementi raccolti nel corso dell’indagini, avviate grazie alla denuncia dall’imprenditore, i Carabinieri hanno potuto ricostruire le diverse fasi della vicenda, delineando che, i due indagati – per realizzare il disegno criminoso – avrebbero imposto all’imprenditore il c.d. “pizzo”, consistente nel pagamento di 1.500 euro mensili o in alternativa, l’inserimento di un loro sodale nella società, ovvero il versamento in un’unica soluzione della somma di 15.000 euro, oppure in ultima istanza, la chiusura dell’attiva.
Come disposto dall’Autorità Giudiziaria i due indagati, sono stati associati presso la casa circondariale “LO RUSSO – Pagliarelli”.
È obbligo rilevare che gli odierni indagati sono, allo stato, solamente indiziati di delitto, seppur gravemente, e che la loro posizione verrà vagliata dall’Autorità Giudiziaria nel corso dell’intero iter processuale e definita solo a seguito dell’eventuale emissione di una sentenza di condanna passata in giudicato, in ossequio ai principi costituzionali di presunzione di innocenza.