La società Italo-belga che gestisce parte della spiaggia palermitana di Mondello ha dato mandato ai propri legali di tutelare, nelle sedi giudiziarie, la propria immagine da “tutte le notizie infondate ed i commenti diffamatori” riportati nel programma “Lo Stato delle Cose“ su Rai3 ieri sera dal deputato regionale Ismaele La Vardera e dal conduttore Massimo Giletti. Nella trasmissione è stato detto che nella società lavorano Rosario Genova, nipote del boss mafioso in carcere Salvatore Genova, e altre due persone legate da rapporti di parentela col mafioso.
“Nessuna ingerenza nella gestione dello stabilimento balneare – scrive il presidente del Cda Antonio Gristina – oggetto di regolare concessione demaniale marittima, può essere attribuita a soggetti diversi rispetto al consiglio di amministrazione della Società. Attribuire la gestione della spiaggia a ‘parenti di noti mafiosi di Palermo’ si risolve in una aggressione diffamatoria inequivocabilmente lesiva dell’immagine della Società che ha sempre operato e continua ad operare nel proprio settore di interesse nel rispetto della legalità e senza condizionamento alcuno”.
“Sulle effettive mansioni del dipendente Rosario Genova – continua – soggetto incensurato, è opportuno precisare che lo stesso, inquadrato con la qualifica di ‘operaio’ da circa un trentennio, ricopre un mero ruolo esecutivo volto al coordinamento delle attività del personale che opera in spiaggia, costituite dalla quotidiana assistenza agli avventori ed alla sistemazione e manutenzione quotidiana degli arredi amovibili dei lidi (ombrelloni, lettini, sdraio ed attrezzature varie). Detta attività, meramente esecutiva rispetto alle direttive adottate dagli uffici amministrativi della Società, esclude in capo al dipendente Rosario Genova un ruolo di responsabilità e di gestione anche solo del personale”.
Gristina scrive ancora: “La circostanza emersa nel corso della trasmissione secondo cui tre dipendenti della Mondello Italo Belga (a fronte di un organico complessivo di circa 160 dipendenti) siano legati da rapporti di parentela con Salvatore Genova, soggetto del tutto sconosciuto alla compagine societaria, condannato per associazione mafiosa e ritenuto capo mandamento della famiglia di Resuttana, non può essere valutato automaticamente come indice di cointeressenze o condizionamento della Società”. “Quanto alla ulteriore affermazione – aggiunge – secondo la quale il “ristorante Charleston era gestito dalla mafia” e nello specifico per il tramite di Bartolo Genova, è necessario puntualizzare che il suddetto ristorante è sempre stato affidato dalla Società a soggetti terzi che ne hanno curato direttamente la relativa gestione”.