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Il multilateralismo come antidoto?

Polibio, la guerra e l’implosione degli imperi: dal crollo di Roma alla fase del tramonto del predominio americano

sabato 27 Settembre 2025
Assalto a Capitol Hill nel 2021

Polibio, storico greco del II secolo a.C., fu testimone diretto delle tensioni che logoravano Roma nel momento della sua massima espansione. Le sue “Storie” raccontano come la potenza non si consumi solo sui campi di battaglia, ma soprattutto dall’interno, attraverso crisi sociali, squilibri economici e leadership incapaci di governare le moltitudini.

Con questo terzo articolo prosegue il viaggio dentro l’attualità riletta attraverso le lenti di Polibio. Attraverso aneddoti delle “Storie” e confronti con il presente, abbiamo provato ad esplorare e comprendere le nuove geografie del potere, il ritorno della logica degli imperi e la fragile promessa del multilateralismo.

Dopo aver indagato i cicli politici e la crisi delle democrazie occidentali, e aver attraversato le piazze del mondo tra proteste e rivoluzioni, ora il focus si sposta sul cuore del potere: la guerra e le dinamiche imperiali nel momento delle crisi interne e globali.

Polibio e il presente: l’anaciclosi, attualità di uno sguardo antico sulla crisi occidentale e la nuova geopolitica multipolare

Polibio descrisse con lucidità come la potenza militare e l’equilibrio delle istituzioni determinarono l’ascesa e il declino di Roma. Oggi, quelle stesse categorie sembrano riaffiorare davanti alla crisi del predominio occidentale fino alle forti tensioni interne che scuotono gli Stati Uniti. , il pensiero polibiano si rivela straordinariamente attuale.

I paralleli fra la crisi dell’impero romano e quella dell’ordine mondiale dominato dagli Stati Uniti illuminano i dilemmi del presente: conflitti come l’Ucraina e Gaza, competizione per le nuove tecnologie, costruzione di blocchi economici e militari alternativi.

Questo articolo che chiude il ciclo adesso esplora, con il supporto degli aneddoti storici di Polibio, la dinamica che lega il declino delle egemonie e la nascita di nuove forme di multilateralismo.

 

Polibio testimone delle crisi imperiali romane

 

Cartagine la caduta

Polibio non fu un intellettuale da biblioteca, ma un osservatore immerso nella politica e nella guerra. Vivendo a Roma dopo la sconfitta della sua città, poté osservare dall’interno la potenza repubblicana, i suoi fasti e le sue fragilità. Tra gli episodi che descrive nelle Storie, spicca il racconto dell’assedio e della distruzione di Cartagine (146 a.C.). L’Urbe annientò il suo rivale storico e apparve invincibile.

Ma Polibio coglieva già una contraddizione: le vittorie esterne non nascondevano le crepe interne, la crescente disuguaglianza sociale, la tensione tra élite e popolo, la fragilità di un sistema che non sempre sapeva contenere le passioni collettive.

Roma vinse la sua guerra più importante, ma al prezzo di inasprire squilibri economici e sociali. Per Polibio, il pericolo più grande per un impero non veniva solo dai nemici esterni, ma dal logoramento interno che segue alle conquiste. È una lezione che risuona nel presente: gli Stati Uniti hanno vinto la Guerra fredda e si sono ritrovati potenza unipolare, ma la gestione della supremazia ha aperto nuove crepe nella società americana.

 

Roma e gli Stati Uniti: come le egemonie vengono logorate “dall’interno”

 

L’uccisione di Tiberio Gracco

Un altro episodio chiave delle Storie è la vicenda delle leggi agrarie di Tiberio Gracco (133 a.C.). Polibio, sebbene non le narri direttamente, visse in quell’epoca e conosceva bene le tensioni di un impero in trasformazione: i contadini, spina dorsale dell’esercito romano, venivano impoveriti dalle guerre continue e dalle concentrazioni di terre nelle mani dei patrizi. Tiberio tentò di redistribuire la terra, ma l’opposizione dei senatori fu feroce, fino all’assassinio del tribuno. L’episodio segna per molti storici l’inizio del declino della Repubblica.

Oltre alle leggi agrarie di Tiberio Gracco, Polibio racconta un altro episodio emblematico: la gestione della Libia dopo le campagne militari romane in Nord Africa. La distribuzione diseguale delle ricchezze conquistate e la centralizzazione dei poteri locali generarono malcontento tra la popolazione e tensioni tra le élite, dimostrando ancora una volta come l’espansione esterna senza un’adeguata riforma interna porti a fragilità dell’impero.

Biden e Trump

Negli Stati Uniti, pur con dinamiche diverse, il parallelismo è evidente. Dopo decenni di crescita economica, la disuguaglianza interna ha raggiunto livelli record. I debiti studenteschi gravano su intere generazioni, la sanità resta un privilegio più che un diritto, la politica è sempre più polarizzata, nello scontro tra Trump e Biden degli ultimi anni , hanno mostrato due schieramenti (repubblicani e democratici) incapaci di dialogare, alzando i toni dello scontro ben oltre la sfera politica. Come Roma, anche Washington rischia di logorarsi dall’interno proprio mentre cerca di mantenere il primato globale.

La crisi dei subprime del 2008 e il conseguente crollo del mercato immobiliare hanno mostrato come le disuguaglianze economiche possano diventare un fattore destabilizzante. Il concentramento della ricchezza nelle mani di pochi, l’aumento dei debiti familiari e l’erosione della classe media hanno amplificato la percezione di ingiustizia sociale, alimentando il malcontento interno e la polarizzazione politica, proprio come a Roma la concentrazione di terre e ricchezze aveva indebolito la Repubblica.

Il cuore dell’impero si divide mentre la sua autorità all’esterno vacilla.

 

Guerre lontane e consenso eroso: da Giugurta a Baghdad e Kabul

 

La guerra Giugurtina

Polibio racconta anche la guerra giugurtina, un conflitto combattuto da Roma in Nord Africa alla fine del II secolo a.C. Non fu la guerra più importante, ma un caso emblematico: costosa, lontana, logorante, e soprattutto segnata da corruzione e favoritismi che scandalizzarono i cittadini romani. Il console che avrebbe dovuto chiudere rapidamente il conflitto venne accusato di incompetenza e di arricchirsi sulle spalle dello Stato. Roma vinse, ma la fiducia dei cittadini nelle élite ne uscì profondamente incrinata.

Oltre alla guerra giugurtina, Polibio narra il conflitto in Numidia tra Roma e Massinissa, un episodio segnato da lunghi assedi e rivalità tra generali romani, dove la gestione delle risorse e della fedeltà dei popoli sottomessi mise a dura prova la stabilità interna. La popolazione, stanca delle imposizioni e dei conflitti continui, sviluppava sfiducia nei confronti delle élite romane, dimostrando che le guerre lontane logorano il consenso.

War in Afghanistan (2001-2021)

Il parallelo con le guerre americane in Iraq e Afghanistan è quasi automatico. Due conflitti che hanno bruciato trilioni di dollari, consumato vite umane e logorato il consenso interno. Ufficialmente combattute per esportare democrazia e garantire sicurezza, sono state percepite sempre più come guerre inutili, simili a quella giugurtina: lontane, interminabili, incapaci di produrre risultati proporzionati ai costi. Così come Roma dovette affrontare un’opinione pubblica disillusa, anche Washington ha visto crescere scetticismo e sfiducia nelle proprie élite politiche e militari.

Nel presente, la situazione a Gaza mette in luce dinamiche simili. Gli Stati Uniti faticano a stabilizzare la regione e a mantenere un controllo credibile su Israele, che opera con autonomia quasi totale. Questo danneggia l’immagine americana non solo nei paesi arabi, ma anche a livello globale, riducendo la credibilità degli Stati Uniti come mediatore internazionale e minando la percezione di autorevolezza che era stata costruita nel dopoguerra.

Le difficoltà a imporre ordine e giustizia in contesti lontani continuano a logorare il consenso interno e internazionale.

 

Multilateralismo in costruzione: le “leghe achee” del XXI secolo

 

Polibio aveva vissuto in prima persona il progetto della Lega achea, una confederazione di città-stato greche nel Peloponneso, è descritta da Polibio come un esempio di cooperazione tra città diverse per bilanciare il potere dominante senza rinunciare alla propria autonomia. Polibio evidenzia come la Lega, pur non essendo un impero, rappresentasse un tentativo di resistere all’espansione macedone e poi romana. Un episodio significativo riguarda la riconquista di Mantinea descritto da Polibio nel Volume 1 de #Le Storie” nei libri (I IV):

La Lega Achea

“Mantinea, dapprima, lasciata volontariamente la Lega achea, si consegnarono agli Etoli, poi passarono a Cleomene. […] non solo non furono in alcun modo puniti per il loro comportamento, ma anzi l’episodio della riconquista di Mantinea divenne famoso per il rapido mutamento nella condotta di entrambe le parti.”

Questo episodio ha illustrato la flessibilità politica in quel periodo della Lega e la sua capacità di adattarsi alle circostanze, mantenendo un equilibrio tra autonomia locale e cooperazione centrale.

La lega non era un impero, ma un’alleanza fondata su principi di cooperazione. Nonostante le difficoltà, rappresentò uno dei più interessanti esperimenti di multilateralismo antico.

BRICS summit in brasile 2025

Oggi vediamo nascere coalizioni simili. I BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) e l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) rappresentano coalizioni emergenti che sfidano l’ordine internazionale dominato dagli Stati Uniti e dal dollaro. Questi gruppi cercano di promuovere un sistema multipolare attraverso iniziative economiche e politiche condivise.

Nel 2024, i BRICS hanno introdotto il sistema di pagamento BRICS Pay, progettato per facilitare transazioni tra banche centrali dei paesi membri, riducendo la dipendenza dal sistema SWIFT e dal dollaro statunitense. Questo sistema mira a rendere i pagamenti internazionali più sicuri, trasparenti e meno costosi, promuovendo l’uso delle valute locali nelle transazioni transfrontaliere .

Parallelamente, è stato proposto il BRICS Cross-Border Payment Initiative (BCBPI), un’iniziativa che incoraggia l’uso delle valute nazionali nei commerci tra i membri, come parte di uno sforzo più ampio per creare un’alternativa al sistema finanziario dominato dall’Occidente .

Shanghai Cooperation Organization (SCO) Summit 2025

La SCO, composta da paesi come Cina, India, Russia, Kazakistan e altri, ha promosso l’integrazione economica e politica attraverso iniziative come il Consorzio Interbancario SCO, creato nel 2005 per finanziare congiuntamente progetti di sviluppo tra i membri . Nel 2025, durante il vertice di Tianjin, è stato annunciato un ulteriore impegno finanziario di 10 miliardi di yuan per il periodo 2026-2029, evidenziando l’intensificazione della cooperazione economica tra i membri .

Inoltre, la SCO ha discusso la creazione di una banca di sviluppo SCO, un passo significativo verso la costruzione di un sistema finanziario alternativo che sfida le istituzioni finanziarie occidentali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale .

La Shanghai Cooperation Organization (SCO) promuove cooperazione in sicurezza ed energia tra Asia centrale, Cina e Russia. Il G20, pur nato come forum economico, è sempre più il luogo in cui si confrontano visioni opposte di globalizzazione.

Sono queste le nuove “leghe achee” geopolitiche del XXI secolo: fragili, eterogenee, ma capaci di erodere l’egemonia di un singolo impero,  simili alle alleanze dell’antichità come la Lega Achea descritta nelle “Storie” di Polibio.

Proprio come la Lega Achea cercava di bilanciare il potere di Roma nel Mediterraneo orientale, i BRICS e la SCO mirano a bilanciare l’influenza degli Stati Uniti e delle sue alleanze. Tuttavia, mentre la Lega Achea si è dissolta a causa di conflitti interni e pressioni esterne, la sostenibilità di queste nuove coalizioni dipenderà dalla loro capacità di mantenere coesione interna e di affrontare le dinamiche geopolitiche globali e il suo allargamento tra diversi paesi.

 

Cina, India, Russia: i nuovi “barbari” alle porte?

 

Roma definiva “barbari” i popoli esterni, ma Polibio sottolineava come molti di essi fossero dotati di organizzazione, cultura, capacità militare. Spesso non erano soltanto nemici da combattere, ma interlocutori con cui trattare, popoli che avrebbero finito per plasmare Roma stessa. I Galli, i Germani, i Cartaginesi: tutti, a loro modo, contribuirono a trasformare l’impero.

Xi Jinping, Putin e Modi

Oggi la retorica americana guarda a Cina, Russia, India e altri attori come a rivali sistemici. Eppure questi paesi non sono meri antagonisti: rappresentano economie dinamiche, culture millenarie, nuove potenze che stanno costruendo infrastrutture, tecnologie e mercati alternativi.

Un episodio emblematico è la fondazione della Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) da parte della Cina nel 2015. Molti paesi occidentali guardarono con sospetto a questa istituzione parallela al FMI e alla Banca Mondiale, ma decine di stati – inclusi alleati tradizionali di Washington – decisero di aderirvi. Un segnale chiaro che il centro di gravità dell’economia mondiale si sta spostando.

 

Crisi interne americane: tra Cesare e Capitol Hill fino all’omicidio Kirk

L’anaciclosi di Polibio descrive il passaggio ciclico delle forme di governo. Nelle Storie, egli osserva come le tensioni interne possano condurre alla concentrazione del potere nelle mani di un solo uomo. L’ascesa di Cesare, pur posteriore al suo tempo, rappresenta esattamente quel rischio: la Repubblica, incapace di governare le proprie divisioni, si affidò a un leader carismatico e militare. Da lì nacque l’Impero.

Assalto a Capitol Hill

Negli Stati Uniti oggi, ci sono segni concreti di quella stessa fragilità. L’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 segnò un momento di rottura istituzionale: un attacco alla natura stessa del governo rappresentativo. Ma gli eventi più recenti mantengono alta la tensione.

Nel settembre 2025, l’omicidio di Charlie Kirk, noto attivista conservatore alleato di Donald Trump, mentre teneva un comizio universitario nello Utah, ha scosso profondamente il tessuto politico.

Kirk è stato colpito al collo da un proiettile durante il suo discorso al campus universitario, un evento che molte correnti politiche hanno considerato un vero e proprio assassinio politico.

Gli account social di Kirk, già influente, hanno visto un’impennata di visualizzazioni e follower: la sua presenza digitale è cresciuta enormemente dopo la morte, come spesso accade quando le condizioni estreme trasformano una figura in simbolo.

Pochi giorni dopo, l’amministrazione Trump ha emanato un memorandum per contrastare quella che ha definito “violenza politica organizzata”, accusando movimenti di sinistra di orchestrare tumulti, financo doxxing, pur in assenza di prove che colleghino questi gruppi in modo organico agli eventi più gravi.

L’obiettivo dichiarato è identificare e destabilizzare organizzazioni radicali, investigarne i finanziamenti, potenziare l’azione penale contro disordini e proteste violente. Ma molti critici interpretano queste misure come strumenti di repressione politica, un ulteriore segnale che le élite temono la moltitudine.

Charlie Kirk

C’è inoltre l’assalto al potere simbolico: il fatto che un attivista come Kirk, giovane, carismatico, profondamente connesso ai social media, sia diventato un bersaglio evidenzia quanto la polarizzazione abbia assunto forme violente. Le sue idee, benché controverse, mobilitavano non solo tramite atti fisici, ma tramite narrazioni digitali che alimentavano la divisione.

Parallelamente, la cultura della violenza quotidiana – sparatorie, attacchi agli uffici ICE, tensioni legate all’immigrazione – alimenta l’insicurezza pubblica. Un episodio recente: un uomo ha sparato da un edificio vicino un ufficio dell’ICE a Dallas, uccidendo un detenuto e ferendone altri due, prima di togliersi la vita. Il gesto è stato indirizzato contro ICE, percepito come simbolo delle politiche migratorie che dividono il paese.

Questi eventi si inseriscono in uno sfondo fatto di disuguaglianze persistenti, crescente diffidenza verso la democrazia rappresentativa, e una coesistenza sempre meno sana tra opinione pubblica reale e mass media/social. L’“oclocrazia digitale” di Polibio si materializza qui: la moltitudine non è più solo piazza fisica, ma flussi digitali che definiscono narrazioni, confermano identità, agitano tensioni.

Polibio avrebbe compreso che l’assassinio di una figura politica diventi catalizzatore: non solo per la tragedia in sé, ma per il messaggio che invia alla moltitudine – che il dissenso può essere punito, che la sicurezza è diventata politica, che l’autorità stessa è esposta.

Il parallelo con Cesare è storico: nella crisi della Repubblica romana, le azioni politiche, le guerre civili, l’uso del potere militare interno, l’erosione dei confini tra la legge e la forza autoritaria, tutti elementi che si preparano nel terreno della divisione sociale.

 

Il multilateralismo come antidoto? Lezioni di Polibio per il XII secolo

Polibio non fu mai un ingenuo ottimista. Egli sapeva che i cicli si ripetono e che gli imperi finiscono. Ma era anche convinto che istituzioni miste, capaci di bilanciare poteri diversi, potessero allungare la durata di una civiltà. Oggi il multilateralismo rappresenta forse quel contrappeso: un sistema non più dominato da un’unica potenza, ma da reti di cooperazione e competizione.

La domanda è se queste “leghe achee” globali riusciranno a evitare il collasso o se diventeranno soltanto nuove forme di conflitto.

La storia, per Polibio, non era un destino già scritto, ma un insegnamento. Roma cadde non solo per l’assalto dei barbari, ma perché non seppe riformare se stessa. Gli Stati Uniti affrontano oggi una sfida simile: guerre infinite che hanno logorato il consenso, disuguaglianze interne che dividono la società, sfide esterne che mettono in discussione la loro egemonia. La Cina, i BRICS, le nuove istituzioni finanziarie rappresentano non solo concorrenti, ma alternative che rispecchiano il desiderio di un ordine più equilibrato.

Polibio

La lezione di Polibio è semplice e potente: gli imperi finiscono quando smettono di ascoltare la propria comunità e quando non riescono a rinnovare le proprie istituzioni.

La domanda del XXI secolo non è se l’America manterrà il primato, ma se il mondo saprà costruire un ordine multipolare capace di evitare i disastri del passato.

Come scriveva Polibio, la fortuna delle nazioni dipende non solo dalla forza delle armi, ma dalla saggezza delle Istituzioni.

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