Non solo pizzo. La mafia si è evoluta. Ha trovato nuove declinazioni. Nuovi modi di ramificarsi nel territorio. Dal cavallo di ritorno alle feste di piazza, passando per fenomeni di connivenza quali la “messa a posto”. Ovvero il caso in cui è l’imprenditore a cercare Cosa Nostra per avere una sorta di protezione. Patologie della società civile trattate nel libro “Mafia e Pizzo. Pagare non pagare“. Un volume scritto da Elio Sanfilippo e Maurizio Scaglione, edito da Nicola Macaione e presentato questo pomeriggio nell’ambito della “Festa dell’Unità“. Evento organizzato dalla segreteria provinciale del Partito Democratico a Villa Filippina. Oltre ai due autori del libro, hanno preso parte alla presentazione anche Emilio Miceli, presidente del Centro Studio Pio La Torre, e Costantino Visconti, professore ordinario di Diritto penale a Unipa.
Festa dell’Unità, presentato il libro “Mafia e Pizzo. Pagare non paga”

A spiegare l’origine del volume è uno dei due autori, Elio Sanfilippo. “Il libro racconta la storia del pizzo in Sicilia. Come è nato. Come si è sviluppato. Quali sono i guasti profondi che ha provocato nell’economia e nella società siciliana. Vuole essere un momento di riflessione ma anche uno stimolo per rilanciare la lotta alla mafia. Siamo convinti che togliendo alla mafia lo strumento del pizzo, comincerà il declino di Cosa Nostra“. Un libro che ripercorre la storia ma che trova facili sponde nella cronaca viva. Nelle ramificazioni di Cosa Nostra nel mondo dell’imprenditoria e nelle istituzioni. “Questa non è una novità. E’ una costante nell’attività della mafia, la quale tende sempre a piegare e distorcere le istituzioni democratiche. Occorre elevare i controlli. Se non c’è questo, aumenta la permeabilità delle istituzioni a questo fenomeno”.

Ma come sconfiggere un fenomeno tanto antico, quanto ramificato? A spiegare è Maurizio Scaglione, co-autore del libro. “La mafia sta attenta a due cose. La prima è il silenzio. Non vuole che si parli di temi come il pizzo. La seconda è il denaro. Il mafioso non teme la morte o il carcere. Ha paura quando gli si tocca il potere economico. Per questo è importante parlarne. Quando un imprenditore cede alla cosiddetta messa a posto, si è condannato da solo. L’invito è leggere il nostro libro, partecipare a tutti gli appuntamenti in modo da togliere alla mafia il silenzio“.

Ed è proprio sul tessuto economico che si focalizza Costantino Visconti, professore ordinario di diritto penale all’Università degli Studi di Palermo. “Questo libro permette di ricostruire la storia recente della mafia dal punto di vista degli imprenditori. A partire dal pizzo e dalle estorsioni. Fa uscire fuori la storia, poco conosciuta, degli imprenditori che si sono ribellati al pizzo in maniera silenziosa. Abbiamo i nomi e i cognomi, ma non ne conosciamo la storia. Imprenditori che sono stati uccisi prima di Libero Grassi, prima del 1991. E’ un aspetto che merita di essere approfondito e che ci fa capire che la ribellione del ceto imprenditoriale siciliano è iniziata già prima. C’è un grande lavoro da fare, ma con radici profonde“.

Emilio Miceli, presidente del Centro Studio Pio La Torre, aggiunge: “Cosa nostra non ha mai abbandonato nessuna attività economica illegale. Anche quando raffinava ed esportava eroina continuava ad esercitare il racket, anche per pochi spiccioli. È sempre stato il modo attraverso cui esercitare il proprio dominio sulla società.
L’estorsione è stata forma di dominio, vessazione, ma anche paradossalmente opportunità per alcuni imprenditori di potere azzerare la concorrenza. Si paga pure per affermare il monopolio dei propri prodotti. Per questi motivi il racket è un fenomeno complesso e bisogna assumercene tutta la complessità”.