Un incontro chiarificatore per deporre le armi e guardare insieme al futuro. E’ questo il racconto offerto dal vertice di maggioranza andato in scena ieri tra le mura di Palazzo d’Orléans. Poche rivendicazioni e nessun lancio di coltelli. Sono bastate circa tre ore per riallineare Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega, Democrazia Cristiana, Mpa e Noi Moderati. Delle fratture che apparivano quasi impossibili da ricucire e che invece oggi non sanguinano più. Nessuno ha voglia di tornare alle urne. E’ abbastanza evidente, ma il metodo va modificato e qualche ingranaggio va riposizionato nel modo giusto.
Una, però, è la certezza: la Finanziaria non può incontrare ostacoli. Il presidente della Regione Renato Schifani è stato chiaro: la legge di Stabilità va approvata entro il 31 dicembre e non sono ammessi passi falsi, esattamente come nei due anni precedenti. C’è bisogno di equilibrio e stabilità. E così niente rimpasto o “rimpastino”, ma sicuramente dei punti di incontro da cui ripartire per portare a casa l’ultimo biennio che resta e chissà magari pensare anche ad un bis. La parola d’ordine? Dialogo.
ilSicilia.it già ieri aveva anticipato alcuni dei temi sotto la lente di ingrandimento e sollevati nel corso dell’incontro (CLICCA QUI), ma scendiamo un po’ nel dettaglio per cercare di comprendere o prevedere che ultimi mesi del 2025 saranno per la Sicilia, e non solo.
Tregua tra Schifani e FdI
“Ricomposizione piena, clima serenissimo e costruttivo. Era quello che ci aspettavamo. Non è stato un incidente di percorso, ma un qualcosa di fisiologico“. Sono state queste le prime considerazioni del commissario regionale di Fratelli d’Italia Luca Sbardella, rilasciate all’agenzia di stampa Italpress. Forse uno degli attori protagonisti più attesi al vertice. Riavvolgendo il nastro e ripensando alla seduta di Sala d’Ercole di giovedì scorso, probabilmente qualcuno avrà pensato ad una possibile assenza dei meloniani, considerando anche l’ultimo vertice di giunta, dove a disertare furono tre assessori su quattro. E invece no. Questa volta FdI si è presentata compatta, trainata appunto da Sbardella e dal suo capogruppo all’Ars Giorgio Assenza, e ha espresso più di qualche considerazione.
Un esempio? Includere ai prossimi vertici di maggioranza anche il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno e il presidente della II Commissione Bilancio Dario Daidone. Una richiesta non così a caso. Come detto ieri, infatti, tra le insofferenze di Fratelli d’Italia ci sarebbe anche il non aver gradito la sempre minore influenza, verificatasi negli ultimi mesi, rispetto a questi tre anni di governo Schifani, e in particolar modo il non aver messo bocca sulla manovra quater, la quale sarebbe stata campo esclusivo del governatore e dell’assessore all’Economia Alessandro Dagnino. Il tutto nonostante alla guida della II Commissione Bilancio ci sia proprio un meloniano (CLICCA QUI).
Poi quella che, da Palermo a Catania, è stata definita la “guerra della sanità”. Dalla riconferma di Salvatore Iacolino al vertice del Dipartimento alla Pianificazione Strategica dell’assessorato regionale alla Salute alla nomina di Gianfranco Di Fede a direttore sanitario dell’Asp di Catania. Quest’ultima la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, in quanto frutto dell’asse Forza Italia-Lega-Mpa. Voci autorevoli tra i corridoi di Palazzo d’Orleans sostengono che Schifani abbia rassicurato gli alleati, garantendo un “riequilibrio”. Il tutto fa pensare che a tremare sia proprio la posizione di Iacolino. Le prossime settimane saranno decisive e potrebbero riservare novità e profili differenti.
Un punto di incontro tra le parti si sarebbe verificato anche parlando di voto segreto. Schifani e Sbardella si sarebbero dimostrati uniti sulla possibilità di abolirlo. Ultimo impiego proprio in occasione della votazione della manovra quater. Avanzato su proposta delle opposizioni, 17 sono stati i franchi tiratori che si sono accodati a Partito Democratico e Movimento 5 Stelle. Tra questi si registrano deputati di FdI e FI. Numeri alla mano, però, i franchi tiratori si sarebbero annidati un po’ in tutti i partiti della maggioranza. Ma ci sono importanti precedenti, tutti in poco meno di qualche mese: il ddl sul riordino dei Consorzi di Bonifica e alcuni articoli della manovra ter.
Niente rimpasto… prima la Finanziaria
Così si giunge alla domanda più gettonata: e il rimpasto? Niente da fare. Eppure giovedì notte e venerdì mattina, tra le stanze di Palazzo dei Normanni, non si parlava d’altro. L’unico, ieri, a sollevare qualche perplessità sarebbe stato Raffaele Lombardo, leader dell’Mpa, non nuovo a queste richieste.
Non se ne parla, prima vengono le priorità. Ad oggi non ci sono dubbi: il primo punto nell’agenda di governo è la Finanziaria. Un altro elemento balza all’occhio in tal senso. Nei mesi scorsi il governo ha tagliato un traguardo importante: un surplus di oltre 2 miliardi e 250 milioni. Un importante sospiro di sollievo per le casse della Regione, che ha visto azzerare il proprio disavanzo e che adesso si trova davanti a sfide e scommesse da non perdere. Un treno da non farsi scappare.
Eppure, fino a poche ore fa, ad essere in bilico era proprio l’assessore all’Economia Alessandro Dagnino, bersaglio della trasversale e inedita maggioranza nel corso della votazione della variazione di Bilancio e che porta dietro di sé l’essere considerato “troppo tecnico”, anche se sulla carta risulterebbe in quota Forza Italia. Forse se ne parlerà a gennaio, ma ad oggi l’assessorato al Bilancio non può permettersi di perdere il suo timoniere.
Al vertice di maggioranza è stato così deciso di costituire un tavolo tecnico-politico permanente, che avvierà sin da subito un confronto sui temi rimasti in sospeso nella recente variazione di bilancio. Un’attenzione particolare sarà rivolta al lavoro e allo sviluppo. Tornano così alla memoria alcune della misure stracciate, come i laghetti aziendali in agricoltura, il south working o i fondi per l’editoria. Tutti interventi che potremmo ritrovare all’interno della legge di fine anno.
Anche qualche novità inizia a trapelare. Tra le misure da introdurre potrebbe esserci anche una sorta di reddito minimo. Una proposta del gruppo di Noi Moderati, dispendiosa, che richiederebbe una certa attenzione, struttura e programmazione, ma che permetterebbe un aumento in busta paga ai siciliani e garantirebbe qualcosa come 24mila posti di lavoro in più. Ancora nulla di certo, solo una fase embrionale, ma che racchiude l’idea di progettualità che il governo regionale intende mettere in piedi con la prossima Finanziaria.
Capitolo elezioni
Tra i temi al vaglio della coalizione di centrodestra non poteva mancare anche quello relativo alle elezioni, dalle prossime amministrative alla legge elettorale. Esaminiamo un punto per volta.
Per quanto riguarda le amministrative, non è un segreto: nella primavera del 2026 e del 2027 saranno ben 97 i Comuni siciliani chiamati al voto. Tra aprile e giugno del prossimo anno si recheranno alle urne anche centri importanti come Agrigento e Marsala. Insomma, il centrodestra non può permettersi divisioni proprio adesso. Si lavora così affinché i tavoli provinciali, alcuni già aperti, possano trovare un’intesa nel più breve tempo possibile. Tanti i nodi da sciogliere, considerando che in alcuni territori e alcune realtà le crepe della coalizione sono molto più profonde della dimensione regionale.
Capitolo legge elettorale. L’argomento era emerso nel corso della discussione generale del ddl, proveniente da Roma, che prevede l’introduzione del deputato supplente. Primo a chiedere formalmente di aprire un confronto era stato il vicepresidente dell’Ars e deputato regionale del Movimento 5 Stelle Nuccio Di Paola. Poi rilanciato anche da alcuni esponenti della maggioranza, una fra tutte Marianna Caronia che, durante la seduta di mercoledì 24 settembre, aveva evidenziato degli elementi di criticità, contenuti all’interno della normativa, risalente al 2013, quando il presidente della Regione era Rosario Crocetta: l’assenza della doppia preferenza, la soglia di sbarramento al 5%, i collegi, la composizione del listino e il premio di maggioranza. Insomma, una riforma certamente non immediata, che richiederà del tempo, ma la cui esigenza di apportare delle modifiche cammina di pari passo con quella nazionale, per la quale ormai da mesi si vocifera sulla reintroduzione delle preferenze.
Ad oggi, però, non si parla di una nuova struttura della norma, ma solo di un confronto e una considerazione, non molto approfondita, che volge uno sguardo più al futuro che all’attualità, ma che non sembra essere stato accolto accolto con molo entusiasmo dalla Lega e dal suo esponente Luca Sammartino, vicepresidente e assessore all’Agricoltura, allo Sviluppo rurale e alla Pesca Mediterranea.