Buona Epifania e buona Befana cari amici de IlSicilia.it, in questo racconto vogliamo fare incontrare il sacro e il profano che hanno in comune nulla o, forse, più di quanto si immagini. Si narra che, in questo giorno, degli uomini saggi, Magi è un termine di origine persiana, portarono oro, incenso e mirra a Gesù Bambino.
Due sono le versioni riguardo i Re venuti da oriente: secondo una prima, furono spinti da Erode, turbato dalla venuta del “Re dei Giudei”, a scoprire dove si trovasse il piccolo nato, dicendo loro: “Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo” (Vangelo secondo Matteo). Secondo un’altra, invece, i Magi, prima di raggiungere Betlemme si fermarono da Erode per chiedere notizie sulla nascita del nuovo «re dei Giudei», ma il sovrano, all’oscuro di tutto e allarmato, chiese ai Magi di essere informato quando lo avessero, ma questi, però, allertati da un sogno, fecero ritorno al loro paese, lasciando la Palestina in gran segreto.
Anche Giuseppe riuscì a fuggire con la famiglia in Egitto, salvando così Gesù dalla «strage degli innocenti», ordinata dal feroce re per eliminare quello che riteneva il suo temuto concorrente. Seguendo la stella cometa, i Magi, trovati Gesù e sua madre Maria, gli offrirono oro, per omaggiare la regalità del Bambino, incenso, per ricordare la sua divinità, e mirra, per il sacrificio e la sua futura morte, in quanto l’unguento profumato veniva usato nell’antichità per la mummificazione e la conservazione dei defunti. Riguardo al loro numero le fonti sono lacunose e, infatti, se la tradizione ne individua tre, tanti quanti i doni, i vangeli apocrifi, invece, ne indicano dodici, come gli apostoli. Il Vangelo di Matteo lascia intendere che potessero essere sacerdoti di Zoroastro (o Zarathustra, profeta e mistico della regione iraniana), comunque di origine persiana ed esperti di astronomia.
La collocazione nel giorno del 6 gennaio, dodici giorni dopo il Natale, potrebbe essere legata al significato magico del numero 12, che indica la ricomposizione della totalità originaria, la discesa in terra di un modello di pienezza e armonia o, anche, alla fine delle celebrazioni per il Solstizio e il culto di Mitra voluti dall’Imperatore Aureliano, che iniziavano il 25 dicembre. Sembra accertato, però, che, dal terzo secolo d.C., le comunità cristiane cominciarono ad associare a questo giorno tre episodi considerati rivelatori di Gesù Cristo come Messia: l’adorazione dei Magi, il battesimo di Gesù nel fiume Giordano, quando era già adulto, e il suo primo miracolo avvenuto durante le nozze di Cana.
Cosa hanno in comune la festa dell’Epifania e quella della Befana?
Il nostro viaggio parte dalla parola Epifania che deriva dal verbo Epifàino, composto da epi «dall’alto» e phanein «apparire», dal sostantivo femminile Epifàneia, manifestazione del divino. Una curiosità è che in greco con questo termine si indicava la comparsa di diverse divinità nel cuore dei templi ma, con l’avvento del Cristianesimo, dalla pluralità degli dèi si passò a una unità, quella di Gesù Cristo e, quindi, da epifanie si passò all’uso del singolare, per dare forza e importanza all’unica apparizione. La Befana sembrerebbe avere in comune con l’Epifania solo il fatto che il suo nome è una storpiatura di quello della festa del 6 gennaio, ma sarà vero?
L’origine della vecchina grinzosa, con lineamenti pronunziati, che vola su una scopa, avrebbe a che fare con i culti dell’antica Roma legati alla dea Diana, protettrice dei boschi e della natura, e a riti per la fertilità dei campi, le fonti in proposito sono incerte, che avvenivano attraverso figure femminili volanti che, nelle notti dopo il Solstizio d’Inverno, avrebbero favorito la prosperità dei raccolti. Fonte certa è, invece, quella secondo cui i riti della Befana si diffusero in Italia dal Medioevo, anche se fu la “Befana fascista”, nata nel 1928, a istituzionalizzare questa festa per bambini, organizzata per ricordare una serie di tradizioni già esistenti.
All’estero, invece, l’unica parente della nostra apparentemente burbera, in realtà tenera nonnina, è Perchta, o Berchta, una donna, a volte, giovane e bella e, a volte, vecchia e brutta che, in tutta la regione della Alpi, dalla Svizzera alla Baviera e all’Austria, si comporta un po’ come la Befana, volando, entrando nelle case, portando doni ai bambini. E qui si innesta la nostra favola che ha per protagonista Strenia, il nostro nome di fantasia per chiamare la giovane Befana che, secondo molte leggende, deriverebbe dalla divinità romana Strenia o Strenua, dea della Prosperità e della Fortuna, il cui culto avrebbe avuto origini sabine. Si narra, infatti, che ai tempi di Romolo la strenna era anche un fascio di rami di una pianta propizia che cresceva rigogliosa in un bosco sulla via Sacra, a lei consacrato.
La Storia d’amore tra Strenia e Claus
C’è, però, di più e, infatti, una bimba bellissima cresciuta in un mondo incantato, che, col passare del tempo, sognava un amore appassionato, in una notte di fine dicembre, nel cielo stellato incontra Claus, il principe sognato e tanto aspettato. Vi starete chiedendo cosa c’entri questa telenovelas uranica con il nostro racconto ed eccovelo rivelato: i due giovani innamorati vissero per un anno felici e beati, ma, l’anno successivo, di rosso vestito, pian pianino per non svegliare la sua amata, preso il cocchio da quattro renne trainato, partì per la missione annuale a cui si era votato. Strenia, però, sentitasi abbandonata e con il cuore spezzato, fuggì, lasciando a Claus, al suo ritorno, un vuoto inspiegato.
Col tempo dell’amore, ormai, finito, l’innamorato si ritrovò trasformato in un attempato, pingue, barbuto e canuto che, da quel momento, Babbo fu chiamato. Strenia, a sua volta, col corpo incurvato, il naso uncinato e lo sguardo adirato, decise che il suo nome in Befana avrebbe mutato e col carbone punito chi con l’amore avesse giocato. Ma, in una notte dal cielo stellato, il destino impietosito riportò il presente al passato, il loro viso da appassito a rifiorito e l’amore da perduto a ritrovato. Con lo sguardo rapito decisero che ognuno, in un giorno stabilito, avrebbe portato a ogni piccolo nato, desiderato o non voluto, robusto o delicato, felice o sconfortato, fiducioso o disperato, un dono che, almeno il 25 dicembre e il 6 gennaio, avrebbe annullato le differenze che un fato capriccioso aveva stabilito.
Curiosità
Passando dalla favola d’amore ad altre tradizioni, vogliamo raccontarvi un’altra stranezza pescata nel mondo: in Spagna a portare regali a bimbi buoni e carbone dolce ai cattivi o bugiardi non è la Befana, ma i Re Magi; nel mondo anglosassone, invece, la calza serve per i regali di Natale.
Alcuni identificarono la figura femminile della Befana con Diana, dea lunare della cacciagione e della vegetazione, altri a divinità minori come “Sàtia”, dea della sazietà, o “Abùndia”, dea dell’abbondanza.
Altre credenze la collegano a un’antica festa romana, che si svolgeva in inverno in onore di Giano e Strenia, a cui fantasiosamente abbiamo accennato, durante la quale ci si scambiavano doni.
Ancora oggi, la Befana, richiamando la tradizione religiosa di Santa Lucia, che dispensava doni ai bambini prima di lei e a San Nicola prima di Babbo Natale, dona per lo più dolciumi e caramelle.
La vera raffigurazione non la vorrebbe col cappello da strega, ma con uno scialle di stoffa pesante, la cosiddetta pezzóla, o uno sciarpone di lana, annodato. Il suo aspetto, viso rugoso e pochi denti, naso prominente e schiena ricurva, è metafora dell’anno vecchio.
In letteratura James Joyce utilizzò il concetto di Epifania nelle sue opere in prosa Il lavoro in cui l’ha introdotto è «Gente di Dublino», una raccolta di quindici novelle pubblicata nel 1906 sul settimanale «The Irish Homestead», in cui lo scrittore, in ognuna, descrive l’universo interiore di un abitante della città, grazie al racconto di storie quotidiane, in cui l’improvvisa rivelazione spirituale, causata da un gesto, un oggetto o una situazione, fa capire al protagonista il vero senso della sua esistenza, facendogli vedere oltre e altro da sé.
Buona Befana ed Epifania, che tutte le feste porta via.