Tra le oltre 240 pagine scritte dagli uffici della Prefettura di Palermo per enunciare le motivazioni che hanno portato allo scioglimento per mafia del comune di Mezzojuso si evincono intrecci di interessi politici e mafiosi che viaggiano in senso orario. Ma non solo. E come le lancette di un orologio scandiscono il tempo che scorre nel paese delle sorelle Irene, Ina e Anna Napoli, le tre coraggiose donne che hanno denunciato i soprusi della mafia dei pascoli.
Da un paio di giorni è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la relazione firmata dal prefetto Antonella De Miro e datata 20 settembre 2019, che ha spinto a dicembre il ministero dell’Interno a sciogliere il comune. Relazione che si basa sui risultati dell’indagine della commissione prefettizia che si era insediata il 5 giugno scorso per esaminare gli atti municipali.
Il documento del Prefetto del capoluogo siciliano è lapidario: “…E’ emerso un quadro caratterizzato da un significativo intreccio di parentele, relazioni personali ed economiche, nonché di comunanza di interessi fra gli amministratori i consiglieri e la burocrazia locale tra loro, da una parte e dall’altra con vari soggetti direttamente connotati da gravi pregiudizi penali in tema di criminalità organizzata o altrimenti legati da rapporti di parentela e frequentazione con contesti criminali”.
Mezzojuso è stata ed è roccaforte della mafia corleonese che comprende anche le famiglie di Prizzi, Roccamena, Godrano e i comuni limitrofi del territorio. Nel tempo alcune importanti indagini finalizzate anche alla ricerca dell’allora latitante Bernardo Provenzano hanno consentito di ricostruire le dinamiche mafiose delle famiglie di Mezzojuso, con l’arresto di numerosi esponenti come alcuni dei La Barbera e Giuseppe Riggi. Ed in questo contesto oscuro e criminale che le sorelle Napoli attraverso le loro denunce “hanno avuto il coraggio di rivolgersi allo stato per chiedere giustizia”. Ma paradossalmente, si legge nella relazione, “nel corso dell’accesso ispettivo si è riscontrata l’ambigua posizione di un’Amministrazione che, se da un lato ha proclamato solidarietà formale verso le sorelle, dall’altro ha posto in essere, come comportamenti anche plateali e pubblici, comportamenti di chiara avversione nei loro confronti”. E dunque, nessuno sconto per l’Amministrazione comunale da parte della prefettura di Palermo.
Nella relazione è scritto che la vicenda mediatica – il programma Non è l’arena di La 7 condotto da Massimo Giletti – ha influito sull’accesso agli atti al comune dopo che l’ex sindaco Giardina dal palco montato nella piazza comunale per una diretta di Non è l’arena aveva ammesso di essere andato ai funerali del mafioso Nicolò La Barbera. L’ex sindaco aveva poi rettificato dicendo che quel giorno non era a Mezzojuso. Ma secondo una relazione dei carabinieri, Giardina, che all’epoca era assessore comunale all’Istruzione, era passato dal cimitero dove si trovava il morto coi familiari.
Nella relazione si tratteggiano tutta una serie di irregolarità amministrative, anche in tema di legislazione antimafia, e si mettono in risalto presunte parentele di amministratori o consiglieri, o impiegati comunali con esponenti mafiosi, o persone accusate di mafia. L’intreccio di legami e rapporti influiva pure sulla gestione di alcuni appalti.
Singolare, fra i vari casi riportati, una delibera dell’amministrazione comunale del 25.01.2019. Il comune aveva approvato all’unanimità l’iscrizione dell’Ente pubblico all’associazione “Themis&Metis” con il relativo pagamento della quota associativa. Il sindaco Giardina insieme con la sua giunta e maggioranza dichiaravano di “condividere in toto gli scopi ed obiettivi prefissati all’associazione”.
Ma come arriva questa onlus – che ad oggi ha una rivista online – di Antegnate (BG) nell’entroterra siciliano? Attraverso Nicolò Sergio Gebbia. Il Generale dei carabinieri ad oggi in pensione era stato nominato assessore alla Cultura del comune di Mezzojuso il 31 dicembre del 2018. Carica da cui si è dimesso il 5 giugno 2019 a seguito delle indagini nel comune di Mezzojuso. Il Generale dal primo di maggio 2017 aveva aderito all’associazione “Themis&Metis”. Pochi giorni prima della sua nomina pubblicava sulla rivista online l’articolo dal titolo: “Le sorelle Napoli e la famiglia Gebbia”. Il primo di una lunga serie di scritti che si inserivano nella vicenda che ha contrapposto l’amministrazione comunale e l’allora sindaco Giardina alle tre coraggiose donne.
Nell’articolo dichiarava di aver appreso durante la sua carriera che il capomafia del paese fosse un Napoli con le figlie femmine con chiaro riferimento al padre delle Napoli. Da quel momento in poi si è assistito ad una presa di posizione esplicita dell’assessore Gebbia nella vita politica di Mezzojuso pubblicando svariati articoli sul tema, tutti connotati da aspre critiche verso quanti sostenevano la posizione delle Napoli e. in particolare, verso vari rappresentati istituzionali, contro l’Arma dei carabinieri e nei confronti dell’Autorità Giudiziaria che stava conducendo l’inchiesta relativa alla tentata estorsione alle sorelle Napoli.
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