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Per quanto si sia a conoscenza già di qualcosa porsi delle domande, soprattutto a distanza di molti anni, è sempre il miglior punto di partenza per la ricerca, per quanto effimera, della verità.
Giovanni Tessitore, professore di sociologia del Diritto e appassionato di storia, nel suo ultimo libro, “I mille enigmi della lapide quadrilingue“, pone esclusivamente interrogativi in merito al messaggio che questa famosa epigrafe, di epoca normanna, custodisce.
Ogni capitolo, 36 in tutto, è un quesito compreso l’ultimo che, sintetizzando la natura umile e dedita alla conoscenza dello stesso Tessitore, recita “Abbiamo raggiunto un punto di partenza per ulteriori approfondimenti“?
La lapide di Grisanto, come viene sinteticamente chiamata, è un unicum che riporta in quattro lingue diverse, greco, arabo del tipo della cancelleria normanna, latino ed ebraico ‘bizzarro‘, passato alla storia come esempio di buon “multiculturalismo” e della tolleranza definita tra le principali caratteristiche della città di Palermo, già all’epoca normanna.
In realtà, così come evidenzia Giovanni Tessitore nel libro, un perfetto “giallo archeologico” si potrebbe definire, è tutto molto poco chiaro: la natura della lapide, custodita chiusa dentro una chiesa, il messaggio del testo (tra uso di lingue non perfetto con contrazioni di parole irregolari, righe verticali che si intersecano con altre orizzontali) non svelato completamente e la stesse date che vi si riscontrano non fanno che confondere le acque.
Quale la necessità – si chiede Tessitore, coadiuvato nell’interpretazione dei testi dal paleografo Adalberto Magnelli – in un’epoca dove l’analfabetismo era diffusissimo di lasciare traccia di un messaggio in quattro diverse lingue (di cui una ma più usata)?
Da qui l’ipotesi che la lapide quadrilingue abbia più un significato più politico che non strettamente personale.
E poi la figura di Grisanto, colui che l’ha collocata, figlio di Anna (la donna per cui è stata realizzata la lapide funeraria), che compare solo in questa circostanza – non si riscontra null’altro sul suo conto – ma è sicuro, secondo Tessitore, che sia un personaggio molto importante sul quale c’è ancora molto da investigare.
Ripercorrendo poi le date, in primis il 1148, anno della lapide e momento di svolta della monarchia normanna, si potrebbe ipotizzare che quest’opera possa esser frutto della cultura e dell’operato di Giorgio di Antiochia, sorta di primo ministro del reame, ultimo tassello che infonde dubbi e incertezze, come ci spiega Tessitore nella video intervista.
Questo libro, distribuito gratuitamente grazie al sostegno della Banca S. Angelo, conclude Tessitore, “vuole essere un’apertura di fiato nel tentativo di dare una lettura più profonda alla lapide, uno dei simboli più conosciuti della Palermo medievale“.
Considerata l’importanza storica e culturale di questo reperto, infine, ricordiamo che la lapide è stata esposta a Tel Aviv, ad Istanbul, a Mannheim e al British Museum di Londra, grazie a questo ultimo testo si aprono scenari e possibilità nuove che potrebbero far riscrivere la storia della Palermo normanna.