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Mafia: Contrada risarcito con 670mila euro per “ingiusta detenzione”

martedì 7 Aprile 2020
Borsellino vs Contrada

La Corte d’Appello di Palermo ha accolto la richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione presentata da Bruno Contrada, ex numero due del Sisde, condannato a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. A Contrada, difeso dall’avvocato Stefano Giordano, sono stati liquidati 670mila euro. La condanna dell’ex poliziotto venne giudicata illegittima dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla Cassazione.

Contrada ha scontato 8 anni tra carcere e arresti domiciliari. Dopo un tentativo di revisione della sentenza, dichiarato inammissibile, si rivolse alla CEDU di Strasburgo. Nel 2015 i giudici della Cedu hanno condannato l’Italia a risarcire il funzionario, nel frattempo radiato dalla polizia, sostenendo che non andava processato né condannato perché il reato di concorso esterno in associazione mafiosa ha assunto una dimensione chiara e precisa solo con la sentenza Demitry, del 1994. E Contrada era finito davanti ai giudici per fatti precedenti a quella data.

Uno spunto, quello della pronuncia della Cedu, che il legale di Contrada ha usato per chiedere, tramite un incidente di esecuzione, la revoca della condanna. Ma la Corte d’appello di Palermo giudicò il ricorso inammissibile. Tutto fu ribaltato dalla Cassazione che revocò la condanna privando il verdetto della eseguibilità e degli effetti penali. Oggi l’ultimo traguardo del risarcimento per la detenzione illegittima.

Bruno Contrada venne arrestato il 24 dicembre del 1992. In primo grado fu condannato a 10 anni, ma la sentenza fu ribaltata in appello e il funzionario venne assolto. L’ennesimo colpo di scena ci fu in Cassazione, quando l’assoluzione fu annullata con rinvio e il processo tornò alla corte d’appello di Palermo che, il 25 febbraio del 2006, confermò la condanna a 10 anni.

Bruno Contrada con l'avvocato Stefano Giordano
Bruno Contrada con l’avvocato Stefano Giordano

“HO SUBITO DANNI IRREPARABILI”

“I danni che io, la mia famiglia, la mia storia personale, abbiamo subito sono irreparabili e non c’è risarcimento che valga. Io campo con 10 euro al giorno. Stare chiuso per il coronavirus non mi pesa: sono stato recluso 8 anni”. Lo dice Contrada dopo aver appreso della decisione della Corte di appello che lo risarcisce per ingiusta detenzione.

Contrada, 88 anni e mezzo, ancora lucidissimo e con una grande memoria, è stato arrestato nel Natale 1992 e ha trascorso 4 anni e mezzo in carcere e 3 anni e mezzo ai domiciliari. Due anni gli sono stati condonati per buona condotta.

“Il denaro – dice – non può risarcire i danni che ho subito in 28 anni. Quando nel 2017 la Cassazione ha recepito la sentenza della corte europea per i diritti dell’uomo, confortata dalla decisione della grande Camera di Strasburgo dove 17 giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso dell’Italia ho provato un momento di gratificazione. L’Europa riconosceva la mia sventura umana e giudiziaria. Ma io provavo sofferenza solo a leggere i documenti di quella causa che cominciavano ‘Bruno Contrada contro l’Italia”.

“Ho vissuto – continua – fin da piccolo col valore altissimo della Patria, l’Italia, e dello Stato. Solo per questo avrei diritto a un risarcimento solo perché hanno distrutto le certezze e i valori in cui ho creduto una vita. Per me indossare la divisa da ufficiale dei bersaglieri a 22 anni, e poi quella della Polizia di Stato fino a diventare dirigente generale, era tutto. Anche in carcere applicavo quei valori comportandomi bene e rendendomi utile con i consigli e l’esempio per i compagni di detenzione”.

“I SOLDI NON MI INTERESSANO”

“I soldi non mi interessano. Dieci euro al giorno mi bastano”, ha aggiunto Bruno Contrada dopo aver saputo della decisione della corte d’appello di Palermo che gli riconosce 670 mila euro per ingiusta detenzione.

“Aspetto di leggere le motivazioni, il ragionamento e le argomentazioni della Corte – spiega – Non ci sono soldi per pagare le sofferenze che la mia famiglia ha subito. Mio figlio che era poliziotto è gravemente malato: un giovane che ha visto il padre, dirigente generale della polizia di Stato la stessa di cui lui indossava la divisa che per lui era un mito, arrestato e accusato di cose gravissime. Mia moglie che si è ammalata di cuore subito dopo il mio arresto. Ci può essere risarcimento? Spione, agente segreto, sempre appellativi per gettarmi fango addosso. Io sono un dirigente generale della Ps applicato ai servizi di sicurezza che da vicecommissario ha scalato tutti i gradi della Polizia di Stato”.

“LA MAFIA IN DIRETTA”

“Ho visto la mafia in diretta”. Così disse alla moglie Agnese il giudice Borsellino il 1 luglio del 1992, riferendosi a quel Bruno Contrada servitore fedele dello Stato. Lo stesso che – stando al racconto del pentito Gaspare Mutolo – incontrò il giudice Borsellino nei corridoi del ministero dell’Interno, per l’insediamento del ministro Nicola Mancino. Questi negò per anni di averlo visto, salvo poi fare dietrofront alla prova dell’agenda grigia in cui Borsellino segnava gli appuntamenti di lavoro.

La sentenza delle CEDU comunque non assolve Contrada dall’accusa pesantissima di aver favorito Cosa nostra. Ma si limita semplicemente a dare un giudizio sul codice penale dello Stato Italiano: il concorso esterno all’epoca dei fatti “non era sufficientemente chiaro”. 

 

 

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