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Dall’Etna emissioni eccezionali di CO2 provenienti da serbatoi profondi

lunedì 24 Gennaio 2022

L’Etna emette quantità di CO2 molto superiori a quelle di altri vulcani attivi e ciò si deve a serbatoi di carbonio profondi presenti sotto l’Italia meridionale, che liberano anidride carbonica a causa del movimento della placca ionica.

È la scoperta di un team di geologi delle Università di Firenze e di Colonia e dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Cnr. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Geology.

“Nel corso dei tempi geologici, le emissioni vulcaniche hanno rappresentato una delle principali cause delle variazioni della CO2 atmosferica – racconta Riccardo Avanzinelli, associato dell’Ateneo fiorentino e coordinatore dello studio -, ma la quantità di gas che si libera durante le eruzioni non è direttamente collegata a quella del magma. L’Etna è forse l’esempio più eclatante: emette flussi di anidride carbonica che rappresentano il 10% di tutta la CO2 di origine vulcanica, tre volte quella del Kilauea delle Hawaii, nonostante quest’ultimo erutti quattro volte più magma”. Per rintracciare la fonte di tali emissioni i ricercatori hanno studiato il rapporto tra due elementi rari, il Niobio (Nb) e il Tantalio (Ta).

“Abbiamo analizzato in particolare la composizione della lava dell’Etna e del Vulture, inattivo da tempo, perché il magma durante la sua risalita ‘registra’ quel che succede nel mantello terrestre e fornisce informazioni sui processi geodinamici in atto e su quelli remoti – spiega Alessandro Bragagni, primo firmatario dell’articolo e assegnista di ricerca Unifi -. Abbiamo rilevato in entrambi i casi un rapporto Nb/Ta anomalo”, che rivela la presenza di porzioni di mantello arricchite in carbonio a circa 50 km di profondità al di sotto dell’Italia meridionale. Il particolare assetto e la geodinamica delle placche in questa regione favoriscono il rilascio e la risalita di anidride carbonica nei due vulcani.

“Simili serbatoi di carbonio potrebbero essere nascosti sotto altri vulcani – conclude Avanzinelli – e il nostro approccio darà un contributo alla comprensione del loro ruolo nel bilancio dell’anidride carbonica di origine naturale, sia nel passato che nel presente, e nei cambiamenti climatici del nostro pianeta”.

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