Carissimi, non ci crederete ma i “negazionisti” esistono anche in questo delicato campo e in questo tragico momento. Mi rivedo in tempi in cui c’era chi non combatteva la mafia e per risolvere il problema diceva che la mafia non esisteva, bastava negarne per dire: “ma di che stiamo a parlare?”. Mi auguro che quanto prima ci lasceremo alle spalle epoche di “grandi maghi” andati a scuola dai grandi comunicatori delle sanguinose dittature del secolo scorso che organizzavano grandi parate con dieci carrarmati o prestigiosi cortei davanti a delle quinte di palazzi o di immobili semi diruti e mai riparati.
Io all’epoca non c’ero ma vi assicuro che ho visto cose nella mia vita che sarebbe divertente raccontare, ma per parlare di storia bisogna attendere e fare passare gli anni e con essi uomini e loro memoria.
Alla fine sembra proprio che abbia vinto l’economia e il personale interesse egoistico davanti alla salute collettiva, mi rendo conto che la prossima pandemia 2.0 dovrà esser migliorata nei suoi obiettivi per avere una seria attenzione, poiché non bastano i morti a farci paura, basta che qualcuno da un giorno all’atro non ce ne fornisca più o ce li dia falsati per dire, non c’è più pericolo, ma una nuova futura pandemia che si rispetti (perché mettetevi il cuore in pace, questa non sarà l’ultima, ma la prima), per trovarci preparati dovrà colpire soltanto come adesso, i vecchi soprattutto se pensionati e i pubblici dipendenti che potranno stare a casa confinati per il tempo necessario, avendo uno stipendio garantito dallo “stato”, gli altri saranno costretti ad uscire per campare. Lo vedo dal mio eremo che la quantità di “liberi professionisti” scalpita adducendo alla pandemia la causa dei loro probabili futuri fallimenti. E si, è pensare comune che tutti coloro che non sono “impiegati” si definiscano “liberi” e questo ha il mio appoggio, ma anche “professionisti” e su questo permettermi di disquisire. Per me la parola “professione” e si una applicazione di un titolo o di una “qualità” ma che va esercitata strutturandosi come “azienda individuale”. Ma quali ricevute occasionali, quali “nero” e altre “elusioni”? La Professione seppur libera nel senso che si lavora per se e non per un datore di lavoro, è un’azienda a tutti gli effetti per la quale bisogna avere le qualità, la capacità manageriale e una mentalità, ma su questo sono convintissimo di trovare ampie contestazioni, ma a differenza di molti, io nella mia vita ho avuto la possibilità di cimentarmi da tutte le parti del tavolo delle professioni e so anche il perché e il motivo per cui in tempi di pace “il professionista dipendente” viene remunerato con un “reddito di dignità mensile” mentre l’imprenditore o il vero libero professionista (colui che da anche lavoro ad altri) può fare la “cicala”, ma ha l’obbligo di pensare che in tempi di guerra dovrà farsi bastare un “reddito di dignità” se ha pensato al suo futuro. Discorso analogo lo farei per “artisti” o “attori”, ricordando che non basta suonare la chitarra o non basta fare “la vastasata di strada” per pochi spiccioli alla sera mentre la gente mangia la pizza o beve una birra per definirsi “artisti del mondo dello spettacolo” (non tutti sono i Beatles e non tutti i locali sono il “Caverna Club”).
Sono deluso miei cari del come si stia sottovalutando ciò che sta accadendo e di come non saremo in grado di trasformare questa “disgrazia” in “opportunità”. Io non voglio tornare come prima solo per avere la libertà di ubriacarmi in gruppo e definirmi utente della “movida” (perché noi non eravamo la Spagna degli anni 80’ che riscopriva la democrazia in un clima di vitalità sociale, culturale e artistica). Noi, a poco a poco, con piccole restrizioni, mentre “nni mriacamu e viviemu, viviemu”, mentre dal nostro punto di vista ci convinciamo che tutto si può fare e additiamo il pericolo del cattivo “uomo nero” (l’originale del quale è morto e sepolto da quasi tre quarti di secolo), verremo presi di petto da un TIR a tutta velocità giunto da tutt’altra direzione, come nei film americani.
Proprio perché questo non è un paese serio (come dico sempre), non voglio tornare “a prima”, voglio andare oltre, forte del fatto che questo periodaccio di clausura mi ha aiutato a comprendere la vera cosa che conta, una migliore qualità di vita (anche se dovessi aspettare del tempo per fotografare i miei piedi abbronzati in spiaggia o per vedere un grande evento artistico dal vivo).
Un abbraccio Epruno