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«Andammo così a Roma, al Ministero di via Arenula, per analizzare l’ufficio di Falcone. La stanza era sigillata: pretesi la presenza di un magistrato per il sopralluogo, e venne Carmelo Petralia. Aprimmo la stanza e accendendo i computer ci accorgemmo subito che erano stati accesi dopo il 23 maggio. C’era un file nascosto, denominato “Orlando.bak”, un file di backup per il quale mancava il file “Orlando.doc”. Era sparito. Qualcuno lo ha cancellato… probabilmente perché dava fastidio. Il file “Orlando.bak” conteneva tracce degli appunti di Falcone per difendersi al Csm dalle accuse dell’allora sindaco Orlando».
Così l’Avvocato Gioacchino Genchi, intervenuto ai microfoni de ilSicilia.it nello Speciale dedicato alla strage di Capaci, ha spiegato la polemica che sollevò Leoluca Orlando, in tv, a Samarcanda, sulle “processi nei cassetti”. Una frase che costrinse poi Giovanni Falcone a difendersi al Csm.
Genchi nel corso dell’intervista ha aggiunto: «Il file era stato aperto e modificato in data successiva alla strage. E la clock del computer era perfetta. Quindi quel computer è stato acceso in una stanza chiusa, sotto sequestro, coi sigilli, al Ministero della Giustizia.
Falcone e Borsellino furono costretti a difendersi al Csm; oggi è bene che i giovani sappiano chi erano i detrattori di Falcone e Borsellino. Abbiamo visto tutti che fine hanno fatto gli eroi dell’Antimafia. C’è ipocrisia nell’usare le icone di Falcone e Borsellino per fare carriere, per avere vantaggi politici, per fare campagna elettorale…».
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