E’ diventata ormai definitiva la condanna a 2.700 euro di multa che il 18 luglio 2018 il Tribunale di Marsala (giudice monocratico Mariapia Blanda) ha inflitto a Vittorio Sgarbi per diffamazione nei confronti del maresciallo Giovanni Teri, ex comandante della stazione dei carabinieri di Salemi (Tp), Comune di cui Sgarbi è stato sindaco dal 2008 al 2012.
Adesso, la quinta sezione della Cassazione ha dichiarato “inammissibile” il ricorso che il critico d’arte, attuale deputato nazionale del centrodestra, aveva presentato contro la condanna di secondo della Corte d’appello di Palermo. La Cassazione ha anche condannato Sgarbi al pagamento delle spese processuali, nonché di 3 mila euro in favore delle spese sostenute dalle due parti civili, liquidate in 3 mila euro ciascuna.
Con Sgarbi, era stata condannata (a 2 mila euro di multa) anche l’ex vice sindaco Antonella Favuzza, di 61 anni. Ed entrambi erano stati condannati a risarcire il danno procurato al sottufficiale dell’Arma, costituitosi parte civile. La Cassazione, però, ha annullato la condanna subita in primo e secondo grado dalla Favuzza, revocando anche il risarcimento danni.
Secondo l’accusa, Sgarbi e Favuzza, per i quali il pm, in primo grado, aveva invocato 9 mesi di reclusione, avrebbero “in più occasioni” rilasciato dichiarazioni “tendenti a gettare discredito sull’operato” del sottufficiale, paventando anche qualche rapporto o conoscenza con Pino Giammarinaro, ex deputato regionale della Dc, corrente andreottiana, poi coinvolto in varie indagini.
Ma la “conoscenza” che il maresciallo Teri avrebbe avuto di Giammarinaro sarebbe stata di altra natura, cioè investigativa. Teri, infatti, aveva svolto attività di pg nell’ambito dell’indagine che in seguito verrà battezzata “Salus Iniqua” e in altre che poi furono alla base del provvedimento sfociato nello scioglimento del Comune di Salemi per infiltrazioni mafiose. Indagini che Sgarbi definì “corrotte perché senza alcun riscontro oggettivo”, affermando inoltre: “Si trasformano maldicenze e chiacchiericcio in ipotesi di reato”.