Era dai tempi dello scandalo Santalco, all’epoca del milazzismo, che non assistevo ad uno spettacolo politico così terra terra. Anzi, sottoterra. Nella politica siciliana i teatrini ci sono sempre stati, ma quello offerto dal capogruppo del Movimento 5 stelle, Giorgio Pasqua, è stato veramente penoso. Ci sarebbe da farsi delle grasse risate, se il momento non fosse tragico. Vero è che le marionette servono per fare ridere. Ma chi tira i fili?
Ma cosa è successo? Lo scorso 29 ottobre, giovedì scorso, l’onorevole Pasqua aveva presentato una domanda, indirizzata al presidente dell’Ars e al segretario generale, per chiedere che “la base imponibile contributiva dell’assegno di fine mandato allo stesso spettante, sia costituita anche dalla diaria a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Palermo”. Pasqua aveva contestualmente autorizzato l’amministrazione dell’Ars ad effettuare le relative trattenute. Quindi, era cosciente di ciò che stava per fare.
Ieri, l’ineffabile Pasqua, dopo avere ritirato la domanda, ha firmato un comunicato stampa di una violenza inaudita, additando Palazzo dei Normanni come il luogo di tutte le nefandezze, sostenendo che i suoi colleghi parlamentari si fossero aumentati lo stipendio e la pensione.
Lasciamo stare dal punto di vista politico, ma dal punto di vista umano, il comportamento di Pasqua è censurabile. Secondo i miei infiltrati, Pasqua sarebbe stato costretto a ritirare la domanda dai suoi compagni di gruppo, assolutamente contrari. Si dice che lo abbiano pure minacciato di deferirlo ai probiviri, che nei 5stelle non scherzano. Poi, per rifarsi la verginità, ha attaccato i deputati che invece la domanda non l’hanno ritirata.
Le parole di Pasqua hanno mandato su tutte le furie il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, mentre gli altri deputati stanno valutando la possibilità di presentare querela per diffamazione. In ogni caso, siamo di fronte ad una vicenda squallida.