“I sintomi chiamati lievi del Covid-19, non sono quelli dell’influenza, non mi piace etichettarli così”. È questa la frase che riassume la testimonianza di chi ha affrontato il Coronavirus, stavolta ad esprimere e raccontare le sensazioni della propria esperienza è Gaia Angelini, una ragazza di 27 anni risultata positiva ma con sintomi lievi, ovvero condizioni di salute non gravi a tal punto da avere bisogno di un ricovero.
Una cosa che poco spesso ci si chiede però è cosa siano capaci di scatenare praticamente questi sintomi in chi li accusa, ma soprattutto se siano davvero così poco invalidanti come si pensi.
“Molto spesso i sintomi lievi, come li ho avuti io, vengono catalogati nell’immaginario altrui come i comuni sintomi di un’influenza, ma in realtà la sensazione e il malessere sia fisico che psicologico è nettamente diverso. – racconta Gaia, guarita dal Covid-19- Anche il pensiero puntuale al mattino dove ti chiedi quale sintomo si presenterà oggi. Io personalmente ho avuto quasi tutti i sintomi più conosciuti, in forma cosiddetta lieve, ma non mi piace affatto etichettarli così”.
Gonfiore agli occhi, congiuntivite, febbre, mal di gola, perdita di olfatto e gusto, sono questi i sintomi manifestati da Gaia lungo tutto il periodo della sua malattia, alcuni ancora oggi stentano ad andarsene.
“Sono guarita da un mese e ancora non ho recuperato l’olfatto, vorrei far capire che avere i sintomi del Coronavirus è molto diverso da avere un’influenza. Il disagio psicologico di vivere un isolamento proprio a casa, vivendo con mia madre sapendo di essere positiva e dover stare tutto il giorno isolata o con la mascherina per cercare il più possibile di limitare il contatto, ha reso tutto più complicato.”
Gaia fa parte dell’unità cinofila di salvataggio della protezione civile e avendo a casa un cane di cui prendersi cura, nonostante i malesseri dovuti alla sua positività, le ha sicuramente sollevato diverse preoccupazioni. “Ho un cane, e questo mi ha fatto pensare che nessuno si è preoccupato della cura degli animali domestici nel momento in cui i loro padroni stanno male e sono in isolamento. Chi pensa a loro se non si può uscire o se nel peggiore dei casi ci si trova in ospedale. – aggiunge- In quanto a me, sono stata contattata dall’Asp soltanto alla terza settimana, per i tamponi ho dovuto rivolgermi ai laboratori privati, mentre da casa sono stata seguita dal mio medico curante”.
Gaia racconta di essersi sottoposta al tampone dopo essere venuta a conoscenza di aver avuto un contatto stretto con un amico risultato positivo. “Molto spesso abbassiamo la guardia con amici e familiari perché pensiamo che queste persone non possano farci del male, non considerando invece che è il virus che ci fa del male. Andiamo nei ristoranti pensando che le persone che ci passano accanto possano trasmetterci il virus, ma abbassando la mascherina con un amico in realtà proprio quell’amico potrebbe essere positivo”.