Il parlamentare della Lega Alessandro Pagano interviene sulla vicenda relativa alla costruzione del Ponte di Messina, e lo fa in Aula a Roma, a Montecitorio. Pubblichiamo il resoconto stenografico del suo intervento di seguito.
“Si dibatte sulla costruzione del ponte sullo Stretto di Messina dal 1990 – ha detto Pagano –. Trent’anni esatti di scuse per non fare nulla e tirare a campare, anche le più risibili: uccelli migratori che transitano in volo sullo Stretto, Sicilia e Calabria corrotte e immeritevoli di un’opera pubblica di cotanto livello, etc etc.
La Lega-Salvini Premier mette oggi il sigillo a una volontà ben precisa in tal senso, presentando una mozione forte e incisiva, mettendo a prima firma i parlamentari siciliani e calabresi, tutti i deputati della Commissione trasporti e infrastrutture e facendo fare, per la prima volta nella sua storia, una dichiarazione di voto sul Ponte ad un siciliano.
Insomma una vera e propria dichiarazione di amore che servirà a sgomberare equivoci e a manifestare la ferma volontà del nostro partito ad esprimersi favorevolmente per la realizzazione di un’opera realmente strategica.
Ecco, tra i tanti, tantissimi tagli che si potevano dare su questo argomento, ho scelto di centrare tutto sul valore strategico di quest’opera, perché sul valore intrinseco dell’investimento, solo chi è in malafede può negare l’evidenza del rapporto costo-beneficio in termini di efficienza, efficacia ed economicità. Sul valore strategico, invece, poco o nulla si è parlato nel corso dei decenni e quindi di questo oggi vorrei fare un ragionamento, non certamente un comizio.
L’Italia perché è storicamente all’avanguardia, sin dalla notte dei tempi, al di là dei cicli e dei momenti storici? Abbiamo attraversato crisi economiche, sociali, sanitarie, ma sempre siamo stati importanti nella storia dell’umanità. Perché? Per merito degli italiani o per merito del buon Dio, che ci ha posizionati baricentrici nel mondo? Ovviamente per questo motivo: l’Italia e la Sicilia sono da sempre la terra più strategica del mondo antico e del mondo moderno, giacché la collocazione geografica destina la nostra Penisola ad essere centrale nel processo di globalizzazione e la Sicilia, a maggior ragione, è il “centro del centro”, purché ciò lo si voglia.
Nel mondo di oggi quello che viene comunemente chiamato “mondo contemporaneo”, o “epoca contemporanea”, l’Italia ha perso di importanza, ma è chiaro che trattasi di una congiuntura negativa temporanea, perché la posizione lì è, e lì rimane. La nuova centralità del Mediterraneo, infatti, è destinata ad essere sempre più importante di quella del passato. L’Italia e la Sicilia erano centrali – e sono centrali, ringraziando Dio – fra le Americhe del Nord e del Sud, fra l’Oriente tutto -non solo il Giappone oggi, ma anche Cina, India e Corea-, l’Est europeo e la Russia asiatica. Centrale grazie alle tre porte di accesso: Gibilterra, Bosforo, Suez. Chi nega la strategicità della Sicilia e dell’Italia o è cieco o è in malafede.
Qualcuno si è mai chiesto perché la Sicilia è la terra con la più alta concentrazione al mondo di beni culturali? Perché fino alla scoperta dell’America, ma di fatto fino ai primi del 1800, tutti avevano interessi geopolitici sulla Sicilia e la posizione strategica, da un punto di vista commerciale e militare, poneva l’Isola in grande importanza. Addirittura tra il 1859 e il 1869, quando venne concepito, programmato e costruito il canale di Suez, che apriva all’Oriente con pochi giorni di viaggio, l’importanza divenne assoluta. Paradossalmente fu questo il motivo della caduta del Regno borbonico. Il Regno delle Due Sicilie, infatti, aveva la seconda flotta commerciale al mondo dopo quella del Regno Unito. L’Inghilterra capiva che con l’apertura del Canale di Suez il suo dominio commerciale nel mondo sarebbe venuto meno e sarebbe cresciuto a dismisura quello borbonico. Anche per questo Palmerston, Primo Ministro inglese, aiutò l’impresa dei Mille e il Regno Sardo piemontese.
Racconto questo per fare capire che solo dal 1860 in poi la Sicilia perde la centralità a livello mondiale. Ben 13 popoli importanti nei millenni si sono avvicendati nella dominazione dell’isola e poi, comprendendone la strategicità, vi si insediarono per sempre per viverci e abitarci. Il declino del Sud, come è ormai affermato a tutti i livelli, è datato proprio 1860, con la gestione politica del nascituro Regno d’Italia. Non fu solo un’operazione cieca da un punto di vista politico, con mezza Italia ridotta al rango di colonia di serie C, ma soprattutto fu un’operazione cieca da un punto di vista strategico, perché precluse per l’Italia lo sviluppo in Oriente, Medio ed Estremo, che ovviamente avrebbe prodotto ben altri effetti commerciali ed economici. Da quel momento il Sud, perdendo la visione strategica, diventò soltanto ed esclusivamente il “mercato domestico” del Nord.
Questo sistema è durato ininterrottamente”.