La Regione vuole incentivare la prevenzione sanitaria e il monitoraggio delle lavoratrici e dei lavoratori del sesso (tecnicamente, sex workers), anche tramite l’uso di sportelli che saranno attivati in tutte le Asp siciliane. Si tratta di un’iniziativa dell’Assessorato alla Salute, guidato da Ruggero Razza, che ha ricevuto l’apprezzamento della giunta regionale presieduta dal governatore Nello Musumeci.
Chi sono esattamente i sex workers lo spiega lo stesso documento della Regione: “Il sex work – si legge – indica non tanto e non solo l’attività di prostituzione”, ma “tutte quelle in cui, dietro retribuzione, la sessualità e l’immaginario erotico vengono lecitamente utilizzati, in spazi reali o virtuali”. Inoltre “vengono definiti lavoratrici e lavoratori sessuali coloro che svolgono professioni connesse al mercato del sesso“. Insomma, non soltanto prostitute che battono i marciapiedi, ma anche e soprattutto chi lavora in casa o chiunque conceda a vario titolo prestazioni sessuali. Il documento cita alcuni esempi, fra questi “i fenomeni di lavoro sessuale part-time di studentesse o di casalinghe o le prestazioni sessuali offerte attraverso il web”.
Una ricerca del Codacons condotta nel 2014 ha analizzato le diverse tipologie di questa pratica e stimava “Il sex work praticato outdoor al 60%, mentre il rimanente 40%, praticato indoor, sarebbe attribuibile, da un lato, alla crisi economica e, dall’altro, al sempre più diffuso utilizzo delle chat e del web“. E proprio i sex workers che lavorano ‘al chiuso’ sarebbero destinatari di “pressioni economiche dei clienti finalizzate a evitare l’uso dei contraccettivi“.
Mancano ricerche sul sex work maschile e se ne ignorano gli aspetti professionali, “essendo tali rapporti registrati genericamente come relazioni omosessuali”, si legge nel documento, che tiene in considerazione anche come “le diverse culture da cui provengono i sex workers rendono difficili campagne uniformi e mirate”. Questi ed altri fattori contribuiscono a determinare il fatto che “Il sex work è considerato uno dei fattori di più alto rischio per la diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili, su tutte l’HIV e le co-infezioni, quali la tubercolosi, le epatiti e le infezioni sessualmente trasmesse”.
Da tutte queste considerazioni nasce l’iniziativa della Regione Siciliana, per consentire a chi esercita il mestiere più antico del mondo anche nelle sue più moderne declinazioni di fornire ai clienti una “adeguata conoscenza delle condizioni di salute del lavoratore“, anche tramite “l’esibizione da parte di quest’ultimo di un certificato di ‘sana e robusta costituzione’ che sarà rilasciato a richiesta dell’interessato” dall’Asp territoriale. Gli sportelli potranno essere fruibili non soltanto dalle lavoratrici del sesso ma anche – recita la delibera – “da tutti i cittadini siciliani che si trovano in una condizione di sessualità attiva”. La certificazione sarà rilasciata dall’Asp all’esito di un check up completo e gratuito, che prevede l’esecuzione di esami ed analisi per il controllo e la diagnosi delle malattie sessualmente trasmissibili, come test rapidi HIV, PEP, PrEP, e TasP.
In ogni Azienda sanitaria dovrebbe essere istituito uno sportello dedicato al sex work, dunque, che custodirà un registro in cui saranno contenute, in forma anonima e nel rispetto dei dati sensibili, il contenuto e la data di rilascio della certificazione richiesta dall’interessato. Questi dati verranno acquisiti, come si legge nel documento della Regione, “anche per finalità statistiche e di collaborazione con le Forze dell’Ordine, le informazioni sullo stato di salute degli interessati”.