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La Settimana Santa a Caltanissetta, un appuntamento imperdibile [Il programma]

sabato 13 Aprile 2019
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Scrivere della Pasqua in Sicilia è una esperienza arricchente e allo stesso tempo complessa perché, nella nostra isola, ogni paesino e ogni città ha suggestive tradizioni che andrebbero raccontate; tra le realtà più rappresentative c’è sicuramente la Settimana Santa di Caltanissetta, che ha tradizioni secolari. Prima di andare all’oggi, vogliamo raccontarvene le origini.

Le Origini

Le origini si attestano intorno al XVII secolo quando nacquero, nella chiesa di Sant’Agata al Collegio, numerose congregazioni e tra queste: Sant’Ignazio, Purificazione di Maria Santissima, San Luigi e quella della Santa Vergine Bambina, raccolte in adorazione del Santissimo Sacramento che si svolgeva nella Chiesa Madre dalla sera del Lunedì Santo fino al mezzogiorno del Mercoledì Santo, quando lasciavano il posto alla Maestranza.

Nel corso della Quaresima e della Settimana Santa le varie confraternite e congregazioni contemplavano i vari Misteri della Passione di Cristo, dando luogo a rappresentazioni sacre e a piccole processioni, come quella dei Misteri della Congregazione di San Filippo Neri che si svolgeva al vespro del Giovedì Santo. Secondo lo storico Michele Alesso il percorso delle processioni veniva illuminato da piramidi di luce che sostenevano centinaia di candele.

Prima del finire del XIX secolo, la Congregazione della Santa Vergine Bambina portava in processione un simulacro del corpo senza vita di Gesù interamente ricoperto di fiori, simbolo della civiltà contadina, che andava dalla chiesa di Sant’Agata al Collegio fino alla Cattedrale, dove avveniva l’adorazione. Nel 1869, quando il barone Vincenzo di Figlia di Granara fece notare l’incongruenza di tale simulacro con il clima di festa della Domenica delle Palme, venne portata in processione una statua del Cristo benedicente su un trono fatto di fiori e, con il tempo, la festa assunse l’aspetto con cui la si può ammirare ancora oggi. La statua del Cristo benedicente, posta su una barca, realizzata con numerosi fiori, gerbere, mimose, ciclamini, margherite, l’abbarcu (fiore che dà il nome alla barca) o semplici fiori di campo, come allegoria di “pescatore di anime“, ha l’intento di rievocare l’ingresso di Gesù a Gerusalemme.

Lunedì e Martedì Santo si assiste alla Scinnenza. Lunedì Santo si svolge il primo atto della Scinnenza, che è una realtà consolidata e riconosciuta all’interno del circuito internazionale di EuroPassion. Il programma della prima sera prevede la messa in scena dell’ingresso a Gerusalemme, dell’Ultima Cena, con la lavanda dei piedi e l’istituzione dell’Eucaristia e della cattura di Gesù. Il secondo atto della Scinnenza è la sera del Martedì Santo. Il corteo di figuranti in costume, accompagnati dalla banda musicale che suona dal vivo la colonna sonora, si sposta nel centro storico mettendo in scena il processo a Gesù nel pretorio da parte di Ponzio Pilato e la flagellazione. A seguire è rappresentata la Via Crucis, lo spoglio, la crocifissione e morte del Cristo, nonché il momento culminante di tutta la sacra rappresentazione, ovvero la vera e propria Scinnenza (dal siciliano scinniri che significa “scendere”) e cioè la deposizione di Gesù dalla croce. La rappresentazione termina con il pentimento e il suicidio di Giuda.

Già nel Medioevo esistevano, a Caltanissetta, tali rappresentazioni che si svolgevano nei quattro venerdì di marzo precedenti la Settimana Santa. La prima, con molti attori, ebbe luogo nel 1840, ma l’anno successivo, a causa di gravi disordini generati dalla grande folla, venne abolita. Fu ripresa con successo nel 1957; nel 1961 per iniziativa dei salesiani e, poi, di nuovo dal 1972 sino ad oggi.

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Il Mercoledì Santo c’è la Processione della Real Maestranza. La Maestranza, così come la conosciamo, nasce nel 1551 quando venne formata come milizia cittadina per difendere Caltanissetta in caso di invasione dei Turchi. Era formata da artigiani, i mastri appunto, divisi in varie categorie, e guidata da un capitano d’armi, generalmente un nobile. L’attuale corteo storico ebbe origine dal fatto che la mattina del Mercoledì Santo, a conclusione delle quaranta ore in cui il Santissimo Sacramento rimaneva esposto all’interno della chiesa madre all’adorazione dei fedeli, la Maestranza salutava, armata di archibugi e picche, l’esposizione del Venerabile che veniva mostrato dal parroco alla folla in un ostensorio dal sagrato della chiesa madre. In quel momento la Maestranza sparava a salve con gli archibugi per rendere l’onore delle armi al Santissimo Sacramento.

Il titolo di “Reale” le fu attribuito nel 1806 da Ferdinando IV di Borbone che, trovatosi in visita a Caltanissetta, restò impressionato dalla grande sfilata. Nel 1821 la milizia perse il suo carattere militare, per timore che potesse sostenere possibili rivolte anti-borboniche. Le armi furono sostituite con i ceri, con cui ancora oggi partecipano al corteo, continuando però a partecipare alle principali manifestazioni religiose cittadine, quali la processione del processione del “Cristo nero” del Venerdì santo e quella di San Michele dell’8 maggio. Il fulcro attorno al quale ruota tutto è il Capitano, un artigiano scelto ogni anno in una categoria diversa, che durante tutta la settimana gode di alcuni privilegi: ha in consegna le chiavi della città; porta con sé la spada, simbolo di comando; si cinge della fascia tricolore, simbolo della fedeltà all’autorità statale, e riceve la nomina a Cavaliere della Repubblica. Nella medesima categoria del capitano sono scelte le cariche capitanali: lo Scudiero, che porta innanzi lo scudo e la lancia; il Portabandiera Storico, che porta l’antico vessillo multicolore della Real Maestranza, e l’Alfiere Maggiore.

Oltre a queste cariche, legate principalmente alla processione e rinnovate di anno in anno, ve ne sono altre che hanno mandato più lungo: il Gran Cerimoniere, solitamente il mastro più anziano, il Maestro Cerimoniere, il Cerimoniere Ecclesiastico, il Responsabile di Corteo, il Console Generale, i Membri del Direttivo, i Consoli di Categoria. Infine, tutti gli altri artigiani sono i Milizioti, termine che ricorda l’antica origine della Real Maestranza.

Il Capitano e il Paggetto, con le chiavi della città

I preparativi per la cerimonia iniziano sin dalla prima mattina del Mercoledì Santo, seguendo una rigorosa tradizione. Il Maestro Cerimoniere si reca a casa del Capitano per iniziare la vestizione, con il tipico abito settecentesco, sotto l’attento occhio dei Capitani degli anni precedenti, del Console Generale e dei Cerimonieri. In questa fase il Capitano indossa le calze nere, come il resto dei milizioti, guanti e farfallino neri. Intanto i mastri delle varie categorie si recano a prelevare i rispettivi alabardieri e portabandiera dalle loro abitazioni.

La categoria che ha espresso il Capitano, inoltre, si reca in corteo a prelevare l’Alfiere Maggiore, il Portabandiera Storico e lo Scudiero nelle rispettive case. Successivamente, tutte le categorie si riuniscono in piazza Garibaldi e si recano insieme alla banda a rendere omaggio al Capitano, davanti alla sua abitazione. Dopo un breve saluto dal balcone, il Capitano scende in strada, annunciato da tre squilli di tromba e accolto da un caloroso applauso. Qui è accolto dal presidente dell’associazione Real Maestranza, che lo invita a passare in rassegna la milizia schierata davanti all’abitazione del Capitano, con la formula: «Capitano, la Milizia è schierata. La onori passandola in rassegna». Durante questa fase il Capitano usa il saluto militare, retaggio delle origini miliziane della Maestranza.

Il corteo della Real Maestranza sfila in corso Umberto I la mattina del Mercoledì Santo. Da qui tutto il corteo si sposta nel cortile ex collegio gesuitico, sede della biblioteca Scarabelli, dove vengono accesi i ceri, ammainate le bandiere, listate a lutto le alabarde, si alza il gonfalone e, non appena il Capitano riceve il Crocifisso velato di nero, parte il corteo in versione penitenziale fino in Cattedrale, accompagnata dal suono dei tamburi imperiali della banda musicale,che suona marce funebri. Tutta la Maestranza indossa guanti e farfallini neri in segno di lutto. Dentro la Cattedrale, il Capitano riceve il perdono perché si è fatto carico dei peccati di tutti e, insieme a tutta la Maestranza, sostituisce le calze, la cravatta e i guanti con quelli bianchi, in segno di gioia. A mezzogiorno la Real Maestranza esce dalla Cattedrale scortando in processione il Venerabile portato dal Vescovo in un ostensorio d’oro, mentre la banda musicale li accompagna suonando a festa e il Capitano portando un cero del Crocifisso velato. Al termine dell’intensa mattinata, il Capitano si ritira nuovamente a casa dove, per tutto il pomeriggio e buona parte della sera, riceverà le categorie di artigiani, le autorità civili, quelle ecclesiastiche e infine gli amici e i parenti. Le attuali categorie che partecipano sono: Panificatori, Idraulici e Stagnini, Barbieri, Pittori Decoratori, Muratori, Marmisti, Falegnami ed Ebanisti, Carpentieri e Ferraioli, Calzolai, Pellettieri e Tappezzieri, Fabbri.

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Processione delle Varicedde

Le Varicedde (dal termine siciliano Variceddi, letteralmente “piccole Vare”), sono diciannove gruppi statuari portati in processione la sera del Mercoledì Santo. Sedici di queste altro non sono che riproduzioni più piccole delle sedici Vare che sfilano il Giovedì Santo, a cui si aggiungono altri tre gruppi, raffiguranti scene della Passione di Cristo. La processione delle Varicedde nacque ai primi del ‘900 quando giovani garzoni di bottega, rimasti esclusi dalla processione delle Vare del Giovedì Santo, decisero di organizzare un corteo con delle piccole imitazioni in terracotta delle grandi Vare che partisse dal quartiere San Domenico al tramonto del Mercoledì Santo. Le Varicedde venivano portate in processione in palma di mano su dei vassoi e venivano accompagnate da canti di dolore in siciliano: le Lamentanze o Ladate, simili a quelle eseguite tuttora la sera del Venerdì Santo, intonati dai giovani organizzatori.

Nel giro di pochi anni però la processione scomparve del tutto e venne ripristinata negli anni venti quando lo scultore e restauratore di San Cataldo Giuseppe Emma venne incaricato da alcuni privati di realizzare delle piccole riproduzioni delle Vare per ripristinare la processione, che venne fatta partire davanti alla chiesa di San Giuseppe, vicino a Piazza Garibaldi e al quartiere Provvidenza, per poi seguire il percorso dei grandi gruppi del Giovedì Santo. Anche l’artista nisseno Salvatore Capizzi venne incaricato di realizzare altri piccoli gruppi per la processione, che tra il 1941 e il 1945 non ebbe luogo a causa della Seconda guerra mondiale. Negli anni cinquanta la manifestazione venne ripresa, assumendo l’aspetto attuale, e vennero commissionati nuovi gruppi a Salvatore Capizzi e a Giuseppe Emma. I materiali di realizzazione erano generalmente gli stessi per tutti i gruppi sacri: terracotta per visi, mani e piedi; legno per le intelaiature e cartapesta per i panneggi. Nel 1994 i possessori delle Varicedde hanno costituito l’associazione “Piccoli Gruppi Sacri – Le Varicedde” con lo scopo di organizzare al meglio la processione.

Usualmente le Varicedde sono conservate nelle abitazioni dei proprietari. Durante il primo pomeriggio del mercoledì santo vengono sistemate in vari punti della città e vengono preparate per la processione, con decorazioni floreali e luci. All’approssimarsi del vespro, accompagnate dalle bande musicali, tutte le Varicedde confluiscono in Piazza Garibaldi, da dove prenderà il via la processione. Lungo tutto il tragitto numerosi devoti, in gran parte ragazzi e bambini, accompagnano la processione che, con candele, ceri e in particolare i tradizionali bilannuna, ceri di grandi dimensioni, termina diverse ore dopo in piazza Garibaldi, là dove era iniziata. In seguito, vengono esposte sino alla domenica di Pasqua presso l’androne del Palazzo del Carmine, sede del Municipio.

Il momento più pregnante è la sera del Giovedì Santo, quando appaiono le “Vare”, dei carri su cui vengono montati imponenti gruppi scultorei in legno, cartapesta e gesso che rappresentano le scene della passione e morte di Gesù. In questa giornata le strade del centro vedono sfilare in Processione le 16 Vare, che rappresentano le stazioni della Via Crucis e sono opera, per la maggior parte, dei Biangardi, scultori napoletani della seconda metà dell’Ottocento. Accompagnate da 16 bande, che suonano contemporaneamente durante il percorso, ognuna è decorata di luci e di fiori e accompagnata da un corteo di devoti, dal ceto dei proprietari, da portatori di candele e di fiaccole. È una processione molto amata dalla città e che attrae moltissimi turisti. Pur avendo origini settecentesche la processione ha assunto la forma attuale negli anni del grande sviluppo dell’attività zolfifera.

Proprio negli anni dei più gravi disastri minerari, la pietà popolare degli zolfatari si concretizzò con la commissione ai Biangardi di alcune delle sedici Vare: la “Veronica” nel 1883 e la “Flagellazione” nel 1888 con il danaro raccolto dagli operai scampati al disastro della miniera di Gessolungo; la “Scinnenza” commissionata nel 1885 dagli zolfatai della miniera Tumminelli; il “Sinedrio” per gli uomini della zolfara Testasecca nel 1886; la “Condanna” costruita su richiesta dell’amministrazione della miniera Trabonella nel 1902. L’ultima, la sedicesima vara, è l'”Addolorata”, simbolo di tutte le donne, madri, mogli sorelle e figlie, che piangono i propri uomini morti nelle gallerie maledette.

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Il Venerdì Santo c’è la Processione del Cristo Nero, un piccolo Crocifisso ligneo del XV secolo, oggetto di grande venerazione da parte dei nisseni, che gli hanno dato il titolo di Signore della città e sarebbe stato ritrovato in una grotta tra due candele accese e, al tramonto, portato a spalla e a piedi scalzi dai “fogliamari”, i vecchi raccoglitori di verdure selvatiche. In questo giorno di dolore e di lutto, la città assiste compostamente alla processione accompagnata dai ladanti, un gruppo di uomini scalzi, vestiti di una tunica viola, che cantano, in un antico dialetto, la triste vicenda della morte di Cristo sulla Croce. Fino a qualche anno fa il gruppo dei ladanti era costituito dai fogliamari, i raccoglitori di verdure selvatiche, che si tramandavano oralmente questa antica tradizione; oggi, invece, la devozione si è allargata a tutti i ceti sociali che sono entrati a far parte di questo gruppo.

Dopo il giorno di silenzio del Sabato Santo, la Domenica di Pasqua le campane si sciolgono, il Capitano della Maestranza restituisce le chiavi della città al sindaco e tutti insieme assistono al pontificale solenne in Cattedrale, mentre fuori, tra il suono delle campane e i mortaretti, vengono liberate le colombe bianche, simbolo della pace.

 

PROGRAMMA

14 aprile
Domenica delle Palme

Alle 17,30
Processione di Gesù Nazareno

15 aprile
Lunedì Santo

L’ultima cena
47° edizione della Passione di Gesù

16 aprile
Martedì Santo

Dalle 16,30 alle 22,15
Il Processo a Gesù – Via Crucis e A Scinnenza

17 aprile
Mercoledì Santo

Alle 10
Processione della Real Maestranza

Alle 20
Processione “Varicedde”

18 aprile
Giovedì Santo

Alle 10
Concerto bandistico

Alle 20,30
Processione dei Gruppi Sacre – “Vare”

19 aprile
Venerdì Santo

Alle 19
Processione del Santissimo Crocifisso Signore della Città

21 aprile
Domenica di Pasqua

Dalle 9 alle 20,30

Alle 20
La Resurrezione.

Che la Settimana Santa a Caltanissetta abbia inizio.

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