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Libri: “Benevolenza cosmica”, di Fabio Bacà | RECENSIONE

giovedì 4 Luglio 2019
Benevolenza cosmica

Ho appena finito di leggere questo romanzo d’esordio di Fabio Bacà pubblicato a marzo di quest’anno, 2019, dalla prestigiosissima casa editrice milanese Adelphi.

L’ho comprato e letto perché qualche settimana fa ho visto un post dello scrittore torinese Enrico Remmert – che stimo e ammiro come narratore italiano originale e di indiscutibile spessore culturale e artistico – che nel suo profilo Facebook, dopo averlo letto, lo commentava così: «La cosa più intelligente e divertente che ho letto nel 2019. Chapeau!».

Cover Benevolenza cosmicaEbbene, dopo averlo letto anch’io, quasi d’un fiato, mi sono accorto di avere emozioni e sensazioni contrastanti, doppie per certi versi, che ho deciso di scrivere di getto seguendo pedissequamente il doppio delle mie due pulsioni di lettore dilettante. Qual è a questo punto la mia vera recensione delle due a seguire?

Per saperlo, bisogna affidarsi alla statistica del lancio della monetina testa/croce… dove le probabilità sono perfettamente suddivise metà testa e metà croce… Anche se poi, sempre la statistica ci avverte che nella realtà, è possibile che lanciando la nostra monetina in aria dieci volte, possa risultare che su dieci lanci venga sempre testa anziché croce… ma la probabilità che statisticamente ciò si avveri è di poco meno di 1 su 1000… quindi possibile nella realtà, ma molto improbabile per la scienza statistica!

Ma detto questo, per sapere qual è la mia recensione “vera”, basta prendere la nostra monetina, lanciarla in aria, aspettare che cada per terra, e il lato che vi apparirà sarà quello giusto… anche l’altro, a dire il vero, è quello giusto, ma riguarda il “lato verso”, la versione del mio doppio direbbe Dostoevskij, o Gogol’, o Stevenson, o Oscar Wilde, o Pirandello, o Schnitzler … o forse Franz Kafka…? Boh? Confusissimo sono! Comunque sia… le due versioni della recensione che leggerete a seguire, da sorteggiare con la vostra monetina, sono queste:

Recensione “Testa”:

Un bell’esempio di ingegneria letteraria (bariccosa?) di stampo kafkiano verso… si potrebbe sintetizzare in questa frase il romanzo d’esordio di Fabio Bacà che sta facendo discutere animatamente schiere di critici e lettori appassionati di belle e finalmente originali storie da leggere sotto l’ombrellone di questa rovente estate italiana. Franz Kafka che l’autore ci propone (p. 96) somigliante all’ispettore indagatore benevolo nella narrazione de quo che vorrebbe riempire il protagonista di decine di migliaia di sterline per un imprevedibile errore di Stato… e questo richiamo narrativo è come voler subliminalmente suggerire (?) la parentela narrativa del suo scritto con l’opera esistenzialista – La metamorfosi – più nota del grande genio letterario cecoslovacco… (O austriaco? O ungarico? O austroungarico … oppure, forse, tedesco d’Austria…? Boh? …) che qui assume le vesti di una Metamorfosi cosmica benevola che investe – come già e per altro verso all’inizio del Novecento il Gregor Samsa del genio praghese – inesorabile il protagonista, un certo Kurt O’Reilly, di improbabili avventure metropolitane tutte a lieto fine nella Londra virtuale di Google Maps e Street View!

E poi ci sono due interessanti psicologi, o psicoterapeuti, o psicoanalisti … (?) … che nel rispetto della parità di genere – un uomo, il dottor Leone, e una donna, la dottoressa Dos Santo, entrambi latini e non anglosassoni – utilizzano approcci terapeutici brevissimi, anzi, fulminei, inverosimili, molto distanti dalla realtà terapeutica attuale, pur richiamando l’ortodossia freudiana, ma che dico? junghiana, ma che dico?, della Scuola di Palo Alto watzlawickiana (Ma si può dire? Boh?), ma che dico?, … o forse è un futuristico approccio olistico-psicodinamico che li comprende tutti e nessuno, e che viene utilizzato nel racconto con un setting tanto originale quanto efficace: in una piscina sospesa nel vuoto collocata in un attico lussuoso di un grattacielo il primo, in un affollato pub londinese alla moda la seconda. Ed entrambi, con geniale maestria clinica, in un’unica bizzarra “seduta”, riescono a comprendere l’inverosimile problema del nostro eroe, come se fossero dei veri psico-veggenti!

La scrittura di Bacà è ricercata e studiata a tavolino – ovviamente si fa per dire “a tavolino” in quanto oggi tutti gli scrittori, o quasi, per ricercare sinonimi e contrari che conoscono poco o ricordano a malapena dagli studi umanistici o scientifico/matematici/statistici liceali, utilizzano i dizionari online, quindi più opportunamente sarebbe meglio dire on the desk – in modo ossessivo, con un susseguirsi narrativo composto da significati e significanti pioneristici e presi a prestito da altre discipline, frutto di una incontrollata e narcisistica coazione a ripetere letteraria che impressiona e sorprende a piè sospinto il lettore. L’ostentare termini non sempre necessari alla narrazione rallenta la lettura, la rende claudicante, incerta, a tratti la devia quasi algo-ritmicamente dall’originale storia di Kurt O’Reilly all’ammirazione per la sagacia e l’imponente spessore culturale dell’autore, al talvolta fastidio epidermico che proietta ob torto collo il lettore nelle fredde discipline statistiche e matematiche spoglie di qualsiasi forma di pathos narrativo.

Detto questo, il romanzo è da leggere. Compratelo!

Recensione “Croce”:

Finalmente un bel romanzo italiano, originale, schietto, diretto, divertente, con un linguaggio nuovo, ricercato, non omogeneizzato, quasi gesualdobufaliniano per lo spessore “letterario” che l’autore riesce ad esprimere tra le righe della narrazione, sempre con un’armonia leggera, spiritosa, coinvolgente che cattura il lettore. Una storia statisticamente improbabile, è vero!, ma che contiene pillole di saggezza, di karma orientale, di sano neo-realismo virtuale contemporaneo, social direbbero i lettori Millennial che certamente, più dei nati nel Novecento, sapranno apprezzare questa avventura – Benevolenza cosmica – metropolitana oltremanica dei nostri giorni dove i ricchi ricchi mantengono sane distanze di sicurezza dai poveri poveri. Una storia raccontata con una scrittura narrativa al passo coi tempi dell’uomo technologicus del Ventunesimo secolo e quindi fuori dagli schemi tradizionali e rassicuranti “promossi” dai più importanti editori italiani che mai s’avventurano nel lanciare autori originali – e quindi pericolosi commercialmente – che in quanto “originali” risultano (per gli editori nostrani, appunto) incapaci di produrre opere letterarie omogeneizzate da pascere al lettore fedele (Il follower? Il fan? Il cliente che acquista come sonnambulo libri che non leggerà mai?) che non aspetta altro che il nuovo suggerimento della sua casa editrice di fiducia. Adelphi in questo caso ha avuto questo grandissimo e nobile merito e coraggio imprenditoriale: aver pubblicato un autore esordiente che senza dubbio alcuno è fuori dagli schemi rassicuranti e pedanti dei maggiori “scrittori” di successo italici, “maestri” nel creare confezioni di omogeneizzati artigianali, scremati, insipidi e pedissequamente ispirati al taylorismo… o al fordismo? O al metodo tayloristico? O a tutti insieme allegramente? (Boh?) Confusissimo sono! Comunque sia, questo rimane senza dubbio alcuno un grande e ammirevole – almeno per me! – reciproco merito, di Adelphi e di Fabio Bacà. Speriamo che su questa luminosa e pionieristica scia altre case editrici, altrettanto prestigiose e importanti quale Adelphi – oltre alle piccole case editrici indipendenti che lo fanno già da anni con gravoso e ardito rischio d’impresa! – inizino ad investire e a ricercare autori nuovi con scritture originali e moderne, e la smettano una volta per tutte di proporre e ri-proporre ossessivamente i soliti stereotipi déjà-vu e i soliti omogenizzati (Mi ripeto? lo so! Ma mi diceva sempre mia nonna che repetita iuvant… chissà se nella fattispecie funzionerà!) che hanno nauseato sino al vomito la maggior parte dei lettori cacciatori di belle emozioni e di storie originali… lettori veri costretti, ahiloro, per non morire di noia intellettuale, a rifugiarsi nei classici dell’Ottocento e del Novecento!

C’è una domanda ricorrente che subliminalmente ritroviamo nella narrazione di Bacà: «Siamo vittime del fato o padroni di noi stessi col nostro libero arbitrio?» Forse la statistica può aiutarci a capire? O forse no? Chi leggerà, vedrà…

Comunque sia, dal mio punto di vista Benevolenza cosmica va acquistato di corsa e letto con gusto che sarà fresco e intelligente (su questo non c’è alcun dubbio!) e stimolerà la voracità del lettore per altre e nuove storie che saprà offrici il nostro bravissimo Fabio Bacà.

Detto questo, il romanzo è da leggere. Compratelo!

Post scriptum:

In una bella intervista del 1987, Stanley Kubrick, lettore vorace e attento che spaziava dai classici alle letture dei più disparati romanzieri del suo tempo e autori spesso sconosciuti al grande pubblico, disse: «Tutti i film che ho realizzato sono partiti dalla lettura di un libro. I libri che ho trasformato in film avevano quasi sempre un aspetto che a una prima lettura mi portava a domandarmi: “È una storia fantastica; ma se ne potrà fare un film?” Ho sempre dei sospetti quando un libro sembra prestarsi troppo bene alla trasposizione cinematografica. Di solito significa che è troppo simile ad altre storie già raccontate e la mente salta troppo presto alle conclusioni, capendo subito come lo si potrebbe trasformare in film. La cosa più difficile per me è trovare la storia. È molto più difficile che trovare i finanziamenti, scrivere il copione, girare il film, montarlo e così via. Mi ci sono voluti cinque anni per ciascuno degli ultimi tre film perché è difficilissimo trovare qualcosa che secondo me valga la pena di realizzare. (…) Le buone storie adatte a essere trasformate in un film sono talmente rare che l’argomento è secondario. Mi sono semplicemente messo a leggere di tutto. Quando cerco una storia leggo per una media di cinque ore al giorno, basandomi sulle segnalazioni delle riviste e anche su lettura casuali». (tratto da “Candidamente Kubrick”, di Gene Siskel, pubblicato sul Chicago Tribune, 21 giugno 1987).

Ebbene, finita la mia lettura di questo interessante romanzo, ho immaginato Kubrik seduto nella sua stanza di Londra dove si rinchiudeva spesso a leggere per ore ed ore alla ricerca di una storia da trasformare in uno dei suo film, che terminato Benevolenza cosmica dice a sé stesso ad alta voce:

Versione “Testa”: «What a fuck story written in a fuck way is this!?»

Versione “Croce”: «What a marvelous story written in an amazing way is this!?»

Anche in questo caso dobbiamo fare uso della monetina testa/croce per sapere quale espressione avrebbe usato alla fine della sua lettura il nostro Kubrick immaginato… perché le due eureka kubrickiane, come le due versioni della recensione, continuano a frullare nella mia testa di lettore curioso – ma certamente dilettante e incompetente – in modo ossessivo e con una coazione a ripetere irrefrenabile, anche se insignificante statisticamente!

SINOSSI TRATTA DAL SITO UFFICIALE DI ADELPHI EDITORE:

«A Kurt O’Reilly non ne va bene una. Ma una, eh? Il medico cui si rivolge per un piccolo fastidio gli spiega, esterrefatto, che in tutti i casi conosciuti quel problema ha un esito nefasto – tranne che nel suo. Sul lettino di un tatuatore, una sensazionale pornostar gli lascia intravedere un paradiso a portata di mano. I soldi investiti distrattamente non fanno che moltiplicarsi. Persino il tassista che lo scorrazza in una Londra appena spostata nel futuro insiste per pagargli lui la corsa. No, decisamente qualcuno trama alle sue spalle, e a Kurt non resta che tentare di capire chi, e perché. Un po’ alla volta una macchinazione verrà fuori, in effetti, ma non possiamo dire altro: perché la macchinazione è questo singolare, trascinante, divertentissimo romanzo».

 

Andrea Giostra

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