Questa sera, a Messina, sarà riacceso dopo oltre 6 anni il pilone di Torre Faro.
Lo Stretto tornerà ad essere illuminato grazie al suo monumento simbolo, tratto distintivo della Sicilia nel mondo. È un dato di fatto che al pari di costruzioni quali la Torre Eiffel, il Pilone di Torre Faro, con i suoi 232 metri di altezza, sia annoverabile tra i 5 tralicci monumentali ed elettrici al mondo.
“La sua realizzazione, sin dalla progettazione è stata connotata da un forte impatto simbolico oltre che monumentale. Il Paese usciva dalla guerra e la voglia di ricominciare, di affermare la propria identità era più forte delle evidenti problematiche legate alla ricostruzione economica e sociale. Dal 2013, anno in cui si spegneva l’illuminazione del Pilone, per via dei costi di manutenzione e d’esercizio insostenibili, la nostra Amministrazione riaccende i riflettori su Torre Faro, consegnando alla città un impianto con una notevole riduzione sia in termini di impatto ambientale che di spesa“. A riferirlo con orgoglio è il sindaco di Messina, Cateno De Luca, il quale ha fortemente voluto che la città si potesse riappropriare del suo punto di riferimento agli occhi del mondo.
Il dato più emblematico del nuovo impianto d’illuminazione riguarda due aspetti: la riduzione di anidride carbonica che passa da 116.800 kg/anno a 6.351 kg/anno e soprattutto la spesa annua, che da 35 mila euro passerà a meno di 2 mila euro. Una netta inversione di tendenza che inaugura la stagione del cambiamento, cominciata un anno fa e che continua a dare i suoi frutti.
“Con un atto d’amore stiamo dando il massimo per far rinascere il territorio – conclude il Primo cittadino. Dopo un anno di intensa attività passato a sistemare la macchina amministrativa e cominciare a dare le risposte che la città attende da anni, vogliamo dare un piccolo segno di discontinuità con il passato. Dando nuovamente luce al Pilone di Torre Faro, vogliamo riaccendere nei cittadini la fiamma della speranza, per ribadire che rimboccandoci le maniche, possiamo uscire fuori dalle sabbie mobili in cui era precipitata la comunità e costruire insieme un modello virtuoso che sia da riferimento per il futuro“.