I parlamentari 5 stelle sono in subbuglio? C’è chi chiede addirittura che Di Maio rimetta tutte le deleghe? No no, da New York, forse per l’effetto del fuso orario che fa brutti scherzi, Luigi Di Maio, neo ministro degli esteri, pare aver visto un altro film. Non crede all’evidenza e parla di equivoco. Nemmeno le 70 firme raccolte contro di lui durante la riunione per la scelta del nuovo capogruppo al Senato possono scuoterlo dalla bolla di felicità in cui si trova, tanto che minimizza e dice che non è così.
In fondo, non fa altro che ripetere lo stesso copione che ha recitato quando il movimento è uscito sconfitto dalle tornate elettorali amministrative ed europee, negando ciò che per molti altri era fin troppo evidente.
“Sono stato eletto capo politico con l’80% di preferenze – afferma – non con il 100% ed è giusto che ci sia chi non è d’accordo ma far passare quelle 70 firme per 70 firme contro di me… Ci sono persone che potrei definire amiche e con cui lavoro ogni giorno che mi hanno chiamato e mi hanno detto che è un grande malinteso: ‘non è contro di te ma per rafforzare il gruppo parlamentare'”.
E poi, cerca di sviare, di cambiare discorso per evitare di restare all’angolino e attaccando – anche questo secondo copione – l’ex alleato leghista: “Mi auguro – sottolinea – che ci sia il consenso in parlamento per far partire la commissione d’inchiesta sui fondi ai partiti”. “Penso – aggiunge – che il governo sia caduto anche per la volontà della Lega di non far partire quella commissione”. Sulla vicenda dei presunti fondi russi, “invece di provare a portare in parlamento uno che da ministro neanche è voluto venire a riferire, sosterrei l’idea di una commissione non solo sul caso specifico ma su tutti i finanziamenti ai partiti negli anni scorsi”.