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“Winter journey” è il viaggio metaforico nel freddo dell’Europa di oggi e nell’isolamento emotivo che prova chi è obbligato a compiere questo viaggio. L’omonima opera, frutto della collaborazione artistica tra Ludovico Einaudi (musiche), Roberto Andò (ideazione drammaturgica) e Colm Tóibín è andata in scena in prima rappresentazione assoluta al Teatro Massimo di Palermo, che lo coproduce insieme al Teatro San Carlo di Napoli (repliche fino all’8 ottobre).
“Mio è soltanto il respiro… ti mando il mio affettuoso respiro nel buio del campo“. Le tragedie del mare raccontate in forma artistica perché non si dimentichino uomini, donne e bambini mentre la cronaca di questi giorni registra altre morti annunciate nel Canale di Sicilia, consegnando nelle mani di tutti noi una ulteriore responsabilità.
Winter journey è un racconto a più voci che diventano, insieme, metafora del travaglio, fisico ed emotivo, della necessità di lasciare la propria terra ed approdare, per vie disumane, in un’altra che si spera essere più sicura.
A rendere fortemente emozionate ed evocativa la rappresentazione è dall’inizio la musica che il compositore Einaudi, noto per la sua capacità di dare forma, in note, alle diverse sfumatura emotive, ha composto cimentandosi per la prima volta in un’opera teatrale.
A scena aperta, invece, giunge il contributo, altrettanto sostanziale ed efficace, del regista Roberto Andò che, con l’ausilio di piani sovrapposti trasparenti, che sfumano non solo fisicamente l’uno sull’altro, realizzano l’incontro tra mare e terra, tra luoghi distanti e anime in perenne contatto.
Anche il libretto di Tóibín nella sua essenzialità e semplicità, dove ricorrono le parole più elementari che descrivono la vita di un essere umano senza figure retoriche o ridondanze, è efficace seppur, nell’inquadrare il personaggio del “politico” scivola nella retorica, grande periglio possibile in questa rappresentazione, della cronaca, sia nella parole del testo sia nella resa scenica (pedissequa, a nostro avviso, la scelta di focalizzare l’attenzione sul colore “verde“, dalla cravatta indossata dall’attore alle luci che, più di una volta, lo rievocano in sua assenza).
Valore aggiunto, infine, alla bravura dell’intero cast artistico, tra cui in scena Rokia Traoré, Badara Seck, Mouhamadou Sazll, Jonathan Moore, Elle van Knoll e Mamadou Dioume, oltre al Coro e all’Orchestra del Teatro Massimo, sono stati i vocalizzi e le parti cantate in lingua originale malese e senegalese.
L’intento di questa produzione artistica, come ci hanno detto gli autori alla presentazione alla stampa, voleva essere realizzare un’Opera che raccontasse l’oggi ma fosse, al tempo stesso, creatura senza tempo e mònito per le future generazioni. Se crediamo, dunque, a quella sublime frase impressa sul capitello del Teatro Massimo, “L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita; vano delle scene il diletto ove no miri a preparar l’avvenire”, allora Winter journey, non poteva trovare palcoscenico migliore per debuttare.