Nuove rivelazioni sulla strage di Capaci in cui morì il giudice Giovanni Falcone. A rivelarle è Pietro Riggio, 54 anni, pentito dal 2009, che ha parlato anche dell’ex leader di Confindustria Sicilia Antonello Montante, condannato a 14 anni in primo grado.
Secondo il verbale dell’interrogatorio dell’ex agente delle Polizia Penitenziaria e reggente della famiglia mafiosa nissena (oggi collaboratore di giustizia) «un ex poliziotto che chiamavano il “turco” mise l’esplosivo sotto l’autostrada». E – come scrive oggi Repubblica – aggiunge: «Mi ha confidato di aver partecipato alla fase esecutiva delle strage Falcone – ha messo a verbale Riggio davanti ai pm di Caltanissetta – si sarebbe occupato del riempimento del canale di scolo dell’autostrada con l’esplosivo, operazione eseguita tramite l’utilizzo di skateboard».
Alle perplessità dei magistrati sul perché non avesse mai parlato prima di questo ex poliziotto, Riggio ha risposto il 7 giugno 2018 che «fino ad oggi ho avuto paura di mettere a verbale certi argomenti, temevo ritorsioni per me e per la mia famiglia. Ma, adesso, i tempi sono maturi perché si possano trattare certi argomenti».
Da qui la descrizione dell’ex poliziotto, con tanto di nome, nei documenti che al momento sono secretati. I verbali con queste inedite rivelazioni invece sono stati depostati alcuni mesi fa al processo bis per la strage di Capaci.
Ma chi era questo ex poliziotto definito “il turco”? Riggio sostiene di averlo conosciuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Poi nel 2000, dopo la scarcerazione: l’ex poliziotto avrebbe recluta il mafioso per fare parte di una non ben identificata struttura dei Servizi che si occupa della ricerca di latitanti: «Avrei dovuto dare loro una mano per la cattura di Provenzano, indicando le persone che erano in contatto con lui, insomma diventando una sorta di infiltrato».
A Caltanissetta l’attenzione è altissima. E le nuove dichiarazioni hanno convinto la procura nazionale antimafia a convocare un vertice. L’ipotesi del cosiddetto “doppio cantiere“ per la strage del 23 maggio 1992, era già emersa in passato: dalla presenza di guanti, una torcia e il dna di soggetti estranei a Cosa nostra, fino alle telefonate fantasma in America. Per non parlare del’ipotesi del secondo telecomando: secondo recentissime rivelazioni del pentito Maurizio Avola, un “forestiero” avrebbe aiutato i mafiosi: l’artificiere di John Gotti, il capo della famiglia mafiosa Gambino di New York.
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