Si intitola “M’appelle Mohamed Alì / Chiamami Mohamed Alì” lo spettacolo teatrale del drammaturgo congolese Dieudonné Niangouna, residente a Parigi, che andrà in scena al Piccolo Teatro Patafisico sabato 26 ottobre (ore 21) e domenica 27 (ore 18) per volare in primavera al Teatro Periferico di Cassano Valcuvia (Varese).
La messa in scena è il risultato di un progetto che ha coinvolto sei migranti che hanno accettato l’invito ad andare a teatro e di far parte, in seguito, della Compagnia Blitz, che lo produce, fondata nel 2014 da Margherita Ortolani, regista della pièce, e Vito Bartucca.
Dopo diversi spettacoli visti insieme sono stati loro, Ibrahima Deme, Mbemba Camara, Moussa Sangaré, Souleymane Bah, Moussa Koulibaly e Bassi Dembele a chiedere a quelle persone di poter fare di più: di quella vita culturale loro volevano far parte (luci: Mbemba Camara, Gabriele Gugliara; musica e suono: Roberto Cammarata, Moussa Sangaré; scene e costumi: Souleymane Bah, Vito Bartucca; training pugilato: Chadli Aloui).
“Cosa resterà di me se mi dimentico della mia cultura?”: questa è una delle questioni affrontate alla fine degli spettacoli, una delle domande poste dai giovani africani a quegli sconosciuti. “Come faccio a recuperare, non dimenticare, far conoscere la mia di cultura?”: così è nata una collaborazione per provare a costruire invece di dimenticare, dalla collaborazione sono nati dei professionisti e dai professionisti è nato uno spettacolo.
“Abbiamo lavorato con questi ragazzi non perché migranti, ma perché portatori di potenzialità e di valori unici ed imprescindibili. È questo il primo muro culturale da abbattere – dice Margherita Ortolani – rifiutarsi di schiacciare qualcuno sotto il peso di una definizione univoca. La loro identità è continuamente messa in discussione da uno status che si ostina a mantenerli invisibili”.
Mohamed Ali, il più grande pugile di tutti tempi, il campione del mondo: attraverso una scrittura compatta e senza compromessi, l’autore congolese Dieudonné Niangouna intreccia la leggenda di Cassius Clay ad una parola poetica che mette in scena il senso dell’essere africano oggi, la sfida dell’uomo di cultura che indossa con orgoglio la propria identità.
Il teatro come ring, come atto di resistenza. Il testo, nella sua versione italiana, è affidato al corpo ed alla voce di un giovane attore della Costa d’Avorio che ne incarna tutta la fragilità e la forza.
Un’azione – prendere parola in scena, come nella vita – che è, soprattutto oggi, sfida e lotta quotidiana.
Lo spettacolo è inserito all’interno del percorso Diverse Visioni #2, incentrato sull’apprendimento delle arti e dei mestieri dello spettacolo dal vivo, e si avvale del supporto di UNHCR/INTERSOS