“A distanza di un anno dalla morte del giovane Samuele Bua, al Pagliarelli, poco o nulla é cambiato“, afferma Pino Apprendi, presidente di Antigone Sicilia.
“Intanto, la famiglia ha dovuto aspettare un anno per avere l’esito dell’autopsia, un tempo incredibile, una burocrazia che ferisce, ancora di più, i familiari. Il giovane che si sarebbe suicidato in una cella dopo 10 giorni d’isolamento, soffriva di gravi disturbi psichiatrici e avrebbe dovuto avere la sorveglianza a vista, certamente non era il carcere il luogo dove poteva trovare guarigione“, ha aggiunto Apprendi.
“Qualche mese fa un altro giovanissimo, a Barcellona Pozzo di Gotto, ha deciso di togliersi la vita con la stessa modalità, l’impiccagione, anche lui con gli stessi problemi di salute mentale, rinchiuso in cella d’isolamento. Anche in questo momento, nelle carceri, sono rinchiuse persone che gli stessi giudici del Tribunale dichiarano che dovrebbero risiedere nelle REMS, ma come è noto in Sicilia ce ne sono soltanto due, una a Caltagirone e una a Naso. Al momento in Sicilia ci sono oltre 100 persone che dovrebbero usufruirne“, ha detto il presidente di Antigone Sicilia.
“Si aspetta da anni che ne nasca una a Caltanissetta e non capiamo il motivo per cui Palermo ne sia sprovvista dove, forse, c’è la maggiore concentrazione di detenuti, con ben 3 carceri per uomini e donne e 1 carcere per minori. Aspettiamo con fiducia che si accertino le responsabilità sulla morte di questi ragazzi. Le famiglie hanno diritto di conoscere la verità. Lo Stato non può tradirti“, conclude Pino Apprendi.