Depositate ieri le motivazioni della sentenza di assoluzione della preside Evelina Maffey di Sciacca (AG), accusata di presunti maltrattamenti nei confronti di tre insegnanti e due assistenti amministrativi.
Si ribalta, così, la sentenza di condanna di primo grado emessa dal Tribunale di Sciacca nel dicembre del 2017, che l’aveva condannata a 1 anno e 4 mesi di reclusione e al risarcimento dei danni alle parti civili.
I fatti risalgono al 2012. “La vicenda in esame – si legge nelle motivazioni del processo d’appello – non ha in alcun modo assunto quella portata che era stata rappresentata più in generale da tutte le persone offese”.
La quarta sezione della Corte di appello di Palermo presieduta da Massimo Corleo (a latere Patrizia Ferro e Cristina Russo) non usa mezzi termini sulla genesi che aveva portato a processo Evelina Maffey, dirigente scolastico del Secondo Circolo Didattico “Sant’Agostino” di Sciacca.
La quarta sezione della Corte di appello di Palermo, accogliendo integralmente l’appello proposto dall’avvocato Gioacchino Genchi, ha riformato la sentenza di primo grado ed ha assolto l’imputata da tutti i reati alla stessa contestati “perché il fatto non sussiste”, revocando per l’effetto tutte le statuizioni risarcitorie previste nella sentenza di primo grado, pronunciata alla fine di un processo durato oltre 5 anni.
Nelle motivazioni della sentenza di assoluzione, i giudici evidenziano che “per la maggior parte delle condotte asseritamente vessatorie riferite o non vi era stato un riscontro o non era stata raggiunta la prova del loro carattere vessatorio”.
In particolare, in tre singole occasioni in cui la preside si sarebbe limitata ad invitare alcuni dipendenti a non rivolgere la parola a un assistente amministrativo, la Corte scrive: “Solo ciò, all’evidenza, non può tuttavia consentire di apprezzare adeguatamente la concreta portata penalistica di tali condotte, si ribadisce le uniche rimaste dimostrate all’esito di una lunga e complessa istruttoria dibattimentale, non potendosi esse prestarsi a disvelare un’abitualità vessatoria sorretta da volontà sopraffattrice e da una intenzionalità persecutoria”.
Anzi, il dirigente scolastico avrebbe avuto un atteggiamento tutt’altro che aggressivo nei confronti di chi l’ha denunciato, in quanto è stato accertato che questa “teneva dei comportamenti negligenti, non gestendo regolarmente il libro delle firme e consumando pasti della mensa scolastica destinati ai bambini, che ben avrebbero potuto essere utilizzati dalla Maffey ove avesse voluto tenere un comportamento vessatorio e strumentalmente prevaricatorio, per muoverle dei rimproveri o anche dei rilievi disciplinari, cosa che, invece, non risulta essere avvenuta”.
“L’evidenza constatativa dell’innocenza dell’imputata è, dunque, ricavabile dagli atti processuali – conclude la Corte –, conseguendone pertanto la necessità di dovere emettere nei riguardi della stessa una pronuncia assolutoria per insussistenza del fatto, con conseguente revoca delle statuizioni civili”. Nessun mobbing dunque.