Università di Palermo e Comando regionale della Guardia di finanza fianco a fianco nella prevenzione della criminalità e della corruzione: è su questo tema che si è concentrato il corso tenuto presso la Sala delle Capriate dello Steri, coordinato dai professori Angelo Cuva e Salvatore Costantino.
Tra i presenti il rettore Fabrizio Micari, il generale Ignazio Gibilaro, il direttore del Dems, Alessandro Bellavista, e il prefetto, Antonella De Miro. “Vogliamo esaltare l’azione della prevenzione intesa come trasparenza e informazione, dando un taglio ancora più diffuso, offrendo cioè una formazione ai giovani e realizzando un’attività che riteniamo prioritaria – ha spiegato Cuva, responsabile scientifico del corso -. Non si possono combattere corruzione e criminalità soltanto con strumenti sanzionatori, vogliamo rimuovere il limite che attiene alle coscienze, e quindi all’osservanza delle regole, attraverso un’azione di formazione diffusa che faremo coinvolgendo una serie di partner come la Prefettura, le scuole, l’Arma dei carabinieri e organismi privati in prima fila nel contrasto all’illegalità”.
Esprimendo “soddisfazione per una partnership ormai consolidata con la Guardia di finanza ormai da diversi anni”, il rettore Micari ha annunciato la nascita “di una laurea magistrale sui temi della prevenzione della criminalita’ e della corruzione” nell’ateneo palermitano che speriamo possa essere pronta per il 2018/19 come sbocco della triennale in Scienze politiche”. “Ci stiamo ragionando in questi giorni – ha aggiunto Micari – sempre nella logica del rinnovamento di un’offerta formativa ampia e diversificata che copra una serie di settori fondamentali per il territorio”.
Snocciolando una serie di dati legati all’attività della Guardia di finanza in Sicilia nella tutela della spesa pubblica e della legalità nella Pubblica amministrazione, il comandante Gibilaro ha sottolineato come il Corpo abbia ormai da tempo avviato “un’attività molto incisiva, e che ci sta dando un grosso ritorno in termini di salvaguardia del sistema economico, per far sì che i finanziamenti pubblici arrivino a chi ha titolo a riceverli e che gli appalti vengano attributi ai soggetti realmente più capaci di fornire beni e servizi a ottimi livelli per la cittadinanza. Questo – ha aggiunto – è un passaggio fondamentale non solo in termini di legalità ma anche di ripresa economica del Paese. Se vogliamo rilanciare la nostra economia non possiamo non utilizzare con il massimo rigore tutte le risorse pubbliche possibili per il loro giusto fine: quindi una ripresa economica e una giustizia sociale”.
Per il prefetto De Miro “la corruzione mina dalle fondamenta uno Stato democratico, perché piega l’interesse pubblico all’interesse strettamente privato. Dove c’è mafia c’è corruzione, e la mafia si è mutata nelle sue manifestazioni esterne, ha subito trasformazioni enormi. Lo Stato – ha ribadito – ha sconfitto la mafia stragista, ma non è stata sconfitta Cosa nostra che si presenta oggi in due modalità: mafia popolare, che vuole controllare il territorio e si esprime attraverso la richiesta del pizzo, anche se non più redditizio come in passato, e investe nel traffico degli stupefacenti, con diretti contatti con i narcos; e poi c’è un’altra mafia, che si presenta in giacca cravatta, investe nei circuiti finanziari e ha bisogno dei professionisti. Ora eroga servizi, il gioco per esempio è una nuova frontiera, sta attenta a cosa vuole il territorio e inoltre – ha concluso – può creare anche consenso”.