Qualche giorno fa un sondaggio Doxa ci informava che, al di fuori della Sicilia, si registra una scarsa conoscenza su Palermo come capitale della cultura per l’anno 2018.
A questo si aggiunge l’impressione che questo importante avvenimento sia vissuto dai palermitani in modo superficiale, quasi con distacco, come una questione di cui essere certamente orgogliosi, ma legata essenzialmente all’opportunità di rendere più attrattiva Palermo e la Sicilia e aumentare così il numero dei turisti.
Verrebbe così meno l’obiettivo di offrire, attraverso i suoi “tesori” a chi agisce e vive nella città, una maggiore e completa conoscenza del territorio, della nostra storia, della nostra identità.
Ci sembra questo, invece, l’altro obiettivo da perseguire, incoraggiati anche dai due avvenimenti che hanno caratterizzato il trascorso fine settimana con la massiccia partecipazione di tanti palermitani e di tanti giovani alla Notte Bianca promossa dall’Unesco.
Le visite ai siti arabo-normanni si sono protratte sino a tarda notte, con la Cappella Palatina che ha fatto la parte del leone, seguita dall’enorme successo del video mapping sulla storia del Castello della Zisa in una mescolanza di colori e musica in un contesto che ha fatto rivivere i fasti delle corti normanne.
Si parla ormai da anni della mancata valorizzazione e fruizione del nostro patrimonio culturale, storico e ambientale, perfino della sua distruzione. Una realtà che, per fortuna, ha conosciuto un’inversione di tendenza, sia per l’attenzione delle istituzioni ma, soprattutto, per una maggiore sensibilità dell’opinione pubblica, ma certamente non ancora sufficiente.
Le ragioni di questa disattenzione e sottovalutazione sono molteplici, a cominciare dalla scarsa conoscenza dei palermitani, ma il discorso vale per il resto della Sicilia, della ricca stratificazione dei nostri beni culturali. Non si può difendere ciò che non si conosce e pertanto non si può attivare e programmare la possibilità di una loro fruizione.
Peraltro in una fase di appannamento di valori civili e spirituali, la rappresentazione di questa ricca documentazione storica è importante al fine di non smarrire il nostro retroterra culturale, le varie forme di aggregazione sociale con i suoi costumi e modi vivere, l’evoluzione del tessuto economico e sociale e i diversi orientamenti civili e religiosi.
E’ una documentazione che si legge non solo attraverso le produzioni materiali, i manufatti, le opere artistiche letterarie, ma anche attraverso il contesto geografico, ambientale e naturalistico. Sono tutti questi elementi che ci consegnano la realtà e le vicende di un popolo, di una comunità, dalle grandi città ai piccoli centri. I beni culturali parlano e bisogna sapere ascoltare. Da qui il ruolo non solo delle istituzioni, ma delle associazioni, dei centri culturali e delle scuole che su questo terreno devono essere chiamate a dare un prezioso contributo.
Palermo Capitale diventa cosi l’occasione per stimolare e coinvolgere la maggioranza dei cittadini per un recupero della propria storia locale, regionale e nazionale e quindi della propria identità.
Uno dei pericoli più gravi da cui bisogna guardarsi è il disinteresse, a volte il rifiuto, verso il nostro passato, causa non secondaria di una crisi che non è solo politica ed economica ma anche morale.
Restituire il passato, in particolare alle nuove generazioni è, dunque, importante. Una restituzione critica, non appiattita, non subita, in quanto il passato va conosciuto per essere giudicato e utilizzato per andare avanti, scegliendo le strade più efficaci per migliorarsi.
Infine non va ovviamente sottovalutata il rilievo che i beni culturali assumono a livello economico e al fine di creare nuova occupazione stabile e qualificata.
In una regione come la Sicilia, ma il discorso vale per tutto il Mezzogiorno, priva di materie prime e con un gracile apparato produttivo, i beni culturali sono tra le più importanti risorse economiche. Non è azzardato affermare che gran parte del nostro futuro sviluppo è legato, oltre alle risorse agricole e all’artigianato, a quelle culturali e ambientali da cui dipende anche lo sviluppo del turismo.
Tutti parlano dell’importanza economica del turismo, ma valorizzare questa risorsa, per accrescerla in volume e qualità, ancora troppo distanti da altri poli turistici, significa arrestare il saccheggio del territorio, lotta senza quartiere all’abusivismo edilizio, tutela delle coste, opere di disinquinamento, bonifiche igieniche sanitarie, restauro e riutilizzo funzionale dei nostri monumenti, manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici storici. E l’elenco potrebbe continuare!
Alla luce di queste considerazioni, questa grande opportunità offerta da Palermo capitale della cultura, sul piano politico dovrebbe essere occasione di unità e non di divisione.
A tal proposito si potrebbe pensare alla costituzione di un comitato cittadino che, senza alcuna confusione di ruoli con i compiti che spettano all’Amministrazione comunale, che con un ruolo più attivo del Consiglio comunale possa predisporre un programma più organico e coinvolgente della città, senza trascurare anche quei quartieri e borgate in cui sono presenti testimonianze importanti della nostra storia. E’ questo un terreno alto su cui misurare la qualità della politica a Palermo.