In Sicilia la legge parchi e riserve del 1981 è nata prima della legge quadro nazionale, di dieci anni dopo. Oggi però le regole nell’Isola potrebbero cambiare. Da un lato il Cga che ha di fatto riproposto la questione delle riperimetrazioni dei Parchi in Sicilia. Dall’altro la tesi, incardinata nell’immaginario collettivo, che i parchi danneggino le attività produttive, limita e penalizza.
Un convincimento che si è fatto strada in mezzo a sovrapposizioni burocratiche e complicazioni oggettive.
Quel che è certo è che ripensare lo sviluppo locale di un’area di riserva o di parco integrando cultura, natura e risorse del territorio, costituisce uno degli argomenti su cui l’esecutivo guidato da Nello Musumeci, potrebbe essere chiamato a intervenire.
L’unica area nella quale esiste un vincolo assoluto è l’area ‘A’. Poi esistono una serie di attività compatibili. Mantenendo le cubature zero è possibile per esempio realizzare interventi di miglioramenti e riqualificazioni. Nella zona ‘C’ dei parchi si svolgono nel rispetto dei vincoli generali tutta una serie di attività economiche. Nell’area ‘D’ infine si svolgono tutte le attività che sono sottoposte al vincolo.
Il sistema di gestione dei parchi nazionali è differente da quello regionale. I parchi nell’Isola hanno a tutti gli effetti lo status di ‘nazionali’ dal momento che lo Stato in Sicilia può far nascere solo parchi marini. In Sicilia realizzando i parchi non si è fatta mai una verifica di fatto tra tutti i portatori di interessi e tra tutti i Comuni tra cui ricadeva il parco, ma esiste un consiglio costituito dai sindaci. Nel resto d’Italia c’è un authority indipendente che dialoga, ma non governano i sindaci.
Il nuovo esecutivo regionale e la maggioranza, pur striminzita, che in parlamento si trova in questa legislatura dalle scelte importanti per il prossimo futuro della Sicilia, hanno la possibilità di dire la loro pesantemente.