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Una puntata speciale la numero 119 di Bar Sicilia, la trasmissione de ilSicilia.it condotta da Manlio Melluso e Maurizio Scaglione. Sua Eccellenza Monsignor Corrado Lorefice, Arcivescovo della città di Palermo, ha infatti aperto le porte del Palazzo Arcivescovile al nostro giornale per parlare di Fede, di Santa Rosalia, di Papa Francesco e di tanti altri argomenti.
Inevitabile non toccare come primo tema quello della celebrazione del Festino di Santa Rosalia nell’anno del coronavirus: “E’ un anno atipico – ha detto Lorefice –, il Festino non può che avere una connotazione spirituale perché la pandemia ci ha costretti a porci ampie domande sulla nostra vita. Quest’anno il Festino non può che ridarci il senso di vivere nella città avendo a cuore un impegno, che Palermo non sia sovrastata dalla pandemia, che attenta alla vita fisica, ma soprattutto porta con sé le conseguenze sociali. Sarà un Festino di dimensione spirituale“, ribadisce Lorefice.
Non ci saranno raduni né folle al seguito del carro, dunque, per il festino ai tempi del coronavirus. Privazioni figlie di un tempo che comunque ci a insegnato qualcosa: “Ogni costrizione non è vissuta favorevolmente dall’essere umano – afferma l’Arcivescovo. Ma detto questo, argomenta: “Ho sentito parecchia gente che ha riscoperto la bellezza di ritrovarsi a casa, di recuperare spazi, dialoghi, opportunità di vivere coi familiari. Penso che questo possa essere un momento propizio sotto certi punti di vista: dobbiamo rimanere nella città ma ri-motivando le relazioni, dobbiamo riappropriaci del senso più vero sia delle relazioni familiari e lavorative che di quelle amicali. In fondo il coronavirus ci ha chiesto: tu come stai nel mondo? Come ti relazioni, a partire da cosa?“.
Certamente il coronavirus ha ampliato le sacche di povertà presenti nella società, in particolare in quelle città, come Palermo, dove le classi sociali ai margini erano già molto popolose prima del COVID-19: “Viviamo in una città con grandi ferite sociali ed economiche – ha detto Lorefice –, la pandemia ha appesantito notevolmente questa situazione. Tutto questo ha creato una grande difficoltà: nei giorni del lockdown ho visto che tante organizzazioni, compresa la nostra Caritas, hanno arginato una conseguenza immediata, si sono centuplicati gli aiuti, i supporti di generi necessari. La questione oggi sono le conseguenze di carattere sociale ed economico che sta portando il coronavirus. Dobbiamo essere tutti coinvolti e impegnati, soprattutto le istituzioni, sia centrali che regionali e cittadine, a prescindere dagli interessi di parte“.
Monsignor Lorefice non si è sottratto al commento di quello che sta succedendo al cimitero dei Rotoli, a Palermo, con 500 bare accatastate nei capannoni in attesa di sepoltura: “Anch’io ho preso coscienza della situazione qualche giorno fa e ho scritto una lettera al sindaco raccogliendo il malessere della città. Abbiamo visto le famiglie private della possibilità di rendere omaggio ai propri cari e del conforto della sepoltura – ha affermato Lorefice – Tutto questo viene ad aggravarsi nel vedere che i defunti non sono stati ancora sepolti come la pietà cristiana prevede. Come comunità cristiana non possiamo che dare il nostro contributo affinché i nostri defunti abbiano una dignitosa tumulazione al più presto. Non è assolutamente possibile che la città di Palermo debba vivere anche quest’altra grave ferita“.
Un argomento, quello della gestione del cimitero dei Rotoli, che non può che richiamarne un altro strettamente connesso, la fiducia nelle istituzioni. L’Arcivescovo esprime il suo pensiero: “Bisogna ripartire dal significato del servizio politico. Servizio è una parola fondamentale, legata anche alla realtà evangelica. E’ il termine che raduna ogni uomo. Se ognuno di noi non pensa alla sua esistenza come a un servizio per gli altri, è chiaro che viene meno il significato stesso della politica che si può ridurre all’esatto contrario dell’amore per la città. La grande sfida è quella di ripartire dalle motivazioni per cui ognuno di noi si ripensa nella città, partire dal bene comune, e ciò vale a maggior ragione per chi sceglie di farlo con un impegno politico“.
Lorefice ha ricordato la visita di Papa Francesco a Palermo, in occasione del venticinquesimo anniversario della morte di Padre Pino Puglisi: “Il Papa – ha affermato Lorefice – ha colto il significato di questa visita pastorale con la consapevolezza che la Chiesa deve dire una parola evangelica rispetto anche a quello che è il fenomeno mafioso. Ha detto che non può assolutamente reputarsi cristiano chi percorre la via della mafia, ha esortato alla conversione. perché altrimenti si incorrerà alla più grave sconfitta della propria vita. E dire questa cosa significa proporre una lettura della mafia assolutamente antievangelica. D’altra parte il Papa lo dice con un linguaggio di chi annunzia anche la conversione, il cambiamento. Questa in fondo è stata anche la testimonianza di Padre Pino Puglisi, il sorriso al suo uccisore non è soltanto emotivo, sentimentale, ma è il vero annunzio del Vangelo“.
Infine, ancora un pensiero a Santa Rosalia: “Dobbiamo continuare ad affidarci a Lei perché ci dà il senso vero della nostra esistenza e delle relazioni sociali – ha detto l’Arcivescovo – Ognuno di noi deve fare la sua parte. Chi governa deve mettere da parte ogni interesse personale di gruppo, di partito e guardare al bisogno della gente. Il post pandemia per alcuni aspetti è una sorta di dopoguerra, noi abbiamo bisogno di una ricostruzione. E non può ricostruire se non chi è capace di mettersi in gioco – ha chiosato – al di là di ogni interesse personale, per il bene comune“.