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A Bar Sicilia Lillo Mannino su Dc, Draghi, Cuffaro e regionali CLICCA PER IL VIDEO

domenica 30 Gennaio 2022
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L’ospite della puntata numero 187 di Bar Sicilia è l’ex ministro della Democrazia Cristiana Calogero ‘Lillo’ Mannino, che ha chiacchierato con il direttore de ilSicilia.it Manlio Melluso e con il direttore editoriale Maurizio Scaglione di politica, di elezioni regionali, della ‘Dc Nuova’ fondata da Totò Cuffaro e di tanto altro ancora.

Primo passaggio sull’evoluzione della politica dalla Prima Repubblica a oggi: “Siamo, in Italia, in una fase epocale di passaggio da un tempo ad un altro. In verità il tempo si è chiuso nel 1992 con la Prima Repubblica, Repubblica parlamentare, rappresentativa, con un sistema proporzionale: tutti in Parlamento e se possibile, tutti che controllavano il governo. Poi nel 1992 – ripercorre Mannino -, per una serie di circostanze, l’orologio si è rotto e quello che lo ha sostituito è un orologio precario. Nessuno ha potuto governare con stabilità, nonostante un sistema elettorale di tipo premiale per le coalizioni. Non c’è riuscito Prodi, non c’è riuscito D’Alema e non c’è riuscito Berlusconi che ha avuto più tempo per governare di De Gasperi“.

Uno scenario, dunque, di precarietà che ha finito con il depauperare la valenza della politica e, al contempo, l’emergere di capi di governo che provenivano e provengono dall’economia o da altri settori, da Mario Monti a Giuseppe Conte fino a Mario Draghi: “La politica è stata commissariata. Personaggi, quelli citati , ognuno diverso dall’altro e, con il rispetto di tutti, ognuno con un valore diverso, valore che non è soltanto quello personale, ma anche circostanziale“. E qui Mannino fa un riferimento a Draghi: “E’ l’unico che può ‘firmare la cambiale’, non ce ne sono altri. C’è una grande cambiale dell’Italia che è data da un debito pubblico di 160 punti rispetto al Pil. Con Draghi al timone in Italia, la Banca Centrale Europea ha fatto sopravvivere il Paese. Conte non era nella condizione di piazzare una emissione di titoli, il Tesoro aveva alzato le mani. E’ arrivato Draghi e in 36 ore ha risolto la situazione“.

Dalla politica nazionale si spazia verso quella regionale, e Mannino commenta la situazione di tensione interna alla coalizione del centrodestra, oggi al governo nell’Isola, in vista delle prossime elezioni in Sicilia: “Mi pare che anche alla Regione ci sia una situazione di crisi del sistema politico come quella nazionale, non c’è una situazione differenziata, c’è una condizione identica nella quale tutte le difficoltà si acuiscono. Poi c’è un problema: quando ci si avvicina alla scadenza elettorale ognuno incomincia ad affilare le armi e ritiene sempre di presentare un qualche progetto o un qualche programma, pensa di conseguire qualche altro obiettivo. Quindi c’è questa prima nota di instabilità, c’è il governo attuale con l’attuale maggioranza, ma dentro a questa maggioranza ci sono più soggetti che pensano al giorno dopo, al breve termine“.

A questo punto Mannino esprime il proprio pensiero sull’iniziativa di Totò Cuffaro che ha voluto far nascere, riproponendo in chiave moderna temi tradizionali del suo vecchio patito, la Democrazia Cristiana Nuova: “Quando si parla di Cuffaro confondo sempre il ragionamento politico con il ragionamento sentimentale. Il ragionamento sentimentale mi porta a condividere tutto quello che sta pensando di fare Totò. Il ragionamento politico è un’altra cosa. Bisogna fare due constatazioni che sono contraddittorie: fintanto che c’è stata la Democrazia Cristiana in Italia c’è stato anche l’asse Pci, ma questo lo dice la storia, che ha tenuto il sistema politico. L’Asse Dc e l’asse Pci, con De Gasperi e Togliatti, hanno preservato l’unità dell’Italia che era attraversata dall’esito finale di una guerra mondiale. Ma la storia non rimane uguale a se stessa, cambia – è la seconda considerazione – E’ importante mantenere i principi fondamentali, i fili da tenere. Oggi il filo Democrazia Cristiana è ancora possibile? Nostalgicamente vorrei fosse così, ma nel 2022 non siamo più nella situazione del 1948. Ad esempio i cattolici si sono dispersi, non hanno più un partito di riferimento, ne hanno diversi“.

Quindi una domanda sugli ‘eredi’ di Mannino, i nuovi democristiani, ‘manniniani‘ che si sono fatti strada in politica Sicilia crescendo alla scuola politica dell’ex ministro: “Una delle mie preoccupazioni è stata quella di promuovere una classe dirigente nuova, perché anche la Dc doveva affrontare la legge del tempo. Negli anni Ottanta serviva una classe dirigente che non rompesse con la precedente, perché c’è il filo della continuità storica senza il quale non si va da nessuna parte, e per questo ho promosso la formazione di tanti giovani. In quegli anni, dunque, si è formata una generazione nuova. La Dc siciliana aveva una struttura di formazione quasi scolastica, è attraverso questo lavoro che è stato possibile trovare tanti giovani, che ricorderanno una mia raccomandazione: ragazzi, le nostre discussioni sono importanti, ma sono importanti anche i libri che leggiamo“.

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