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A Ciminna per la ‘Nfriulata Day, piatto tipico legato all’Immacolata

giovedì 5 Dicembre 2019
'Nfriulata

A Ciminna (PA), prezioso scrigno di tradizioni secolari, l’8 dicembre si celebra la “‘Nfriulata Day“, piatto tipico locale legato alla Festa dell’Immacolata e a “U Triunfu ra Marunnuzza“, che si festeggia la domenica successiva. Prima di raccontarvi questa suggestiva usanza,  qualche pillola su questa cittadina a 40 chilometri da Palermo.

ciminna

Ciminna

Nel 1911 il Dottore Vito Graziano, a Ciminna vi è “l’Associazione culturale Facitur Vito Graziano” che lo ricorda, affermava che: “La parola Ciminna sembra sia proveniente dalla lingua araba, dove si trova l’aggettivo soemìn, che significa pingue, grasso, parlandosi di terreno e il femminile scemìna(t), che si pronunzia soemìna. Questo significato della voce araba troverebbe la sua spiegazione nella fertilità del suolo che, dimostrata, meritò al Comune il titolo di ubertoso”.

Il toponimo Chiminna comparve, per le prime volte, in documenti scritti in greco del 1098, 1123 e 1176 alludenti a un centro abitato che, con molta probabilità, sarebbe sorto in contrada Cernuta e che, intorno al 1230, si spostò, per cause ignote, sull’attuale sito, in prossimità di un castello esistente sul colle Santa Anania.

Nel ‘300, sotto la signoria di Matteo Sclafani, venne citata come Terra (cittadina) e tra il ‘400 e il ‘600 si arricchì di chiese e conventi, custodi di preziose opere d’arte, che le fecero meritare l’appellativo di “Palermu lu nicu”.

L’incantevole Ciminna stregò la “Settima Arte” e, infatti, la Chiesa Madre e alcuni luoghi del paese, scorci da mozzare il fiato, furono scelti dal regista Luchino Visconti per girare alcune scene de “Il Gattopardo” e tra queste: il ringraziamento in chiesa dopo l’arrivo a Donnafugata, le scene di caccia e la partenza del principe Chevalley.

Per l’occasione il paese fu trasformato in set, molti abitanti presi per fare le comparse e in piazza Matrice fu costruita, in cartapesta, la facciata del palazzo dei Salina davanti alle abitazioni esistenti. Adesso, però, penetriamo nella ‘Nfriulata Day“, raccontandone le origini e l’etimologia, grazie agli studiosi Domenico Passantino e Francesco Rizzo.

Origini storiche della ‘Nfriulata

La ‘Nfriulata è legata all’arrivo notturno della statua dell’Immacolata a Ciminna e alla bellissima tradizione di “U Triunfu” che ne seguì. Questa bellissima storia risale al 1781 quando i frati del convento di San Francesco d’Assisi commissionarono ad Antonino Barcellona una nuova statua lignea dell’Immacolata da consegnare il 7 dicembre dello stesso anno.

I ciminnesi, però, non vedendola arrivare nella data stabilita, si misero in viaggio verso Palermo, sperando di incrociare i portatori. L’incontro avvenne di notte e i fedeli, caricandosi il simulacro, lo condussero proprio alla chiesa di San Francesco d’Assisi. Era l’alba dell’8 dicembre 1781.

Ciminna

Da quel giorno si rinnova la processione della “Marunnuzza ru triunfu“, in memoria di quell’evento, che si svolge la domenica mattina successiva all’Immacolata.

La piccola statua di Maria, risalente al XVII secolo, vede la Vergine Madre, il più bello degli ossimori, poggiata su una nuvoletta, dalla quale in passato comparivano le testoline dei cherubini che, dopo un restauro, non sono più visibili.

La Madonna ha il piede sinistro che calpesta la falce di luna, a indicare il suo essere “sovrana” sulla storia, lo sguardo rivolto al cielo, le mani in preghiera, la veste, internamente celeste ed esternamente giallo oro, simbolo della luce di Cristo.

A Marunnuzza ru Triunfu è portata in processione su un piccolo fercolo, che la fa essere della stessa altezza dei portatori e dei devoti, e durante i festeggiamenti, che iniziano la sera del sabato successivo all’8 dicembre, si veglia fino alle 4 del mattino quando, dalla chiesa di San Francesco d’Assisi, nesci a Marunnuzza.

La vara è preceduta da una fiaccolata di busuna, torcia tradizionale formata da un mazzo di busi, e lungo il tragitto fasci di legna accatastati, prevalentemente di ulivo, vengono accesi al “Suo” passaggio, dando luogo alle cosiddette “vampe“.

Grazie alle marce allegre, suonate dalla banda musicale di Ciminna, i portatori compiono movimenti sussultori, oscillatori e, nelle soste obbligate, la prima e l’ultima davanti la chiesa dove si innalzano preghiere alla Madonna, emettono un suono onomatopeico di campanella (nichi, nichi, ni).

In passato ci si fermava, oltre che agli incroci delle strade, in prossimità della vampe e, anche, davanti ai macellai, che offrivano salsiccia. Ancora oggi è usanza che, di tanto in tanto, vengano fatte volare i “balluna“, piccole mongolfiere di carta velina, e che la processione si concluda alle prime luci dell’alba.

Alcune di queste belle tradizioni: busuna, vampe, balluna, il canto “Triunfu” e le “Litanie Lauretane”, che erano cadute in disuso, sono state riprese da un gruppo di giovani volontari #chiddirutriunfu.

'NfriulataMa cos’è la ‘Nfriulata?

E’ una focaccia di pane di semola rimacinata, farcita di carne tritata di maiale, polpa di pomodoro, cipolla, spezie e aromi, con varianti legate a tradizioni familiari.

Riguardo l’etimologia della parola tantissime sono le ipotesi: la prima legherebbe il ciminnese ‘nfriulata e infriulata alla variante di ‘mbriulata, perché nelle zone del nisseno e dell’agrigentino la “f” palermitana si trasforma nella “b”; la seconda, invece, più fantasiosa, la vorrebbe originaria dal greco embryon ma, se così fosse, dovrebbe chiamarsi ‘mbriunata e non ‘mbriulata e non si comprenderebbe il  “lata” della seconda parte del termine.

La terza, invece, spiegando l’arcano precedente, la farebbe derivare dal latino “infra”, nel mezzo, e “lata”, nascosta, con riferimento alla carne celata dentro la pasta del pane; la quarta ipotesi ci indirizza, nuovamente, al termine ciminnese legandolo, questa volta, a sfriulari e al suo participio passato “sfriulato“, macinato, ridotto in briciole. D’altronde, pensandoci bene, nel nord Italia esiste il verbo sfregolare, attestato da Ippolito Nievo, che, derivando dal verbo latino “fricare“, a sua volta da “friare”, vuol dire tritare.

Questo racconto, in cui è centrale l’etimologia, un giardino incantato per la vostra Patti Holmes, continua mostrandoci come, mentre sfriulari significa “sminuzzare verso l’esterno” in modo da essere visibile a tutti, (la “s“, d’altronde, deriva dal latino “ex” che vuol dire “fuori“), il suo opposto ‘nfriulare, e il suo participio passato ‘nfriulato e il femminile ‘nfriulata, invece, dal “mettere dentro la carne macinata”, come suggerisce la preposizione ‘n, in, dentro.

Si può supporre, infine, che in passato sia esistito un sostantivo “friulu“, dal latino “friculum“, briciola, pezzettino, da cui deriverebbe l’aggettivo friabile, nel senso di “facile da sbriciolare“.

Oltrepassando i confini siculi, non per niente mi chiamo Holmes, ecco la scoperta che qualcosa di simile alla ‘nfriulata è il “corntish pasty” che, preparato in Cornovaglia, un tempo era mangiato dai minatori che lo tenevano tra pollice e indice per buttare, poi, l’ultimo boccone che si era sporcato di carbone.

Buona ‘Nfriulata nella magica atmosfera di Ciminna.

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