Gli uffici tecnici del comune di Motta San Anastasia (CT) danno parere negativo al rinnovo dell’Aia per la discarica Oikos. Adesso sarà la Regione Siciliana a decidere il da farsi.
Ma l’assessorato all’Energia vuole vederci chiaro e chiede ai tecnici del comune il perché il comune di Motta si è messo di traverso rispetto alla discarica e chiede una relazione dettagliata. E la nota, datata i primi di luglio arriva dritta e veloce sulla scrivania dell’assessore Pierobon.
Stando a quanto si legge, sembrerebbe che parte della discarica sia stata realizzata al di fuori dell’area autorizzata dalla Regione con DRS 221/2009, in terreni non di proprietà dell’Oikos.
Dicono dal comitato “No Discarica di Motta San Anastasia”: «Questo prefigurerebbe non solo un abuso edilizio, ma anche un mostruoso danno ambientale. Pertanto chiediamo alla Regione di respingere la nuova richiesta di Aia da parte della Oikos e di procedere con l’immediata chiusura del sito».
L’ennesima tegola che investe l’emergenza rifiuti in Sicilia e soprattutto la situazione dell’Oikos. Proprio giorni fa è arrivata la condanna per corruzione a sei anni per Domenico Proto, il re dei rifiuti del catanese ed ex presidente di Oikos.
Il Ras della monnezza era imputato insieme al funzionario regionale Gianfranco Cannova in servizio all’assessorato regionale al Territorio ed Ambiente.
Proprio Gianfranco Cannova, come emerso durante le intercettazioni fatte dalla Squadra Mobile, veniva chiamato “jukebox“. “A questo qua – diceva uno degli imputati – gli ficchi una moneta e parla in funzione di quello che gli conviene”.
I giudici della terza sezione penale hanno inflitto al burocrate palermitano una pena pari a 9 anni; 6 anni al catanese Domenico Proto, 4 anni ai fratelli agrigentini Nicolò e Calogero Sodano e all’imprenditore piemontese Giuseppe Antonioli.
Cannova sarebbe stato a servizio di Proto in cambio di viaggi. Tra il 2008 e il 2012 a spese di Oikos avrebbe soggiornato con i suoi familiari una ventina di volte in hotel del catanese. Ma i viaggi non finiscono qui.
Gli arresti risalgono esattamente a 5 anni fa con l’operazione “Terra mia”. Gli investigatori, coordinati dalla Procura, misero gli occhi su un presunto giro di mazzette che sarebbero state elargite dagli imprenditori attivi nel settore dello smaltimento di rifiuti. Tra autorizzazioni, collaudi e il resto delle trafile burocratiche i quattro sarebbero riusciti a ottenere una corsia preferenziale grazie a un vortice di corruzione che avrebbe trasformato il funzionario regionale – secondo quanto ricostruito dai magistrati – in un “consulente tecnico” al soldo dei privati.
A fornire un contributo fondamentale per l’avvio delle indagini e per bloccare i faraonici progetti sull’allargamento delle discariche, alcuni comitati civici e pochi amministratori pubblici che hanno deciso di opporsi e denunciare quanto stava per accadere per evitare che gli impianti arrivassero a meno di 500 metri dai comuni abitati.