Dopo sette anni la Capitale della cultura italiana tornerà in Sicilia. Nonostante il grande entusiasmo che aveva invaso le strade della città al momento dell’annuncio, i preparativi per Agrigento 2025 proseguono a rilento. Le difficoltà nel gestire un appuntamento di tale portata non sono certamente da prendere sottogamba. Un esame importante che inevitabilmente accende tutti i riflettori nazionali (e non solo) su un’unica piazza. Palermo ne sa qualcosa. A circa un centinaio di chilometri dall’antica città greca, già nel 2018 il capoluogo siciliano aveva scavalcato località come Trento, Alghero o Aquileia, aggiudicandosi il titolo. Iniziative, attività e un calendario ricco di appuntamenti avevano permesso di riportare alla luce antiche bellezze, tra storia, cultura e tradizione, dimenticate e abbandonate con il tempo. Una scommessa, quella dell’allora amministrazione Orlando, che aveva la promessa di non restare circoscritta nel tempo e anzi essere l’avvio di una nuova visione su come vivere, gestire e curare la città. Agrigento potrà sicuramente prendere spunto in materia di organizzazione, ma per il resto? La sfida è stata vinta?
“Per Palermo il ruolo di Capitale della cultura non finirà il 31 dicembre 2018 ma continuerà sulla base del lavoro fatto in questi anni. Il capoluogo della Sicilia resterà anche dopo quest’anno Capitale della cultura, del dialogo e soprattutto del Mediterraneo“. Con queste parole l’allora ministro alla Cultura Franceschini aveva inaugurato la cerimonia di apertura dell’anno di Palermo Capitale italiana della cultura 2018. Di tutti i grandi auspici cos’è rimasto?
L’ex sindaco Orlando non aveva mai nascosto nella sua agenda politica l’attenzione verso pluralismo e multiculturalismo. Anche in occasione dell’evento non aveva abbandonato la sua linea. Le istituzioni cittadine coinvolte erano state più di 40 e il programma contava oltre 780 iniziative. Alcune grandi opere erano state realizzate con l’intento di rimanere permanenti, come il parco Al Medina al Aziz che racchiude il Palazzo della Zisa, i Giardini della Zisa, e i Cantieri Culturali alla Zisa, il parco Casina Cinese – Pitrè che racchiude la Casina Cinese, il Museo etnografico Pitrè e la Città dei Ragazzi. Poi ancora il Complesso Sabir – Centro di Cultura Araba e del Mediterraneo e sede di Bam – Biennale Arcipelago Mediterraneo al complesso dell’ex Convento di S. Francesco, il restaurato Palazzo Butera e gli appuntamenti internazionali tra cui Manifesta 12, la biennale nomade più importante del panorama europeo.
E’ ben visibile come l’obiettivo principale fosse quello di iniziare a vivere a 360 grandi la città. Certamente alcune promesse sono state mantenute in parte. Basti pensare ai già citati Giardini della Zisa, per fare un esempio, qualche mese fa al centro delle polemiche per lo stato di degrado in cui versavano. Insomma, alcune “vecchie tradizioni palermitane“ non sono svanite e condividerci, piuttosto che risolverle, appare ancora oggi la strada più facile da percorrere. Una capitale che si rispetti deve fare i conti anche con la viabilità. La conclusione di molti di questi lavori, attesi da anni, hanno visto la luce proprio durante il 2023. Qualche merito va anche riconosciuto al primo cittadino Roberto Lagalla. Prima fra tutte la ristrutturazione della carreggiata in direzione Catania del ponte Corleone. La lista diventa ancora più corposa con il sottopasso di via Francesco Crispi, il collettore fognario di via Roma e la riapertura del Papireto. L’anno nuovo dovrebbe arricchirsi anche di importanti opere di riqualificazione. E’ il caso della costa sud.
Il passaggio del testimone tra Orlando e l’ex rettore di Unipa ha incontrato più di qualche difficoltà. Far risollevare una città, dalle mille sfaccettature, dalle sue molteplici difficoltà (dall’emergenza rifiuti ai cantieri, dalla mobilità alla criminalità) come facilmente pronosticabile, non sarebbe stato facile. Tante sono le carte passata sul tavolo del sindaco Lagalla, nel suo primo anno a Palazzo delle Aquile. A non essere cambiata di una virgola è la percezione della sicurezza. I tanti fatti di cronaca che negli ultimi mesi si sono susseguiti hanno fatto salire di molto l’asticella della paura, in attesa di comprendere gli effetti del regolamento movida, ancora piantato al palo, e l’efficacia della control room. Nel 2024 potrebbero arrivare le risposte, anche se è evidente che norme e controlli, senza un adeguato cambiamento culturale e un adeguato presidio del territorio da parte delle forze dell’ordine, rischiano di vanificarsi nel nulla.
E’ invece mutato, e in positivo, il ruolo di Palermo nel Mediterraneo. Nell’arco di questi sette anni, inclusa la parentesi Covid, i numeri del porto palermitano sono lievitati e anche il suo volto è cambiato notevolmente. Il Marina Yachting ne è diventato il simbolo. La sfida di “capitale del Mediterraneo” è stata colta nel migliore dei modi e a oggi la posizione e l’immagine del capoluogo siciliano è in fase di riscatto, in prima linea per un posto da leader.
Tirando le somme, poco o nulla è cambiato ma sembra sia matura un’attenzione diversa su molti campi. Palermo sarà stata pure promossa nell’organizzazione del 2018, visti anche gli importanti investimenti e introiti che ne sono scaturiti, ma considerando i mancati traguardi prefissati nel lungo periodo la sufficienza è appena sfiorata. Ora toccherà ad Agrigento.
La città che diede i natali a Luigi Pirandello sembra partire con una preannunciata insufficienza, anche se il rischio è quello di trasformare un’opportunità in una vera e propria commedia dell’assurdo. A regnare è il caos e parecchi sono i nodi da sciogliere. Dal 31 marzo, giorno di proclamazione di Agrigento capitale della cultura 2025, ci sono voluti quasi otto mesi per arrivare al voto del consiglio comunale sullo statuto della Fondazione di partecipazione Agrigento 2025 che dovrà gestire tutti gli eventi. Tutto è ancora fermo in attesa dei voti del Consorzio universitario Empedocle e del Comune di Lampedusa.
Nonostante i ritardi, la speranza è che la lista dei “fallimenti siciliani” non si allunghi ulteriormente, e questa volta in maniera al quanto clamorosa.