La pandemia da Covid-19 ha profondamente cambiato le nostre abitudini. In particolare il lockdown iniziato il 9 marzo e conclusosi il 18 maggio 2020 ha messo a dura prova gli Italiani, costringendoli ad apportare notevoli cambiamenti nelle abitudini e nello stile di vita.
L’isolamento forzato ha incrementato il consumo incontrollato di bevande alcoliche, stimolato anche da iniziative come gli “aperitivi digitali” sulle video chat o sui social network. Ma per molti l’alcol è stato uno strumento per alleggerirsi dalle tensioni provocate dall’isolamento, dalle problematiche economiche, lavorative, relazionali e dalla generale paura diffusa nella popolazione.
L’approvvigionamento di bevande alcoliche non ha conosciuto pause nel periodo del lockdown esasperando ulteriormente le condizioni dei soggetti in precedenza già a rischio e non solo.
“Nel periodo della pandemia, la reclusione ha significato soprattutto una riduzione di prestazione da parte dei servizi territoriali per le dipendenze a favore di persone che avevano e che hanno ancora problemi legati all’abuso patologico di alcol. Le persone che erano già dipendenti da alcoli, durante la pandemia – in un modo o nell’altro – sono riusciti a continuare il loro abuso con, però, dei servizi pubblici che non sono stati in grado di accoglierli e curarli.” ha spiegato il dottor Fulvio Fantozzi, medico legale e delle dipendenze ed ex primario dei SerT di Carpi e Mirandola.
“La pandemia ha penalizzato l’operatività dei servizi territoriali per le dipendenze e ha ritardato l’intervento su persone che bevevano troppo e che nel tempo hanno sviluppato una vera e propria dipendenza. I SerT e i servizi alcologici hanno incontrato immense difficoltà durante la pandemia – alcune strutture hanno persino chiuso – e di conseguenza molte persone non sono state diagnosticate o trattate adeguatamente“.
Nel marzo 2022 il Ministero della Salute, in collaborazione con le Regioni, ha promosso la seconda Conferenza Nazionale Alcol, intitola “Informare, educare, curare: verso un modello partecipativo ed integrato dell’alcologia italiana”, nel corso della quale è stato evidenziato come, basandosi su dati forniti dall’ISTAT, il consumo di bevande alcoliche nella popolazione italiana sia generalmente aumentato. Nel corso della pandemia da Covid-19, in Italia sono 8,6 milioni i consumatori a rischio, in aumento rispetto al 2019 sia per gli uomini (+6,6%) che per le donne (+5,3%).
Complessivamente il 22,9% dei consumatori e il 9,4% delle consumatrici hanno bevuto alcolici secondo modalità a rischio per la salute, ma l’impatto maggiore è stato registrato per i target più vulnerabili, i minori tra i 16 e i 17 anni (760.000) e gli anziani ultra 65enni (2.600.000).