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Animali a rischio maltrattamenti: sì al sequestro da parte delle associazioni animaliste

giovedì 22 Aprile 2021

I volontari delle associazioni animaliste possono sequestrare gli animali domestici a rischio di maltrattamenti.  A stabilirlo è la legge che gli dà poteri di vigilanza, come quelli degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria, su  cani, gatti e pappagallini.

LA LEGGE

Come evidenziato dalla Cassazione con una sentenza appena depositata, nell’aprile di quest’anno, l’articolo 6,  comma 2 della legge n. 189/2009: “prevede che la vigilanza sul rispetto della presente legge e delle altre norme relative alla protezione degli animali è affidata anche, con riguardo agli animali di affezione, nei limiti dei compiti attribuiti dai rispettivi decreti prefettizi di nomina, ai sensi degli articoli 55 e 57 del codice di procedura penale, alle guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute.

Quindi , secondo la suddetta legge, oltre alle guardie dell’Ente protezione animali, anche quelle che collaborano con esso, hanno il diritto, nonché il dovere, di agire in difesa degli animali di affezione a rischio di maltrattamento. Anche se non sono agenti di polizia giudiziaria, poiché la normativa riconosce come “guardie giurate volontarie di un’associazione protezionistica nazionale riconosciuta“.

LE PENE PER CHI MALTRATTA O ABBANDONA GLI ANIMALI

Nel Codice penale l’articolo 544, prevede che «chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche è punito con la reclusione da 3 a 18 mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro». La stessa pena si applica a chi sottopone l’animale a trattamenti che procurano un danno alla loro salute.  Se da questi deriva la morte dell’animale, la pena si raddoppia.

Invece l’ articolo, il 727, sempre del Codice penale, prevede l’arresto fino a un anno o l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro per chi “abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività” che  sono “incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”.
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